Lo fissò con gli occhi che sembravano pezzi di carbone appuntito e prese la mira. Pesanti orecchini d’oro stavano finendo di ondeggiare, attaccati ai suoi lobi grinzosi ed elastici. Pareva una mummia, rugosa e vecchissima. Lo puntò con il dito indice che sembrava un artiglio [..] Lo indicò per bene, quasi a volerlo scegliere nel mucchio di tutta la gran massa di teste di c. del mondo. Lo indicò e le si schiuse sul volto un’espressione trionfante e sicura. Una specie di ghigno. Poi raccolse con una mano le gonne, come una gran dama, e si drizzò sulla schiena, ancora più agile di qualsiasi felino. Com’era apparsa, attraversò la strada con passo leggero e scomparve.
Roberta Lepri, perugina di nascita e grossetana di adozione, dopo “L’amore riflesso” (2006), torna nelle librerie con un giallo dalle atmosfere gitane edito da Avagliano. La sua abilità narrativa trova conferma nella costruzione di un intreccio capace di avvincere il lettore fin dalle prime pagine unendo, alla suspense propria del thriller, la profondità di una riflessione votata all’impegno sociale.
Nulla è come sembra, a maggior ragione se la realtà viene falsata da stereotipi e luoghi comuni. Gli stessi cui una tranquilla cittadina di provincia ricorre per acquietare le proprie coscienze quando, nelle vicinanze di un campo rom, la terra restituisce le spoglie di un bambino scomparso. Una storia fin troppo semplice e dal finale scontato quella che si dipana dinanzi agli occhi di Gino Cellini, poliziotto incaricato delle indagini. Per lui, abituato a ragionare più con le mani che non con la testa, il sospetto, unito al pregiudizio, assume ben presto i contorni di un’implacabile sentenza di condanna nei confronti dei nomadi, bersagli di un immaginario collettivo che li vuole, da sempre, ladri di bambini e lazzaroni morti di fame. E ora anche assassini.
A difendere il loro mondo dalle conseguenze, potenzialmente catastrofiche, di un copione già scritto con l’inchiostro dell’intolleranza, la Mama Nera. Figura saggia ed enigmatica al tempo stesso, dagli occhi scuri e penetranti, questa piccola donna vestita di nero svolge il difficile compito di capofamiglia, pilastro fondamentale che sorregge e scandisce i ritmi della vita quotidiana all’interno del campo. Madre di tutti, nonna acquisita di una nutrita schiera di nipoti e suocera orgogliosa di tre nuore predilette, la Mama Nera permea l’intero romanzo della sua sottile presenza, su cui aleggia il mistero di un fascino arcaico.
A scorrere parallele, sullo sfondo, le esistenze di Ughino, figlio del poliziotto Cellini, e Manuel, uno dei tanti nipoti acquisiti della Mama Nera. Ancora lontano dalla maturità personale il primo, adolescente già grande e segnato dalla vita il secondo. Due modi diversi di vivere, due modi diversi di affrontare gli eventi e relazionarsi con le persone.
Due mondi che non tarderanno a scontrarsi, incontrarsi e confrontarsi, trovando un improvviso e insperato trait d’union, salvifico per entrambi. E una verità che, al pari di un colpo di scena, irromperà nella vicenda con il suo carico di sorprese, capovolgendo il corso degli eventi e ribaltando l’esito di un epilogo che sembrava già segnato. Se l’ipocrita “candore” della borghesia benpensante ne esce irrimediabilmente macchiato, la fierezza e la dignità della cultura e delle tradizioni gitane dimostrano tutta la loro voglia di riscatto.
Roberta Lepri, La ballata della mama nera, Avagliano
per BookAvenue, Valeria Nevadini