Se Tirannia fa rima con ironia

Da Elena Ceausescu a Gheddafi; da Kim Jong-un a Ferdinand Marcos. Si sa, quello del dittatore è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo.
Antonio Losito ne ha fatto un podcast di successo e solo dopo un libro di grande ironia.
Giusto il contrario di quello che di solito si fa.
Udite! Udite! La Manduca, che ci ha abituati alle sue pratiche demolitrici, non solo si esime dal farlo, ma addirittura lo consiglia per le Feste.
Il che ha dell’inverosimile…

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“Niente di vero” di Veronica Raimo. L’autobiografia ai tempi dei social

La penna più irriverente e puntuta della felice giostra letteraria che gira online. Gioiosa rottamatrice di chi nella scrittura ha trovato un nuovo – immeritato -lavoro. La Manduca svolge un grande compito di ecologia intellettuale. Un esercizio di smaltimento letterario che esegue senza sconti per nessuno. Ne fa le spese il libro Premio Strega Giovani 2022 di Veronica Raimo.

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B come bei consigli

Yahoo answers: domande che per vergogna faresti solo agli amici intimi e che invece in rete rivolgi agli sconosciuti, fidandoti – suppongo – delle risposte.

Ci trovate di tutto: da “ragazze, come considerate un bacio dato sul collo?” a “che fine avrà fatto il cavallo bianco della pubblicità Vidal?”, ma anche “sapete consigliarmi libri sull’amicizia?” Ecco, questa è per esempio la delicata questione che pone Eli3396: chi le consiglia Narciso e Boccadoro e L’amico ritrovato non le fa un torto, ma se Eli avesse alla fine dato ascolto a chi le consigliava come imperdibile “Bianco come il latte rosso come il sangue” di D’Avenia?

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Come riconoscere un libro brutto da alcuni inequivocabili segnali: premessa

Con questo articolo, si vuole inaugurare un ciclo didattico su come riconoscere – e aderendo al progetto evitare – un libro brutto. Sarà bene intendersi.

Che cos’è un libro brutto? Un libro brutto è una qualsiasi sensazione tra l’amaro in bocca e la grande delusione, un primo appuntamento andato male, un vestito acquistato e poi mai messo; nei casi più gravi è come un bluff amoroso, di quelli che, per fortuna, non fanno troppo male eppure un pochino pesano lo stesso, perché la brutta fine di una storia non è mai bella. Un amico una volta mi ha detto che prova verso i libri brutti la stessa sensazione di quando da ragazzo giocava a pallone e una partita finiva 0 a 0.

Un libro è brutto quando è ridicolo o quando fa incazzare ed è bruttissimo quando ti lusinga troppo, come certe persone che mentre parli annuiscono in continuazione.

Un libro è brutto quando non ci piace, vale a dire non piace a noi, eppure niente può trattenerci dal giudicarlo oggettivamente brutto. Sui libri sono davvero pochi quelli disposti ad ammettere la parzialità del proprio giudizio, e quei pochi mi fanno paura, perché non hanno capito niente dell’amore.>>

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I segreti ma veramente segreti di Parigi secondo Serena Dandini

Se ne sentiva la mancanza, di una guida personalizzata su Parigi. Perché Parigi, ancora più di New York, si presta a essere una città che ciascuno può far sua, a patto che se ne svelino i segreti. E questi misteri non sono mai sempre gli stessi: variano a seconda di chi li scopra e poi sveli al grande pubblico.

Si va dai segreti dotti di Corrado Augias alle chicche women friendly di Ines de la Fressange (autrice di “La Parigina, guida allo chic”), a loro volta costantemente aggiornate da blogger che aprono finestre su itinerari insoliti ed eventi imperdibili, che basta prendere un aereo e ritrovarsi giusto in tempo al vernissage per la retrospettiva di Jeanne Lanvin al Palais Galliera.

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GOODBYE, TONY’S GIRL

I titoli tradotti male non sono una prerogativa del cinema: A Venezia un dicembre rosso shocking (don’t look now), Per favore non toccate le vecchiette (The producers), Vogliamo vivere! (To be or not to be) e l’intramontabile Non drammatizziamo… è solo una questione di corna (Domicile conjugal) hanno il loro equivalente letterario, solo che se ne parla meno.
Qui di seguito perciò un elenco di tipologie di traduttori e relative responsabilità: >>

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Sfumature a chilometro 0

Proponiamo, in particolar modo a chi ha seguito lo scambio di articoli tra Paola Manduca e Layla El Sayed sui libri della James, la risposta alla replica di quest’ultima. Non c’è dubbio alcuno che in redazione non manchi il dibattito e, manco a dirlo, la passione. I precedenti articoli sono disponibili nella stessa rubrica o cliccando sui nomi delle nostre amiche. ndr.

Proverò a spiegarmi, ma per l’ultima volta. Come suggerisce Arthur Bloch a proposito delle discussioni inutili, replicare due volte è da pignoli, tre è da fessi.

Il punto non è se valga la pena di riesumare per Cinquanta sfumature la vecchia querelle se la cultura bassa abbia pari dignità rispetto alla alta (e a sopportare gli annessi sproloqui in termini di democrazia). Scomodare MacDonald – il sociologo, non il macellaio – per Mr Grey è come riportare in vita Billy Wilder per poi chiedergli consiglio su un’inquadratura di Natale a Miami; è come avere la possibilità di resuscitare Shakespeare, leggergli un passaggio di Tre metri sopra il cielo e sentire da lui se scorre; è come chiedere un’intervista a Umberto Eco e domandargli a bassa voce: “senti Umbe’, ma poi com’è andata a finire tra apocalittici e integrati? Chi ha vinto alla fine?”

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100 di queste sfumature

Che io e la Manduca non si vada d’accordo si sa.
Il motivo pure.
Cerca ormai da tempo di disarcionarmi dal (scopro da lei) mio invidiatissimo posto di schiava full time del Genchi. A nulla son valse suppliche, omissioni e minacce…l’articolo 18 (diciamolo…) come scudo ancora funziona.
Che poi a dirla tutta, io sono sempre stata una personcina gradevole con lei, tutta sorrisi e frasi di circostanza, pure quando per l’ennesima volta me la sono ritrovata di fronte in abiti succinti, che mostrava la schiena nuda (ma i vestiti se li fa modificare ad hoc??) appena uscita dal remake di chi ha incastrato Roger Rabbit.

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50 sfumature di spazzola e 100 colpi di grigio

Devo ammettere che la prima volta in cui ho sentito parlare di “50 sfumature di grigio”, ho pensato di poter rimandare. Mi ripetevo scaramanticamente che non sarebbe stato questo il caso editoriale dell’estate, che forse alla fine me la sarei scampata.

E invece eccomi qua, con il mio snobismo punito a suon di schiaffoni sul sedere da questo capolavoro di marketing moderno, prima portato nella stanza delle torture e poi sottomesso con un frustino dall’evidenza dei fatti. Con un ritardo di un paio di mesi (tranquilli, non sono incinta) mi sono messa a leggerlo, sapendo che sarebbe andata a finire così, seviziata dal primo della trilogia delle cinquanta sfumature di Mr Grey (il cognome del protagonista. E io che avevo pensato, povera illusa, almeno ad una metafora da pantone). Sono caduta stordita sotto i 100 colpi di questa spazzola inglese, insieme a Natalia Aspesi su Repubblica e Julie Bosman del New York Times.

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