Che cosè la libertà?

folla
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Preambolo. Leggo di una cinquantina di sue opere edite negli ultimi trent’anni. Slavoj Žižek è uno scrittore assai prolifico. E’ cresciuto in Slovenia, qui affianco, sotto il dominio comunista dell’URSS, ha prestato servizio nell’esercito sloveno per un certo periodo e ha dovuto affrontare la transizione come giovane accademico dalla caduta dell’Unione Sovietica a una Slovenia liberata e divenuta rapidamente, molto rapidamente, capitalista.

Da sempre il suo campo di indagine politica e filosofica gira intorno al perché il comunismo abbia fallito e perché il capitalismo sembra inevitabile. Ai cambiamenti che hanno accompagnato il crollo delle vecchie norme sociali e dell’ordine politico comunista, ha aggiunto al suo campo di indagine nuovi argomenti. Non ultima, una nuova ecologia dei comportamenti, intesa come una inedita prospettiva liberatrice del nostro momento presente, definito com’è da una crescente accelerazione della trasformazione tecnologica e dalla proliferazione di realtà alternative.
Più di chiunque altro, Žižek è una voce nel deserto che ci invita a renderci conto del fatto che la nostra epoca apparentemente “post-ideologica”, in cui siamo tutti autocoscienti e consapevoli, è nondimeno più ideologica di quelle otto-novecentesche. Il suo lavoro fa spesso riferimento alla psicoanalisi perché le teorie psicoanalitiche ci forniscono strumenti unici per vedere come ciò che è represso, sublimato o carente riesce comunque a trovare un modo per guastare le nostre vite.

Sotto l’egemonia (dell’ideologia) capitalista globale e il complesso delle istituzioni che la diffondono, Žižek solleva continuamente la questione di come le ideologie nelle nostre società continuino a funzionare oggi. Žižek lotta con questa domanda interrogandosi su come possiamo ancora una volta dare alla luce qualcosa di nuovo; perché sembriamo come se stessimo camminando verso il disastro. Come può l’umanità affrontare la miriade di sfide che dobbiamo affrontare oggi?
L’ideologia è sempre stata un pilastro del lavoro di Žižek: come funziona l’ideologia e dove la vediamo operare? Il filosofo fa alcuni commenti affascinanti che sembrano essere sviluppi più nuovi nel suo pensiero su questo argomento. In particolare, dedica un po’ di tempo a tracciare il sottile passaggio nel funzionamento contemporaneo dell’ideologia dal sintomo al suo feticcio. Oggetto di questo libro e a cui dedico le righe che seguono.

Fine Preambolo.

In Libertà , Žižek fa alcuni importanti passi avanti nel tentativo di formulare la nostra esperienza contemporanea dell’ideologia e come si presenta oggi la lotta per la libertà. Facendo riferimento alle idee di Hegel e di Lacan, Žižek cerca di formulare come l’esperienza della libertà unisce le contraddizioni di libertà e costrizione, e fonda questa esperienza paradossale nella sua fondamentale incompletezza. Dice: “Da una prospettiva hegeliana, non dovremmo limitare la libertà a un predicato di qualche entità: al punto più alto della libertà, la libertà stessa è il soggetto …” (*)

L’esperienza della libertà è inquietante, perché ci sentiamo come se non potessimo essere altro che liberi. Ci sentiamo costretti da qualcosa di più grande di noi stessi, e diventiamo tali da non poter non fare qualcosa. Viviamo le nostre libertà, semplicemente semplificandole attraverso le nostre migliaia di circostanze contingenti. Fosse solo per andare a fare la spesa o uscire con un amico per una passeggiata.
Questa libertà, sostiene Žižek, differisce radicalmente dalla presunta libertà spacciata dall’ideologia capitalista in cui siamo liberi di avere ciò che desideriamo, siamo liberi di impegnarci in qualunque atto scegliamo di fare e siamo liberi da qualsiasi costrizione esterna che ci è imposta. Questo stratagemma sembra promettere di riportarci a una certa nuda autenticità dove possiamo agire e sperimentare noi stessi senza alcun tipo di alienazione. Ma se l’esperienza contraddittoria della libertà descritta da Žižek è più accurata della versione proposta dalla nostra società capitalista, allora dobbiamo riconoscere che l’alienazione è una parte essenziale della libertà. Non possiamo avere l’una senza l’altra, perché l’esperienza soggettiva della libertà esige che troviamo lo strumento attraverso il quale la libertà come soggetto si compie e si attualizza nella storia.

Sotto questi aspetti, Žižek rimane pienamente kantiano nella sua descrizione della libertà. L’esperienza kantiana del dovere etico come ingiunzione «puoi perché devi» qui opera pienamente, e anzi assume una nuova luce. L’ordine del discorso è che la capacità di essere liberi deriva dal fatto che non si può non essere liberi: “si deve”. Paradossalmente quindi il momento più alto della libertà somiglia al compimento del proprio dovere.
Affronta la questione della libertà in quanto tale: qual è il fondamento e la possibilità della libertà? Cos’è questa libertà che in noi diventa soggetto come suo oggetto? In secondo luogo, passa a considerare in particolare la libertà umana, che è, ovviamente, l’unica esperienza di libertà alla quale abbiamo accesso. Questa libertà umana comprende tutti gli ostacoli, i limiti e le alienazioni da cui il capitalismo si propone di liberarci, ma che tuttavia fondano la possibilità stessa della nostra libertà. In queste due sezioni l’oggetto e il soggetto divergono e ritornano l’uno nell’altro, perché ci chiediamo sia quale sia il fondamento oggettivo della libertà che diventa soggetto in noi, sia anche cosa significhi diventare un soggetto libero che tuttavia sperimenta se stesso come oggetto.

In ogni passo di questo viaggio, ci confrontiamo con l’abisso della nostra libertà quando essa ci impone di scegliere come vivere in condizioni di incertezza. Da esperto di fisica quantistica, suggerisce che la libertà, o l’idea di essa, è collegata a questa essenziale incompletezza dell’universo, dove le cose non sono ancora ciò che saranno e in ogni momento ciò che potrebbe essere rimane sorprendentemente aperto. L’insieme dinamico della realtà non corre su binari predeterminati che si generano attraverso un’inevitabile aderenza alle proprie regole, ma che in qualche modo l’universo non riesce a chiudersi completamente su se stesso.

Finisco. Libertà: una malattia senza cura, è uno dei testi di Žižek più affascinanti e complessi sul quale intendo tornare nel tempo a venire. La mia copia è piena di sottolineature e segni a testimonianza del torrente di intuizioni con cui Žižek tempesta i suoi lettori. Ho la sensazione di non aver compreso appieno ogni capitolo, e dunque, l’esercizio sarà di dover tornare indietro per raccogliere quello che non sono riuscito a capire lungo il percorso.

La questione che Žižek solleva in questo libro non si ferma semplicemente all’esperienza individuale della libertà: penso, ad esempio, che il capitolo “Lo Stato e la Controrivoluzione” sollevi in modo brutale la questione nodale di come gli esseri umani debbano trovare la massima realizzazione della libertà nella dimensione di un lavoro politico collettivo. Questo è il motivo per cui, credo, Žižek lotta così tanto con la paradossale coincidenza, ripeto, di costrizione e libertà, e con il ruolo cruciale che l’alienazione attraverso le strutture sociali gioca nel consentire questa umana esperienza così contraddittoria.
Ancora una volta, la questione dell’uomo come animale politico ci pone di fronte a tutta l’ampiezza delle sue difficoltà. Il rapporto tra la società libera e gli individui liberi che la compongono sembra essere legato. Troviamo la nostra libertà ultima solo sperimentando noi stessi come oggetto di una libertà più grande che manifesta la sua volontà attraverso di noi e in noi, e cos’altro potrebbe essere questa libertà se non il corpo sociale che arriva a sperimentare se stesso come libero?


Per BookAvenue, Michele Genchi

nota. * cit. da pag.8


il libro:

Slavoj Žižek,
Libertà,
una malattia incurabile,
Ponte Alle Grazie,
ed.2023 pp. 416


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