Roberto Perrone, La ballata dell’amore salato

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{jcomments on}Una donna, un tradimento e una città, Genova, sempre protagonista Storia di un uomo forte, sicuro di sé ma, come ciascuno di noi, non al riparo dalla vita cone le sorprese che spazzano le certezze. Genova. Una fredda domenica di novembre. Girolamo Murgia sta aspettando l’arrivo di suo figlio da Milano. Devono mangiare presto perché quella domenica c’è il derby e Girolamo deve seguire il Genoa, l’unica delle sue tre passioni sopravvissuta al tempo. Le altre erano la moglie e il ballo. Ma la moglie è morta da un anno e il ballo non gli interessa più.

Girolamo Murgia e il figlio devono parlare di questioni molto importanti ma il ragazzo tarda. E quella domenica, complice il mare arrabbiato e il cielo grigio e basso, si trasforma in uno spazio di ricordi. Ricordi di lui bambino nella Genova degli anni di guerra, i primi lavori, le amicizie nei vicoli, la povertà. E poi lei, la bambina che diventerà sua moglie e che lo rimarrà per tutta la vita, attraversando con lui giorni belli e difficili. E poi suo figlio, quel ragazzo che Girolamo ha sempre sentito lontano, serio, severo. Non si sono mai capiti; Girolamo semplice picchettino, uomo di poche parole non è mai riuscito a condividere le scelte di quel ragazzo divenuto manager di una grande azienda a Milano. E i rapporti si diradano, sempre più. Il solco tra padre e figlio diviene sempre più profondo. Girolamo forse soffre di questo o forse no. Lui ha comunque sua moglie, un amore che non conosce cedimenti. Poi succede qualcosa che trasforma il dolore per la morte di lei in un rancore profondo. Anzi in un vero e proprio odio. In quella domenica di attesa Girolamo Murgia rivede tutta la sua vita, con le sue certezze e con le sorprese che, sempre, scompaginano queste certezze. Ancora una volta mi trovo a recensire un libro che racconta di una vita “normale” e, ancora una volta , mi trovo a riflettere sul potere della letteratura; quello di scardinare il concetto di normalità. Una vita, all’interno di una storia, di una trama, diviene altro da un semplice susseguirsi di avvenimenti. Acquisisce, quando scritta bene, un richiamo continuo ad altre storie. I personaggi sembrano entrare in un territorio in cui i nostri convincimenti non valgono più. Un uomo come Girolamo Murgia, nella vita reale potrebbe suscitare, in me una certa avversione. Così granitico, così certo delle sue idee, così immerso nelle sue certezze. Eppure in questo romanzo sembra di avvertire i rumori delle crepe che i giorni, piano piano, provocano in quella sua vita senza scosse. E, a fare da sottofondo ad ogni istante della storia Genova. Con i suoi vicoli, con l’odore di sale ovunque, con il rumore del mare che si fa sentire anche quando non lo senti. Gino Paoli definiva intestinale questa città e intestinale potrei definire questo libro. I suoi personaggi. Invischiati nella normalità delle loro vite, dei piccoli accadimenti che, uno dopo l’altro costruiscono un’esistenza. In epoca di visibilità, di sensazionalismo a tutti i costi, colpisce un libro che racconta una storia normalissima. In cui anche un dolore immenso, e in quanto tale straordinario, diviene rancore, odio; qualcosa di più gestibile. Girolamo sente che questo odio per qualcosa che sua moglie ha fatto, lo aiuta ad andare avanti. Paradossalmente è qualcosa che impedisce al rapporto con il figlio di sgretolarsi del tutto. Attraverso questo odio capisce la tendenza del figlio a rimanere direi tangente alle cose, per non farsene toccare più di tanto. Almeno questo è quello che crede Girolamo. Perché in questo libro il vero protagonista sembra essere il malinteso, lo spiazzamento, il cambio improvviso di prospettiva. Nessuno può dire di conoscere nessuno. Arriverà sempre qualcosa, un gesto, un ricordo fino ad allora cancellato, a costringere Girolamo Murgia a cercare una visione meno diretta a favore di una lettura delle cose più sfumata. Ed è questo continuo cambio di prospettiva che lo disorienta e che lo porta a nutrire il suo odio come una scialuppa di salvataggio. Smettere di odiare sua moglie significherebbe accettare che le persone possono anche non corrispondere in tutto all’immagine che noi ce ne facciamo. In genere in modo del tutto arbitrario anche quando lo si fa con amore. Padre e figlio, così lontani eppure così simili si troveranno a condividere più di quanto non si aspettino. Compreso il fatto di avere avuto o di avere ancora al fianco una donna che si rivelerà in qualche modo portatrice di disordine. Non disordine morale, questo sarebbe un giudizio di valore. Disordine esistenziale, disordine rispetto alla fantasia di controllare ogni cosa. Un libro che si fa leggere con discrezione e, direi, sottovoce. Roberto Perrone nel 2077 scrisse il romanzo La lunga, edito da Garzanti che lo impose all’attenzione di un vasto pubblico di lettori. Bellissima storia in cui si incrociano i destini di un cronista prossimo alla pensione, e quelli di un giocatore sconosciuto ai più. Narrazione pulita e sobria di un mondo in cui sia il calcio sia il giornalismo erano tutta un’altra cosa. Roberto Perrone ligure ma milanese di adozione, si occupa di sport, viaggi e cucina. E’ autore di una serie di libri per ragazzi oltre che dei romanzi Zamora (Garzanti 2003), Averti trovato ora (Mondadori 2007) e della biografia di Gigi Buffon Numero 1 (Rizzoli 2008)

 

Roberto Perrone, La ballata dell’amore salato, Mondadori 2009, 18 euro, Pagine: 222

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