Philip Roth. Difficile lasciarlo andare

philiproth elabora by ©mg
   Tempo di lettura: 9 minuti

Da poco, il 19 marzo esattamente, Philip Roth ha compiuto ottantatré anni e quattro dall’annuncio della sua andata in pensione come scrittore.  In effetti, dal 2012 non sono più uscite novità se per novità si escludono tutti i libri non ancora tradotti in italiano.  L’ultimo pubblicato è in realtà il primo. E’ di qualche settimana o poco meno l’uscita in italiano del suo primo romanzo “Letting go” tr. Lasciar andare, pubblicato come tutti gli altri da Einaudi, e splendidamente tradotto da Norman Gobetti già curatore in precedenza di: Professore di desiderio e Nemesi, ed anche di autori come Hamid Mohsin e di Martin Amis.

Dopo il primo libro, la raccolta di racconti uscita con il titolo “Addio (Goodbye) Columbus” del… 1959, il meno famoso Lasciar andare – oggetto di queste righe uscito nel 1962 e Quando Lucy era buona (1967), Philip Roth divenne celebre solo con il Lamento di Portnoy ben dieci anni dopo il suo esordio. Del mio autore più amato ho parlato più e più volte: non mi ripeterò dunque. Avevo promesso anche di non occuparmene più e di lasciarlo andare anch’io in pensione. Esercizio difficile in tutta evidenza da seguire. Chiunque abbia voglia di leggere cosa BookAvenue ha pubblicato sul GGG (grande gigante gentile) faccia click qui.

Per chi ha una certa confidenza con la letteratura di genere intesa come: la relazione con la fede (ebraica), il sesso, la fine della vita, la famiglia, le relazioni in senso ampio (tra gli individui come nella coppia), per non parlare di quel tipico timbro di humor nero che la connota, in questo lavoro si trovano sorprendenti analogie tra Roth e alcune situazioni e personaggi tipiche della narrativa di molti autori ebraici. Dentro ci ho trovato i tratti i distintivi di Grossman e, più notevolmente, di un vecchio libro di Malamud ripreso da Minimum fax dal titolo “La nuova vita” del 1961. Faccio una piccola parentesi per un capolavoro trascurato come questo grande classico della letteratura nordamericana.  Un libro tanto importante perché paragonato a quei libri che hanno sondato la società a-stelle-e-strisce degli anni cinquanta insieme con altri autori più celebrati  come Doctorow, Saul Bellow o Yates, quello di Revolutionary road. La letteratura nordamericana ha saputo regalarci negli anni un immutato esercizio intellettuale a vedere i testimoni del tempo corrente quali: De Lillo e Paul Auster. Roth dovrà aspettare il 1979 per scrivere il romanzo che lo consegnerà più di altri all’immortalità: parlo della Pastorale.

Per farla breve, il protagonista della “Nuova Vita” Seymour Levin è “ un insegnante di letteratura sprovveduto e idealista, si trasferisce in un piccolo college della remota provincia americana per sfuggire al caos di New York e da un passato di alcolismo e di sbando. Qui spera di trovare un nuovo impulso alla propria realizzazione umana e professionale; si ritrova invece in un ambiente ristretto e conformista, refrattario alle novità, diviso da antagonismi meschini e percorso da sussulti di maccartismo” (dall’aletta del libro). Non passa molto tempo per rendersi conto che è stato preso da un miraggio.

Gabe Wallack, il protagonista di Lasciarsi andare (dal titolo originale Letting Go), è assai simile al Seymour Levin della “Nuova Vita”.  Entrambi i personaggi vivono a disagio nel mondo a causa delle loro buone intenzioni e del loro scarso senso pratico.  Per dare significato alle proprie giornate, Gabe si dedica all’insegnamento, attività che svolge con un certo profitto, libero com’è da preoccupazioni di natura privata. L’insegnamento è l’attività che dovrebbe offrire a Levin la possibilità di una… nuova vita.  Gabe lascia un padre reso affettivamente esigente dalla vedovanza e dall’età per imbarcarsi in una serie di legami disastrosi. Levin fugge da un passato oscuro e finirà legato a una donna che gli rovinerà la vita.

Le analogie tra i due libri di  Roth e Malamud non si esauriscono con il solo confronto tra Levin e Gabe Wallack.  Libby Herz ricorda Pauline di Una nuova vita: nevrotica e insoddisfatta, alla ricerca di continue compensazioni affettive, condiziona e limita tutti quelli che avvicina, primo tra tutti il marito, Paul, insegnante romantico destinato a scontrarsi con il carattere pratico e razionale di molti colleghi, impegnato nella stesura di un romanzo che non finirà mai a ‘causa della vita impossibile che Libby gli procura. Quanto alla qualità del sentimento, siamo ben lontani dal romanticismo struggente del libro di Malamud. In Lasciarsi andare, a un primo momento di sentimento esaltante succede una pausa di riflessione e di razionale ridimensionamento dei sentimenti. La natura egoista di Gabe ha il sopravvento sugli affetti . Indipendentemente dalle proprie buone intenzioni.

La disperazione di Paul di accettare lavori umili per sostenere la sua donna malata, bisognosa, piagnucolosa con problemi alle reni assai seri, che la rendono soggetta a malattie e inabilità per lavorare, finisce per diventare un peso insostenibile per il suo equilibrio.  Le loro vite sono così infelici, che quando gli dice che tempo prima si era sottoposta a un aborto perché erano troppo poveri, Gabe si chiede se non sia pure impazzita.

Gabe incontra Martha Reganhart, divorziata e madre di due figli, una donna che ha lasciato il marito che la picchiava, un pittore che vive in Messico. Martha è altrettanto povera, oberata di lavoro e che lotta per crescere i due figli in una casa decorosa e felice. Gabe va a vivere con lei, sempre coinvolto in una nuova sfilza di problemi.

Roth presta l’orecchio all’ascolto del dialogo, per catturare le diverse voci dei suoi personaggi. Loro, parlano e parlano per molte pagine. Sembra il timbro di fabbrica dell’opera che seguirà. A ri-vedere i suoi migliori romanzi, fin dall’inizio della sua carriera ha avuto un talento naturale per modulare attraverso i dialoghi dei personaggi l’impianto delle sue storie.E la loro rappresentazione, così profondamente delineata, rimane il punto principale del romanzo. Roth è preciso e incisivo nei dettagli; rivela le loro vite, li descrive minuziosamente soffermandosi sulle loro debolezze e le loro imperfezioni, scavando in profondità nelle loro menti per estrarre tutte le loro convinzioni, i loro sogni, le loro fantasie, i loro odi e paure, fino a quando non abbiamo visto le loro identità da tutte le angolazioni.

E’ come leggere, mi si consenta, la carne e le ossa delle persone. Mi hanno colpito Libby e Marta, due personalità contrastanti: una un’isterica, maniacale, depressiva, donna bipolare; l’altra una fonte inesauribile di energia tutta dedicata ai suoi figli e capace di affrontare con leggerenza e gioia anche i diversi problemi della sua vita senza sprofondare nella depressione. La mano di Roth riesce con pochi tratti a dipingere tutti i caratteri e inventare passati credibili che spiegano il loro comportamento.

Credo, in ultima analisi, che il romanzo giri intorno ad un tema affrontato anche successivamente in molti altri suoi lavori: circa la bontà e/o la difficoltà di essere buoni. Gabe e Paul e Martha, a modo loro, tutti cercano di essere persone buone. Paul è anche un uomo di sentimento. L’ironia è che Paul perde progressivamente i suoi (sentimenti)  rimanendo intrappolato in un matrimonio infelice. Gabe, invece, mostra più chiaramente l’onere di sentirsi troppo “speso” per gli altri e cerca disperatamente di districarsi da tutte le vite in cui si è impigliato.

La violenza domestica, l’aborto, adozione, la povertà, l’infelicità, i matrimoni senza amore, e ancora più spaventosamente i ricatti, sono al/il centro di questo romanzo. E’ tra i tanti che il GGG (o LLL, se preferite) della letteratura ha scritto, il più vicino allo spirito sobrio dei romanzi pubblicati negli anni ’90 rispetto al periodo stravagante del Lamento di Portnoy e, come non citarlo, di Zuckerman scatenato. Per questa ragione Lasciar andare è per me uno dei migliori romanzi della sua carriera.

 

per BookAvenue, Michele Genchi

 

 Philip Roth
Lasciar andare
Einaudi
tr. Norman Gobetti
pp 760

,

ma anche…

Bernard Malamud
Una nuova vita
Minimum Fax
Pref. Jonathan Lethem, tr. Vincenzo Mantovani
pp.442

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3 commenti

  1. Fabbrì! A bello!, mica è una rubrica di cuori solitari questa!

    🙁

  2. che fortuna trovarti qui; ho perso i tuoi contatti Lory (e ho scoperto che non hai più il profilo FB)
    se ancora conservi i miei mi chiami? Volevo salutarti.

    ff 🙁

  3. Loredana Peretti

    Non avevo dubbi sul fatto che l’ennesimo libro di Roth avrebbe avuto spazio su Bookavenue. Così come sono convinta che non lo abbandonerai mai all’oblio.
    Loredana

I commenti sono chiusi.