Gore Vidal. Un intellettuale scomodo da vivo, discusso da morto

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Il talento letterario di Gore Vidal è stato pari alla sua intransigenza e rigore intellettuale. Non ha mai avuto timore di puntare il dito verso le amministrazioni che si sono succedute alla Casa Bianca. Provò anch’egli con la carriera politica e, in effetti, fu aiutato allo scopo dalla sua famiglia che sostenne le spese per la sua candidatura per un paio di volte (una per ogni camera) perdendo, però, la sfida in entrambe.
Negli ultimi vent’anni negli stati Uniti la politica si è molto radicalizzata da un lato e dall’altra delle due rappresentanze politiche facendole diventare due barricate(dice niente?): Vidal è stato un partigiano dei democratici.>>

Figlio di un militare dell’areonautica in carriera (è nato a West Point, tanto per dire), suo padre successivamente è stato tra i fondatori della TWA. LA madre, di cognome Gore (di qui il diminutivo), era figlia di un senatore degli Stati Uniti. In seguito sposò, in seconde nozze, Hugh D.Auchincloss, patrigno di Jacqueline Kennedy Onassis, e il giovane Vidal visse per qualche tempo nella tenuta degli Auchincloss nel nord della Virginia. Il mondo è piccolo e la storia ha i suoi ricorsi, si direbbe.
Gore Vidal era noto per le sue apparizioni pubbliche stravaganti e le sue idee politiche di sinistra a volte scomode pure per i democratici. In un famoso incontro, Vidal si oppose all’editore conservatore e autore William F. Buckley, Jr. in un faccia a faccia durante la “copertura” televisiva della tumultuosa Convention nazionale democratica alla fine degli anni 70. I due si insultarono a vicenda finendo col prendersi a botte in diretta nazionale. Lo spettacolo fece epoca e molti giornalisti ricordano l’evento come il primo mai accaduto in tv fino ad allora.

Come visto, Gore Vidal è stato un intellettuale scomodo ma altrettanto capace di scrivere straordinari romanzi come, per esempio, “Giuliano”, il celebre imperatore romano del quarto secolo, nipote di Costantino, che durante i brevi anni del suo regno tentò di soffocare la diffusione del cristianesimo e di restaurare il culto degli dèi, passando per questo motivo alla storia con l’appellativo di “Apostata. O come il controverso “La statua di sale”, la storia di Jim Willard, figlio “normale” di una famiglia della media borghesia del Sud: bello, atletico e schivo innamorato di Bob Ford, il suo migliore amico. Vidal scandalizzò l’America, suscitando reazioni sdegnate. Il suo editore newyorchese lo detestò. Il “New York Times” rifiutò di pubblicizzare il libro, nessun giornale americano lo recensì e “Life” lo accusò di aver fatto diventare omosessuale la più grande nazione del mondo. Ma in poche settimane il libro fu un bestseller. Andrè Gide e Christopher lsherwood lo apprezzarono e Thomas Mann, nel suo diario, lo definì “un’opera nobile”. Non dello stesso avviso, insieme alla stampa citata, fu quella parte d’America bacchettona e timorata di Dio che lo definì in maniera spregiativa tutta la vita (e non sono andati per il sottile anche quando è morto) Albert Mohler un giornalista di area cattolica radicale, lo ha definito un infame, commemorando la sua biografia.

Ma l’occasione di queste righe sono per dire anche altro: Gore Vidal, infatti, continua ad essere discusso anche da morto. Ecco una notizia dalla stampa americana e ripresa da noi dall’ANSA. Leggo dai LATimes, WSJ e NYT che, secondo fonti vicino alla famiglia del grande intellettuale americano, la scomparsa del suo compagno, Howard Austen avvenuta qualche anno fà, nel 2005, aveva gettato Eugene Luther (Gore) Vidal nel più profondo stato depressivo, chiudendo la sua parabola vitale tra una terribile dipendenza da alcool – tale da causargli allucinazioni – e una progressiva  demenza senile. Sarebbero, dunque, da ricercare in queste le ragioni dell’impugnamento del prezioso testamento che Vidal ha lasciato all’università di Harvard, e su cui la famiglia (meglio: la sorellastra) vorrebbe mettere le mani. Il patrimonio valutato circa 37 ml di dollari è gestito da un lontano parente tramite la “Gore Vidal revocable trust”. Nina Straight, sorellastra dello scrittore, si accontenterebbe, dicono le stesse fonti, di riprendersi il milione di dollari servito per una causa che il fratello mosse nei confronti di un giornalista che lo aveva insultato definendolo “finocchio”. Naturalmente come spesso avviene in questi casi, la Straight ha voluto precisare che, i danari provenienti dall’eventuale riconsiderazione dei beneficiari, non andrebbero a lei che, ha sottolineato, non hai mai e poi mai pensato di mettere le mani sul patrimonio del fratello, ma alle amate nipotine (maggiorenni da un pezzo…ndr) 
Da queste parti, naturalmente, non ci crede nessuno. Nel frattempo gli studi legali incaricati della difesa delle parti hanno già incassato un buon anticipo e preparano le loro arringhe; la causa tra la Straight e il tutore della fondazione è prevista, infatti, a fine novembre a Los Angeles.
Tutta la faccenda si rivela per quello che è veramente: una semplice questione di stracci. Non bisogna essere americani per sapere che “tutto il mondo è paese”.
Alla sua morte, è stato descritto dal Wall Street Journal come un provocatore letterario sebbene il New York Times abbia definito la sua esistenza paragonandola alla figura di Augusto: “un elegante, acerbo, e tutto tondo uomo di lettere”.

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