Il viaggio dell’elefante

   Tempo di lettura: 2 minuti

Pieno di fascino e con un tocco sapiente di stravaganza, “Il viaggio dell’elefante” di Josè Saramago si legge come una favola per adulti, ma come favola non è affatto semplice.
E’ forse il suo libro più ottimista, divertente e magico. Uno scritto sornione, avvincente, una storia di tenero umorismo in cui il lettore si troverà piacevolmente invischiato.
Messo su carta verso la fine della sua vita, “Il viaggio dell’elefante” è un racconto di amicizia e avventura dalla prosa incantevole ricco di ironia e di empatia.

Nasce dall’intenso amore di Saramago per il nonno materno, Jerónimo, un guardiano di porci analfabeta che lo ha introdotto alla magica arte della narrazione.

Liberamente basata sui documenti storici e sulle descrizioni popolari della spedizione (Saramago ha detto di essere venuto a conoscenza di questi fatti quando, durante una visita a Salisburgo, vide la serie di incisioni che commemoravano l’evento), la storia comincia nell’autunno del 1551, quando il re del Portogallo João III e sua moglie Caterina d’Austria decidono di inviare l’elefante Salomone come dono di nozze al cugino, l’arciduca Massimiliano.

C’è da dire che appena sotto la superficie lineare del racconto si nascondono delle questioni più complicate come il conflitto di classe e le tensioni religiose, ma è evidente come Saramago scelga di non esplorare a fondo i vari fatti.

Mentre lo leggevo mi sono sentito come un bambino che ascolta una bella storia dalla voce di un nonno vecchio e indulgente.
Addirittura mi è parso di vederlo chiaramente quel nonno, seduto nella comoda sedia di una stanza scarsamente illuminata a parlare con voce roca, a raccontarmi la storia di Salomone l’elefante e del suo lungo viaggio da Lisbona fino a Vienna attraverso le Alpi.

Josè SaramagoIl viaggio dell’elefante, 2009, 202 p., rilegato, traduzione di R. Desti, Einaudi (collana Supercoralli).

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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