Davide Zotto e il blocco dello scrivano

uomo con fogli sparsi in crisi di scrittura
   Tempo di lettura: 10 minuti

Il nostro collega e amico Davide Zotto soffre di intermittenza. Per fortuna, è un malessere che colpisce solo alcune attività cognitive; di solito la scrittura prima di altro. Colpisce indifferentemente ricchi e poveri, scrivani e studenti, scrittori e giornalisti, relatori di tesi e professori universitari in cerca di ranking. Alcuni inequivocabili segnali c’erano già stati con la pubblicazione del suo articolo: Orario! sul nostro sito: non ce ne eravamo accorti fino al suo più esplicito “non ci riesco”.
Questa prova di risposta, ammetto, arriva con un po’ di ritardo.


La pagina bianca è lì, davanti a voi, il cursore lampeggia beffardo ormai da un po’ di tempo, la mente è vuota (senza neanche una particella di sodio che gridi: “C’è nessuno?”), il tempo scorre, l’ansia aumenta e le mani sembrano paralizzate … fate fatica a respirare, figuriamoci a scrivere.

Il blocco dello scrivano o scrittore, ma anche del blogger, del content creator, del social media manager, si presenta, di solito, con questi sintomi. E non succede solo agli esordienti.

Nel romanzo di Melville, Bartleby al principio esegue con puntualità e diligenza il suo lavoro di scrivano pur rifiutando risolutamente di svolgere altri compiti e sconcertando il suo datore di lavoro con la risposta “preferirei di no”. Poi smetterà di lavorare del tutto. Si sa come finisce.
Il romanziere israeliano Amos Oz, autore di venti romanzi e di otto saggi, confessa: “Provavo una certa invidia verso mio padre. Diversamente da quanto succede a me, non si ritrovava mai a fissare un unico foglio bianco e beffardo, piazzato al centro di un arido piano di lavoro come un cratere sulla superficie lunare. Soltanto il vuoto, la disperazione e tu.”.

Vi è mai capitato qualcosa del genere? Al mio amico Davide Zotto capita spesso. L’ultimo, dura da quasi due anni.

1. Blocco dello scrivano: questo (s)conosciuto

Quasi tutti abbiamo fatto questa spiacevole esperienza: qualcuno al Liceo davanti al foglio del compito in classe, qualcuno nella stesura della tesi all’università, qualcuno durante la redazione di un articolo importante, ecc.

Il blocco dello scrittore, in termini molto semplici, è la difficoltà, o l’incapacità, di cominciare, o di proseguire, la scrittura di un testo. Si chiama blocco dello scrittore perché affligge chi scrive.

Se avete in testa una storia bellissima, ma non avete mai scritto neanche una pagina, allora non credo che sia il blocco dello scrittore; forse avete il blocco dell’ideatore, oppure un blocco… al vostro computer. Avete provato ad accenderlo? Davide, prova a controllare la spina; è attaccata?

Esistono diverse cause all’origine di questa difficoltà, la buona notizia, però, è che ci sono anche numerosi accorgimenti per superarla e rendere l’attività della scrittura fluida e piacevole.

2. Che cos’è che ci paralizza davanti alla pagina bianca?

Avete davvero una buona idea? Ci sono momenti in cui abbiamo delle “illuminazioni”, in cui la nostra idea (o la nostra storia) ci appare chiara e affascinante. In queste situazioni, di solito, siamo sotto la doccia, oppure alla guida dopo una lunga giornata di lavoro, o siamo ad una cena (con colleghi o amici) in cui vino e birra abbondano.

Il giorno dopo, quando ci sediamo davanti al computer per iniziare il nostro capolavoro, gli appunti ci appaiono degli scarabocchi incomprensibili e le intuizioni che (alle due di notte e con un cocktail in mano) sembravano geniali si sono sciolte come neve al sole.

Una buona idea non basta. Come ricordava Alfred Hitchcock, bisogna farla crescere, svilupparla, darle una struttura articolata, non troppo rigida, ma ben organizzata. Tornerò su questo aspetto tra poco. Per la verità, i problemi relativi alle idee sono di due tipi: mancanza di idee, quando siamo in difficoltà a trovare temi da trattare, oppure troppe idee, quando facciamo fatica a selezionare e scegliere, tra tante proposte, quali argomenti illustrare.

Un’altra causa frequente è il perfezionismo. E Davide Zotto lo è fino al midollo. Una parte del nostro cervello critica ogni idea e ogni frase sul nascere come un avvoltoio appollaiato sul monitor del pc, inibisce ogni slancio creativo. Si scrive una frase, poi la si cancella, la si scrive di nuovo, poi la si corregge, ma non si riesce a proseguire.

Le emozioni negative sono un’altra zavorra alla nostra scrittura; la preoccupazione, l’ansia, la paura di non riuscire, ci impediscono di concentrarci e inibiscono le connessioni creative. Maggiore è la preoccupazione (magari per una scadenza che si avvicina), maggiore diventa la difficoltà di trovare buone idee e di scriverle in modo originale. Peggio: la telefonata del content manager che grida dall’altra parte della cornetta: “Orario!”

Per quanto possa sembrare strano, anche non avere limiti di tempo rappresenta un ostacolo alla scrittura. “Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile” – afferma la scherzosa Legge di Parkinson (corollario alla Legge di Murphy) – “più è il tempo e più il lavoro sembra importante e impegnativo.” Se abbiamo a disposizione due ore (e siamo ben concentrati), scriveremo il nostro articolo in due ore, ma, se sappiamo di avere mezza giornata, tra una cosa e l’altra, la impiegheremo tutta per scrivere il nostro articolo. Qualcosa di simile avviene anche quando si è alle prese con un racconto o, immagino, con un romanzo.

A volte è la mancanza di passione o di interesse a frenarci: ci siamo imbarcati nell’avventura di scrivere , ma ci scopriamo poco appassionati a certi contesti o a determinati contenuti. Forse dovevamo pensarci prima.

La fatica di procedere nello scrivere, infine, potrebbe essere anche causata dalla stanchezza: presi dal nostro racconto, o da una fase particolarmente creativa, siamo stati per ore con gli occhi fissi sul monitor e con le mani in fervente attività sulla tastiera. Il nostro organismo ci sta dando un segnale importante: è opportuno fare una pausa, sgranchirci, bere qualcosa e, se possibile, uscire a fare due passi.

3. Come superare (nunc et semper) il blocco dello scrivano

Vediamo, adesso, alcuni accorgimenti per non incappare nel writers’ block e qualche suggerimento che ci consenta, se ci siamo finiti dentro, di uscirne (abbastanza) illesi.

Appuntate le idee che vi vengono.

Le buone idee raramente ci vengono quando siamo seduti alla scrivania, ma ci arrivano, nella maggior parte dei casi, quando siamo “de-focalizzati”, quando svolgiamo un’attività poco impegnativa (come guidare) o un’attività fisica ripetitiva (come correre, nuotare, ecc.). Appena vi viene una buona idea, prendetene nota: potete scrivere un breve appunto sul vostro taccuino (io ho imparato a uscire con una Moleskine in borsa), sullo smartphone o registrare una nota vocale, l’importante è che non ve la lasciate sfuggire. Creare un “archivio” di idee, raccogliendo link, post, ebook, ecc. è un ottimo antidoto per non rimanere a secco di idee.

Sviluppate le idee.

Un’idea, appena nata, è ancora “acerba”, bisogna svilupparla e farla maturare. Vi suggerisco di creare una mappa mentale disegnando al centro la “parola chiave” della vostra idea e creando tante diramazioni con possibili sviluppi e “articolazioni”. Dopo aver completato la mappa, tenetela a portata di mano; in un secondo tempo, spesso, vengono in mente altri spunti e collegamenti preziosi. Se, ad esempio, volete scrivere un post su come essere più produttivi, potreste sviluppare l’idea con diversi post. Se desiderate scrivere un libro su questi temi, dovrete creare una mappa in cui ogni diramazione rappresenta un capitolo, e le sotto-diramazioni saranno gli argomenti (best practice, esempi, consigli, ecc.) che intendete esporre all’interno di quel capitolo. Io non scrivo libri ma immagino sia così.

Programmate le idee

Se scrivete su più riviste o blog, non potete fare a meno di preparare un piano editoriale. Questo vi permette di non affidarvi solo all’improvvisazione, ma di costruire un percorso “ragionato”, costellato dagli aspetti che ritenete importanti, attraverso cui accompagnare i lettori.  Capita anche di scrivere sulla base della “destinazione d’uso”; a chi ci si rivolge, con quale linguaggio scrivere, quanto lungo dev’essere il pezzo. Costruite un perimetro nel quale disegnare “su misura” il testo.

Se anche questi consigli non serviranno a Davide Zotto a far muovere la penna, allora il suo destino è segnato.  Da Frankestein Junior: “Il destino, il destino! Il destino è quel che è non v’è scampo più per me…”   

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Per Bookavenue, Michele Genchi

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1 commento

  1. Mi preme aggiungere una postilla a proposito di “Orario!” il suo ultimo articolo.
    Il pezzo si chiude con, cito: “Bene, per tenere buono Michele e il suo “orario!” nella suddetta telefonata gli ho proposto di scrivere un pezzo sul perché non scrivo. Lui ha riso, ma io ero serio”.

    Per dire che ho atteso molto tempo prima di decidermi a scrivere il pezzo per lui.

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