Il Ministro (La Ministra, così non si offende nessuno) della Cultura del governo francese Aurélie Filippetti lo aveva annunciato già un anno fa: «La Francia proteggerà il tessuto sociale delle librerie dai giganti stranieri (americani, ndr)», e questa settimana una importante decisione è stata presa alla Camera dell’Assemblea nazionale. All’unanimità, i deputati hanno posto il divieto ai grandi operatori online (leggi, Amazon ma il provvedimento, come un fuoco amico, colpisce anche FNAC) di offrire la consegna del libro gratis a casa del cliente. Manca la il passaggio al Senato la cui approvazione sembra scontata e il provvedimento sarà legge.
Nel corso del dibattito la ministra Filippetti ha accusato espicitamente Amazon di praticare una strategia di concorrenza sleale per mettere i concorrenti fuori dal mercato: «E la prova è che la spedizione gratuita non viene offerta nei Paesi privi del prezzo unico del libro. Lo fanno per acquisire una posizione dominante. Una volta che avranno schiacciato la nostra rete di librerie unica al mondo torneranno ad aumentare i prezzi». Il prezzo unico del libro, misura varata nel lontano 1981 dal ministro Jack Lang, ha impedito alle grandi catene di dichiarare una guerra dei prezzi al ribasso che avrebbe inevitabilmente portato alla scomparsa delle librerie di quartiere.
Alberto Galla, presidente dell’ALI, l’Associazione di categoria dei librai italiani, ha esclamato molto provocatoriamente “Vive la France”, festeggiando la decisione del governo d’oltralpe. “Seguendo un copione noto, ha aggiunto, Amazon (in Italia, ndr) farà come in tutti gli altri paesi, sbaragliando la concorrenza con promozioni a basso costo e, una volta “preso” il mercato, facendo pagare i prezzi molto più cari autentando i propri profitti in modo esponenziale”.
Quello che Galla sembrerebbe ignorare è proprio il mercato. A dimostrazione che la legge Levi (voluta fortemente dall’ALI e da un gruppo di piccoli editori) non ha risolto affatto l’effetto della massa critica che gli sconti continuano a produrre sui fatturati ma che, insisto, continuano ad essere il solo mezzo in grado di sostenere la domanda, in spechie con i “chiari di luna” che stiamo attraversando. Non si sottovaluta il problema, capiamoci, ma invece di cogliere l’occasione del mondo che sta cambiando (legittimamente) affrontando la sfida in modo serio, si preferisce ricorrere a inutili e corporative battaglie di retroguardia che nel migliore dei casi non risolvono il problema, e finiscono per ingessare ulteriormente un paese già bloccato dall’artrosi del nostro stato. Ogni guerra trova il suo battaglione ideologico. Il problema delle librerie è il problema di tutti i piccoli esercizi commerciali di oggi, che per poter competere la concorrenza avrebbero bisogno di riforme talmente radicali da tagliare di 2/3 il costi di gestione di un’attività, questo sì renderebbe competitivo il sistema (e non solo i negozi), ma sappiamo bene, almeno per quanto ci riguarda, che la miopia della nostra classe dirigente – e, spiace dirlo, anche intellettuale quella, cioè, che dovrebbe offrire argomenti per il cambiamento – ha fatto dimenticare, a chi ancora possiede la voglia di combattere, le grandi sfide, per regalarci la rassegnazione di piccole, inutili, e circoscritte vittorie di quartiere. mg