Una storia in apparenza complicata

   Tempo di lettura: 6 minuti

Libro nuovo di Roth che esce, recensione del sottoscritto che trovi.

Chiunque abbia familiarità con il lavoro di Philip Roth sa che Nathan Zuckerman è una sorta avatar di Roth nel suo universo immaginario. Questo avatar mi insegue dal Lamento di Portnoy, leggi Carnovsky, fino ai suoi ultimi libri con Nathan Zuckerman. Entrambi fanno i conti della loro vita con l’ebraismo, coabitano con i sentimenti di duplicità tra l’esistenza quasi sempre tormentata e il legame alla fede e le ricadute di essa sulla loro esistenze. Entrambi hanno problemi con il matrimonio e la famiglia, sono entrambi ossessionati dal sesso; è giusto quindi che Controvita sia l’ennesima sintesi di Roth e il suo avatar Zuckerman. Roth non si presenta di persona, come in alcune altre opere. Piuttosto, l’autore diventa un personaggio attraverso il risultato dei contenuti semi-biografici.

Suddivisa in cinque sezioni, non sequenziali, Controvita è un puzzle letterario travestito da romanzo realistico, un cifrario sperimentale con nessuna soluzione definitiva. Il tema, lo dico subito così mi (vi) tolgo il pensiero, del libro è su come le scelte, quali che siano, determinano le vite di ognuno. Si sa: la migliore è quasi sempre quella che non abbiamo preso. Per fortuna non sempre è così. Almeno, fino ad ora me lo sono cavata abbastanza bene. E voi?

Roth diventa egli stesso un personaggio, perché, come la storia va avanti, diventa chiaro che l’autore è l’unico personaggio che esista davvero. I personaggi muoiono in una sezione e risorgono nel successivo. In “Basilea”, Henry Zuckerman, il fratello minore di Nathan, muore per un’operazione al cuore, la cui ragione del sottoporvisici sta nel non poter soddisfare la dolce assistente-amante Wendy: in fondo poteva tirare a campare con i farmaci e la sua impotenza conseguente. In “Gloucestershire”, è Nathan stesso che è morto. Ma, in “Cristianità”, Nathan è sano e libero. “Giudea” e “In volo” sono le uniche due parti che sembrano essere cronologicamente collegate, “Giudea”, dove troviamo Nathan mentre lascia Israele dopo la visita a Henry (dove ora vive dopo la sua morte in “Basilea “), che è diventato un sionista radicale, e termina con Nathan coinvolto nel bel mezzo di un dirottamento.

Se tutto questo vi sembra complicato, tenetene da conto: i libri di Roth sottopongono sempre questo tipo di fatica, fino a quando le fila del romanzo diventano chiare; in genere sempre verso la fine (e questa volta, non del tutto). Nel frattempo l’autore si diverte a tenerci sulla graticola mentre tentiamo disperatamente di tenere insieme la storia come un mazzo di biglie tenute strette per non farle cadere mentre tentiamo di camminare su una corda.

Quando viene letto come variazione della trama di base, la ricerca di una Controvita, un percorso alternativo, la struttura ha un pò più di senso. Oppure, potreste leggerlo smontando l’ordine dei capitoli, come ho pure fatto, cercando di dare loro una cronologia ai fatti: non si può. L’autore l’ha dato alle stampe così com’è. Arrangiatevi! In quale altro modo gli stessi personaggi possono prendere decisioni differenti? E ‘impossibile che i fratelli Zuckerman (sia Henry che Nathan) si oppongano alla penna del loro creatore e quindi muoiono o vivono secondo il plot che Roth dà al romanzo e al loro destino. La forza della sua fiction è che nulla è veramente impossibile o scontata; se non vi sta bene, lasciate perdere Roth e prendete qualcosa di meno complicato tra le mani. Oppure, potete cominciare da capo, come ho fatto io almeno un paio di volte.

Questa fissazione della religione di Roth prende il centro della scena, esibendosi sia come il sionismo radicale di Henry, che la sensibilità razziale di Nathan in “Cristianità”, e nell’idea che Nathan (e Roth stesso) sente ancora un profondo impulso a difendere la sua ebraicità. Controvita, del resto, sembra come una apologia: la sua spiegazione del motivo per cui un ebreo laico fa i conti con la religione con cui ha trascorso la sua sofferta esistenza e carriera di scrittore passando al setaccio gli strati di identità in cui credere. Riuscendoci a singhiozzo: talvolta si e talvolta no.

Nessuna conclusione può, anche questa volta, sperare di essere completamente soddisfacente, ma allora, quali conclusioni ci sono davvero in Controvita? Roth utilizza la struttura narrativa più come un modo per tirare via la terra sotto i piedi del lettore, non facendoci sapere cosa è reale e cosa non lo è.
Durante la lettura, ho deciso che il capitolo “Gloucestershire” aveva le migliori possibilità di essere verosimile, dal momento che non sembrava invalidato in altre parti del libro. Sapendo, comunque, che Nathan è apparso nei romanzi successivi di Roth – questo è del 1986 ( e che ci voleva a tradurlo prima?) e che Zuckerman stesso può essere un pezzo della Matrioska dei personaggi di Roth , sembra più probabile che nulla nel libro sia vero. Il fatto che Nathan sia sopravvissuto in altre opere più recenti di questa mi conforta.

D’altra parte, Roth offre grande cura, tanto alla propria narrazione tanto alle poche interviste che sono riuscito a trovare su questo libro per sottolineare che la Controvita è solo una storia, a prescindere dal parallelo con la propria vita, e in una storia, tutto può essere vero. In un certo senso, la Controvita ci costringe a fare la stessa cosa che fanno i suoi personaggi: fare una scelta, ogni scelta, anche se non siamo sicuri che sia quella giusta. Però, che fatica. Accidenti a lui!

per BookAvenue, Michele Genchi

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2 commenti

  1. Giovanni Loperfido

    Il libro è meno complicato di quanto tu non lo faccia passare per tale. Roth rimane Roth, su questo non vi è dubbio alcuno. Divertente la tua la scheda.

  2. Mchè, sii fort adavèr.

I commenti sono chiusi.