Ripartire dalle città per superare l’anomalia italiana

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Con Max Weber per la prima volta la città ed i fattori che compongono la realtà sociale urbana ricevono una sistemazione teorica attraverso la costruzione di una tipologia ideale delle città, basata sulla individuazione delle funzioni prevalenti. Punto di partenza della riflessione di Weber sull’argomento è la considerazione che la città costituisce in ogni civiltà il motore del divenire storico. Superando le teorie elaborate durante il corso dell’800 Weber giunse alla conclusione che tra le istituzioni urbane esiste una interrelazione che non consente di elaborare una teoria della città’ partendo dall’isolamento di una o più di esse. Di città hanno parlato altri studiosi agli antipodi della città cibernetica. E’ difficile tornare alle origini quando la città diventa presidio del futuro, ma il senso delle cose si conserva nelle cose stesse ed in fondo la città rimane un luogo da abitare, da vivere e dal quale ripartire. L’uomo e il filosofo si sono sempre interrogati sul concetto di città e il modo di viverla. Diventare Città è un passo importante poiché le radici sono state riconosciute meritevoli di quel salto di qualità che distingue una storia locale fatta di tanti tasselli, di tanti uomini che nel tempo hanno reso migliore e “speciale” un territorio.

Per i Latini il termine Civitas, civitatis designava la condizione di cittadino, la cittadinanza. E’ un nome per così dire “abitato” perché indica il luogo e l’abitante allo stesso tempo. Una città nasce o rinasce quando si popola e si attiva nelle arti, nei commerci, nella vita sociale e culturale, ma una Città nasce o rinasce anche se è sicura. Per portare la persona al centro è necessario, pertanto, ripartire dalla città. Il dibattito sull’avvenire delle città è anche il dibattito sull’avvenire della democrazia. Ecco perché il Convegno-seminario “Ripartire dalle città” che si terrà a Roma, Camera dei Deputati, il prossimo 2 febbraio 2012 assume in questo particolare momento storico un’importanza fondamentale; di questo si è occupato un gruppo di lavoro del Consiglio italiano per le Scienze Sociali (CSS). I risultati sono stati sintetizzati in un Libro bianco sul governo delle città italiane, prima diffuso on line e ora pubblicato, assieme a una serie di saggi di approfondimento nel libro Le grandi città italiane. Società e territori da ricomporre, a cura di Giuseppe Dematteis (coordinatore del gruppo di lavoro del CSS), edito a fine 2011 dall’editore Marsilio di Padova Punto di partenza è l’anomalia italiana, una delle tante. il governo delle città dovrebbe essere oggetto prioritario delle politiche pubbliche. In molti paesi lo è, ma non nel nostro Paese, dove le politiche locali sono deboli e contraddittorie e manca una politica urbana a livello nazionale. Le città sono viste sempre meno come risorse e sempre più come problemi a causa di ineguaglianze e conflitti, insicurezza, peggioramento dell’ambiente e della qualità della vita, consumi di suolo, inquinamento, consumo energetico ecc Una visione territoriale sistemica delle nuove realtà urbane e metropolitane è essenziale per governare la dialettica tra interessi particolari e generali costitutiva della città moderna. Essa deve permettere di vedere i nessi e le possibili sinergie che legano tra loro problemi troppo spesso trattati separatamente, come la mobilità, i consumi di suolo, la salvaguardia ambientale, il controllo della rendita urbana, il mercato delle abitazioni, la qualità della vita individuale e sociale, la sicurezza, la partecipazione, l’emarginazione e la conflittualità sociale e, non ultimo, quello del rapporto tra la coesione (sociale e territoriale) e la capacità competitiva delle città (e quindi del paese e dell’Ue stessa) in campo economico. Ovviamente tutto ciò deve trovare un supporto, oltre che in un nuovo modo di vedere e di concepire la città, in un disegno strategico con obiettivi di interesse generale, in una governance e in un modello di ordinamento spaziale efficaci e, non ultimo, in un nuovo assetto normativo e istituzionale.

Il Libro Bianco del CSS nella sua parte finale contiene alcune proposte, che verranno discusse appunto il prossimo 2 febbraio in un incontro tra rappresentanti del Governo, parlamentari e studiosi. Si tratta di linee di azione di breve, medio e lungo periodo rivolte a definire nuove politiche urbane e a creare una cornice istituzionale che ne favorisca l’attuazione. Il loro elenco si dividerà in due parti, la prima relativa alle politiche innovative e ai loro contenuti. La seconda alla veste normativa e istituzionale richiesta per attuarle. l problema non è costruire le città, ma il loro governo: vale a dire gli obiettivi di fondo da perseguire, le politiche possibili per raggiungerli, gli strumenti necessari per porle in essere. riportare la persona al centro del sistema, evitare lo sperpero del territorio In questo senso è doveroso e possibile bilanciare le dinamiche verticalizzate delle politiche di settore e la pressione disordinata degli interessi particolari, non necessariamente solo privati, recuperando la dimensione di sistema e le reciproche interdipendenze e compatibilità grazie alla più ampia proiezione spazio-temporale delle politiche cittadine e all’aperto confronto dei diversi soggetti in gioco. Le tematiche trattate sono tutte estremamente rilevanti e cercano di sviluppare “strategicamente” il concetto di città adeguandolo ad una visione veramente europea che superi localismi e interesse di parte. Occorre intravedere in questa grande possibilità “europea” un sentiero percorribile verso l’uscita definitiva da una mentalità ancora chiusa e medievale come può essere quella di certi territori italiani ancorati a sistemi economici statici, facilmente preda della globalizzazione che appiattisce le identità ed impoverisce i contenuti il destino del luogo città. In questo senso nel libro bianco ci sono importanti riferimenti all’attuazione negoziale delle città metropolitane evidenziando le loro competenze e poteri gestionali. Naturalmente un posto di ri – lievo occupa la rappresentanza politica in particolare con riguardo alla legittimazione, oltre ai residenti, di forme ulteriori e diverse di espressione (anche telematica) di coloro che fruiscono del – la città e in varie forme vi pagano le tasse. E solo oggi il tema del pagamento delle tasse è diventato di stretta attualità! Anche perché una città potrebbe offrire molto di più se al suo interno vengano bloccati sul nascere meccanismi in – cancreniti di evasione fiscale che rendono una comunità “marchiata” da una sorta di isola felice dove tutto è possibile anche non rispettare le principali regole civili. Le entrate sono dunque importanti, ma come coraggiosamente afferma il Gruppo di Lavoro, per paradossale che possa sembrare, le risorse finanziarie non sono le sole e forse neppure le principali risorse di cui le città necessitano. Uno sguardo al futuro deve prevedere fondi di ventur capital/private equity operanti a livello territoriale per finanziare opere pubbliche innovative per una reale rigenerazione urbana nel rispetto della sostenibilità ambientale.

Dunque l’urbanistica “atto politico” del territorio deve abbandonare la concezione antica e abusata della cementificazione ad ogni costo per passare alla sostenibilità ambientale che comporta non solo nuove costruzioni, ma la razionalizzazione delle stesse attraverso il recupero di quelle esistenti. E sono molte. E potrebbero dare molto e nuovo lavoro. In questo senso appare necessario il riuso degli edifici e delle aree dismesse per cambiare “il modo di essere della città”. Modo di essere che riporti ordine e rispetto per il territorio e soprattutto per le persone che lo abitano. Il passo che si chiede a chi vuol sentirsi “città” è un passo di civiltà. Un vero passo con i tempi. Per custodire un luogo, riparando i danni perpetrati nel tempo. Per questa ragione il libro bianco sottolinea la necessità di implementare il trasporto collettivo, la raccolta differenziata e un generale risparmio energetico. Per arrivare al concetto di una effettiva città digitale occorre dotare tutti ma proprio tutti della libertà di connessione. Oggi in Italia ci sono zone non servite dalla bada larga. L’invalidità dell’accesso ad internet impedisce molte cose e questa invalidità non rende certamente tutti uguali. Ci sono zone di serie a e zone di serie c. Una parole che ricorre spesso nel libro bianco è rigenerazione necessaria anche per la ridefinizione del welfare In un famoso rapporto commissionato da Sarkozy si punta chiaramente alla differenza sostanziale il benessere materiale e quello non materiale. Rispetto al primo si sottolinea la necessità di porre attenzione al reddito e al consumo, piuttosto che alla produzione, di considerare anche in – dici di ricchezza e di prendere a riferimento il nucleo familiare. Riguardo alla dimensione non materiale del benessere si ricorda l’importanza del tempo libero e la necessità di misurare le re – lazioni sociali, la “voce” politica e la sicurezza o vulnerabilità dei singoli. Si afferma anche che vanno considerare misure oggettive e soggettive e che sono necessari indici di sostenibilità del benessere nel tempo, ambito nel quale dominano i noti problemi connessi all’ambiente. Ma il punto cruciale di un welfare sostanziale è la libertà dal bisogno e la conseguente dignità del vivere. Particolarmente interessante è la voce del libro Bianco in cui si parla di “veste istituzionale adeguata” Le politiche innovative appena elencate non sono praticabili senza il corrispondente ripensamento della veste istituzionale e del regime giuridico delle città in chiave di adeguatezza e diffe – renziazione, a cominciare dai principi. la città deve essere messa in grado di stabilire forme esplicite ed efficaci di coordinamento sia con i piani di settore delle agenzie nazionali operanti nelle reti (autostrade, ferrovie, servizi pubblici, alta velocità, telecomunicazioni, reti di energia) sia con i gestori dei servizi pubblici locali, specie nella forma di società (quotate o meno) a partecipazione pubblica. Nel libro Bianco si evidenzia che nessuna delle proposte esposte, e che saranno presentate il prossimo 2 febbraio, è in conflitto con disposizioni costituzionali o principi dell’ordinamento. Al contrario per la maggior parte o sono già previste da disposizioni vigenti – come le condizioni differenziate di autonomia, la sussidiarietà e la disponibilità di risorse proprie (artt. 116.3, 118 e 119 Cost.) – o sono realizzabili in via legislativa ordinaria. Il che non toglie che alcune di queste, specie per quanto riguarda il regime della rendita immobiliare o la riforma delle disposizioni del titolo secondo libro primo del codice civile, siano di particolare ed evidente delicatezza. Un discreto numero, infine, non richiede neppure modifiche di questa natura, trattandosi di misure amministrative riguardanti l’azione e l’organizzazione degli apparati centrali e periferici dello stato o di atti di indirizzo rivolti alle agenzie nazionali operanti nelle grandi reti dei servizi pubblici. Per quanto sopra è del tutto evidente l’importanza di questo studio per la vita di ciascuno di noi e per un concreto “aggancio” all’Europa poiché quasi l’80% della popolazione italiana vive in città. Le città, per le funzioni direzionali, cognitive e di servizio che svolgono, sono i centri propulsori e diffusori dello sviluppo regionale e nazionale. La gestione delle risorse umane, naturali e patrimoniali del paese dipende in larga misura da come sono organizzate le città e le reti di relazioni che fanno capo alle città. Solo così una città diventa visibile e vivibile. Diventa una città, dalla quale ripartire.

ANTONIO CAPITANO

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