Istruzione, bene comune?

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La pubblicazione del libro della Fondazione ASTRID, “Istruzione e bene comune idee per la scuola di domani” a cura di Franco Bassanini e Vittorio Campione, edito da Passigli, è come si dice alla fine della introduzione al volume, “un contributo alla discussione aperta”in tema di innovazione del sistema educativo, formativo e professionale per perseguire il principio costituzionale di “Istruzione come bene comune”, un contributo autorevole, critico, propositivo aperto al confronto libero e alla logica bipartisan.

E non può essere altrimenti un confronto su un tema tanto importante che riguarda l’Istruzione e il mondo del lavoro in Italia, dove ancora si assiste ad un paradosso spazio-temporale e concettuale fra le trasformazioni sociali, economiche e culturali e il sistema educativo. Paradosso temporale tornato di attualità in relazione ad un’affermazione di un viceministro del Governo Monti, in merito alla misurazione degli anni di studio per i quali uno è più o meno “sfigato”; piuttosto si volga lo sguardo alle tante difficoltà in cui versano migliaia di studenti che in una condizione familiare precaria spesso debbono sbarcare il lunario e poi purtroppo studiare e “crescere” socialmente. Oggi il divario, documentato dall’OCSE, è notevole con conseguenze formazioni di classi sociali per cui il figlio dell’operaio oggi non può elevarsi come qualche anno fa, ma deve “dare una mano”, allungando i tempi della sua formazione e in alcuni casi rinunciare alla stessa!
Ancora oggi, il sistema educativo e di istruzione del nostro Paese, sembra incarnare il paradosso di Zenone tra Achille e la tartaruga. A fronte di una società mutevole presa da ritmi evolutivi ormai improntati alla cibernetica, alla realtà digitale quindi di immediatezza, interfaccia e multimedialità, la scuola si basa ancora su una struttura statica delle discipline e su un sistema di comunicazione e di sintesi conoscitiva autoreferenziale rispetto al “moderno” e all’”attuale” sistema di comunicazione e di modus vivendi.

L’analisi della Fondazione ASTRID individua in cinque punti critici la contraddizione intrinseca al sistema educativo e all’Istruzione che di fatto dovrebbe essere un bene comune, ma che in realtà si configura come un bene di pochi, separato e distante dai contesti educativi sociali, nell’apertura con le realtà territoriali e le altre agenzie educative esterne alla scuola. In questi cinque punti si intravedono le criticità e l’immobilità di questo sistema di istruzione, ma anche le possibili dinamiche soluzioni, per far sì che il sistema educativo sia veramente capace di mettersi al passo con i tempi delle trasformazioni sociali, essere aperto alla sfida competitiva globale e soprattutto trovare i collegamenti più opportuni con il mondo lavorativo e la realtà occupazionale sia interna che esterna all’Italia.
Solo in questo modo l’Istruzione può configurarsi come un bene comune che abbia una ricaduta culturale ed occupazionale nella realtà economica e sociale.
I cinque punti evidenziati sono: la governance, la questione giovanile, la didattica, le risorse umane, le risorse finanziarie.
La governance, che nell’analisi di Bassanini e Campione, dovrebbe avere un ruolo capace di creare un equilibrio tra cooperazione/competizione, e attuare costantemente soluzioni più consone alla cooperazione con un’attenzione maggiore alle esigenze territoriali e contestuali, ai cittadini e alle comunità ripartendo dall’autonomia scolastica e definendo i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), dei fabbisogni e dei costi standard nelle politiche di istruzione e formazione (art. 117 riforma
Tit.V Cost. e Legge n° 42/2009 sul federalismo fiscale).L’autonomia renderebbe possibile l’interfaccia delle scuole con le autonomie locali stabilendo, in essere, il luogo dove verificare i livelli essenziali delle prestazioni per realizzare effettivamente il diritto all’istruzione.

In questo modo lo Stato fissa gli indirizzi e attua il monitoraggio dell’efficacia del sistema. La definizione dei LEP da parte dello Stato è il primo e più fondamentale esercizio della funzione di indirizzo prescritta dalla Costituzione per le scuole, del diritto all’apprendimento, all’integrazione, al monitoraggio e alla valutazione di sistema, agli spazi dell’apprendere, all’accoglienza, alla trasparenza, al curricolo.
Le norme relative ai LEP dell’istruzione regolerebbero quindi:
– il diritto dei cittadini ad un servizio di istruzione aperto a tutti; – gli strumenti di valutazione del servizio che monitorizzino la loro qualità; – la modalità in cui tale servizio va gestito in rete dalle realtà scolastiche autonome delle varie comunità.
Per quanto concerne la Questione giovanile c’è un forte invito ad abbandonare l’approccio predicativo, la spinta a valorizzare le risorse umane favorendo il merito, la serietà professionale, l’impegno.
La possibilità di affrontare l’intervento sul sistema educativo attraverso la relazione con il mondo del lavoro e le occupazioni giovanili, attraverso l’ampliamento del diritto allo studio, il finanziamento dei prestiti per onore ed un tempestivo pacchetto di misure straordinarie per l’accesso di quei milioni di giovani che saranno interessati a questa integrazione magari fra dieci o quindici anni, perché tanto è il tempo che si prevede per l’attuazione di questo nuovo sistema d’istruzione e formazione integrato al mondo del lavoro.
Bisognerà dunque promuovere un nuovo approccio che dovrà coinvolgere tutte le realtà familiari, associative, rappresentative della domanda occupazionale e dell’impresa.
Per questi motivi è indispensabile operare mutamenti significativi nella didattica guardando alle esperienze dei Paesi stranieri, e trovare, nuovi e più stimolanti ambiti dove poter valorizzare la nostra tradizione culturale.
Introdurre Le ICT e abbandonare le strutturazioni e “gabbie” disciplinari, fornire una consapevole alfabetizzazione informatica e la capacità critica delle afferenze delle informazioni ottenute attraverso le interfacce informatiche. In questa mediazione è sempre il “maestro” a conservare quel ruolo di “regia” che guida gli
allievi alla comprensione del sapere digitalizzato ed appreso e a permettere un adeguato adattamento dei saperi appresi con le competenze acquisite e da acquisire, le abilità conquistate e da potenziare o nuovamente acquisite.
Fondamentali saranno i percorsi di orientamento da prevedere soprattutto in tutti gli snodi del sistema di istruzione , ma anche la strutturazione di un valido ed efficace sistema valutativo dell’azione educativa.
Ciò consentirà anche la valutazione delle prestazioni degli insegnanti, questione di fondamentale importanza all’interno del rapporto fra sistema educativo- formativo e di sviluppo e sulla possibilità di monitorare l’efficacia dell’azione educativa.
Il modello didattico va contestualizzato anche alla realtà degli “spazi” e dei “luoghi” dell’apprendere che devono essere funzionali alle nuove azioni educative, capaci di supportare operazioni di simulate in realtà contestuali, alle problematiche vive, alle esperienze di laboratorio, di Problem Solving per fare in modo che la scuola sia “La main a la pate” cioè il luogo in cui apprendere attraverso l’azione, l’apprendimento di abilità progressive, attraverso il confronto, l’apertura, l’interazione per poter attuare il diritto all’ “apprendimento lungo tutto l’arco della vita”. Per quanto riguarda le Risorse è chiaro che per elevare la qualità dell’offerta formativa bisogna aprire la questione delle risorse, individuare quelle aggiuntive al sistema educativo, liberare le risorse finanziare anche chiedendo la partecipazione delle famiglie, gli incentivi privati, e soprattutto trasferire nel territorio il governo responsabile delle risorse.

Ed in fatto di risorse finanziarie la migliore risoluzione è rifarsi alla Priorità strategica degli Investimenti delle spese pubbliche.
Il prezioso contributo della Fondazione ASTRID si configura, nell’attuale dibattito della scuola e dell’istruzione, come un’analisi accurata dei contesti e delle problematiche ma anche in prospettiva di una programmazione mirata alla sperimentazione di proposte e attuazioni delle stesse.
Perché sia davvero un bene comune, l’Istruzione deve assolutamente rinnovarsi di pari passo alle esigenze sociali e giovanili, fornire gli strumenti di un’alfabetizzazione sempre più integrata alle nuove sintesi conoscitive, non più configurarsi come Procuste dei saperi e della tradizione culturale, ma come sistema integrato alle varie agenzie educative aperto e democratico capace di fornire strumenti per la crescita della persona e per lo sviluppo consapevole della società. E
allora l’istruzione assume un significato particolare per la costruzione del nostro Paese Ecco perché si potrebbe concludere con le parole di Mazzini “Senza educazione voi non potete scegiere giustamente fra il bene e il male; non potete acquistar coscienza dei vostri diritti; non potete ottenere quella partecipazione nella vita politica senza la quale non riuscireste a emanciparvi; non potete definire a voi stessi la vostra missione. L’educazione è il pane dell’anime vostre”.

Marianna Scibetta e Antonio Capitano.

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