Avevo promesso a Marco Crestani una risposta. Eccola.
Avvertimento ai lettori: mi sono spinto un pò più in là con le parole. Alcune di queste potrebbero sembrarvi delle vere e proprie parolacce. Secondo me non lo sono, essendo queste, inserite in una – diciamo così – economia del discorso più generale. I tutori del protocollo Internet e Minori sono avvisati.
Cinque anni fa, Ian McEwan ha pubblicato Sabato, tra i migliori dei suoi, un romanzo in cui la scienza si è fatta uomo a simboleggiare tutto ciò che è nobile e merita di essere difesa della nostra civiltà. Henry Perowne, il personaggio principale, non è solo un brillante neurochirurgo, ma un marito e padre amorevoli e uomo d’onore. Nel romanzo, nella scena culminante, un esempio classico in cui McEwan manipola il racconto a suo piacimento, il protagonista deve difendere la sua casa e la sua famiglia contro un criminale che soffre di una malattia degenerativa del cervello. Si tratta di una favola della ragione contro l’irrazionalità, scritta in un momento in cui Londra si stava ancora riprendendo dall’attacco da parte di alcuni fanatici religiosi (islamisti). McEwan permette al suo eroe di trionfare, con la forza ma anche con la compassione. (Dopo aver sottomesso l’intruso che tiene ostaggio la sua famiglia, ricordate?, Perowne va all’ospedale per eseguire una difficile operazione al cranio nel tentativo di salvare dalla sicura morte il criminale.)
Se l’Occidente può produrre un uomo come Henry Perowne, McEwan sembra dire, c’è ancora speranza per per tutti noi.
Che farcene, allora, di una civiltà in grado di produrre un tizio come Michael Beard, lo scienziato al centro del nuovo romanzo di McEwan? Beard è un fisico premio Nobel, che ha dedicato la sua mezza età a risolvere la crisi dei cambiamenti climatici, inventando una nuova forma di fotosintesi artificiale, in breve, un eroe dei nostri tempi. Egli è anche, come McEwan si diletta a mostrarci… un totale bastardo, un bugiardo, un adultero, un ladro, un cattivo cittadino, cattivo padre, e alla fine, come si vedrà, anche un bel cornuto. E, come se non bastasse, anche un mangiatore compulsivo di patatine al sale e aceto. E a questo proposito, “Il trucco”, fa spiegare al protagonista, “è quello di sistemare il frammento (della patatina) sul centro della lingua e, dopo che la sensazione cominci a diffondersi, spingere la patata fino a farla infrangere contro il tetto della bocca. La sua teoria è che la superficie rigida e irregolare delle abrasioni causate dai minuscoli pezzetti contro la carne morbida crea un delicato e caratteristico piacere-dolore “.
Questo è un modo molto scientifico di mangiare le patatine, e un modo molto caratterizzante di come McEwan scrive sul protagonista.
Un pazzo, diciamolo.
Mi viene da pensare a Martin Amis che ha dedicato molte pagine ai suoi antieroi afflitti dal cibo spazzatura,il sesso e l’alcool, come Beard.
McEwan, d’altra parte, non è da meno. Ad un certo punto, quando Beard, appena prima di pronunciare un discorso, divora nove (nove!) panini con il salmone affumicato (“non era ancora il momento di essere affamato ma era in una condizione di pre-fame”) e poi passa tutto il discorso alle prese con i conati di vomito, McEwan si diverte e mi diverte a ritrarlo in quello che sembra essere il ritratto di un miserabile inveracondo schiavo delle sue pulsioni. Per non parlare del pericolosissimo gas che gonfia a dismisura la sua pancia alla ricerca… di una via di uscita, magari con botto.
In tutto il romanzo, Beard ispira questa inquietante miscela di umorismo e di disgusto. . Quando il romanzo inizia, siamo nel 2000 e lui è una figura pietosa. E’ passato un decennio da quando ha vinto il Nobel, per qualcosa che si chiama “Fusione Beard-Einstein”, e all’età di 53 anni, svolge una vita di routine di amministratore scientifico senza prendersi la briga di fingere interesse per il lavoro del Centro per le energie rinnovabili di cui è il capo nominale. Tutta la sua energia va nella debacle del suo matrimonio: sua moglie Patrice intrattiene, senza timore di venire scoperta, una relazione con un costruttore di nome Tarpin per rappresaglia alle corna consegnatele da Beard, come detto, un prolifico donnaiolo.
Il segno più evidente del cinismo di Beard, è il modo in cui egli rifiuta di ascoltare Tom Aldous, un giovane ricercatore presso il Centro che argomenta il suo lavoro con tutta la passione e la brillantezza che egli stesso ha perduto. Aldous è convinto che, mediante la “fusione” di Beard (che McEwan, saggiamente, non tenta di spiegare), può concepire un modo di produrre energia solare illimitata a basso costo.
E’ un segno dell’abilità comica di McEwan che ci fa simpatizzare con l’irritazione di Beard. McEwan ha sempre dichiarato, senza dubbio maliziosamente, la sua predilezione per le scienze nel corso dei suoi studi umanistici. Più avanti, nel romanzo, un flashback ci mostra Beard al college, mentre fa la corte alla sua prima moglie, fingendo un interesse per Milton e scoprire quanto siano più facili le “stronzate” della letteratura che quelle tostissime della fisica.
Ci vuole un lettore attento per rilevare l’ironia di McEwan dentro l’ironia di Beard, e ricordare che questa filippica contro la letteratura è consegnata da un personaggio che, in definitiva, altro non è che una frode intellettuale.
Non desidero rovinarvi la festa rivelandovi i diversi colpi di scena che McEwan vi riserva ritraendo il povero protagonista alle prese dalle trappole personali e professionali che lo circondano solo per ritrovarsi, alla fine, su un punto di calamità e forse anche peggio. I lettori di lunga data di McEwan sanno come è abile a produrre catastrofi a partendo dalle situazioni più comuni, come il modo con cui un mago estrae un coniglio da un cappello.
Per dirla tutta, sembra un’atto di commedia alla Cechov.
I significati che stanno dietro al romanzo di Ian McEwan non sono semplici. La scienza è davvero così separata da quella delle scienze umane, o l’intelligenza dalla bontà, come suggerisce provocatoriamente l’autore? Ma in un romanzo pieno di scherzi e torvo, il succo è che, se la possibilità del pianeta è quello di avere una possibilità di essere salvato, il suo destino potrebbe risiedere nelle mani di un uomo come Michael Beard.
Mi spiace per Marco (e la sua sodale), quindi, ma si è sbagliato.
McEwan mi ha sorpreso ancora una volta, magari con un romanzo meno impegnativo di Sabato ma altrettanto godibile.
Il mio consiglio quindi è di non dargli retta e di correre in libreria a comprarlo.
Per BookAvenue, Michele Genchi
Sarà che ti considero il miglior libraio del mondo, ma cavolo!, hai scritto una recensione con i fiocchi.
Questo è il “sale” (e il bello, forse) della letteratura… Amare i libri (e chi li scrive) e discutere con passione di tutto quello che li riguarda.
Vedrò di leggere McEwan da un’altro punto di vista, proverò a mettermi “dietro” al romanzo. Lo rileggerò, dai.
Comunque, grazie Michele. E’ valsa la pena “stroncare” McEwan per gustare un testo così intenso ed esplicativo. Alla prossima.