In molti modi, Milano esiste come un’idea: un faro di democrazia e lavoro, una pianura di interessi speciali, un concetto amorfo contro il quale i nostri politici amano inveire quando non governano la città, o specialmente quando corrono per ottenere consenso o voti. Non Amo andare a ROMA ma amo tornare qui ogni volta. E ci torno almeno una/due volte al mese. Amo andarci in giro, bere un drink ai giardini di fianco Porta Venezia. Mi piacciono i negozi di via Como. Mi piacciono i concerti: a Bari non viene nessuno e allora che si fa?, si viene a Milano. Ogni scusa è buona.
Il pippone preambolare è per parlare di San Siro. Hanno deciso di tirare giù il Meazza e il mio, lo dico subito, è un intervento a gamba tesa.
Lo stadio di San Sito/Meazza è un luogo reale: legno ed erba, acciaio e cemento, il caratteristico tetto a giro sugli anelli superiori che ricorda un UFO.
Quando la folla grida Inter o Milan, si sente. Eccome. Nel bene e ne male. Quando Barella ha guidato la vittoria l’anno scorso contro la Cremonese con un gol capolavoro le gradinate hanno tremato. Si è sentito fino a Piazza Duomo. Quando Sanè del Bayern dette spettacolo battendo i nerazzurri con quelle due sberle, beh!, il silenzio è stato di tomba ma gli schiaffoni si sono visti.
E poi, vuoi mettere? Il Milan di Pioli, un capolavoro in 5 tappe che vale un campionato: quello della stagione 2022. Un impresa storica. Sono milanista a metà col Bari.
E i concerti?. Un parco giochi pubblico e un palcoscenico. Il Meazza ha ospitato suoni, orchestre e alcune jam session davvero epiche. I Grateful Dead hanno suonato qui e molto nella sola serata italiana. Da Ligabue a Ultimo, hanno concluso a San Siro i loro grandi concerti in adunate epiche.I Pooh hanno chiuso bottega qui.
Nelle afose serate estive e nei freddi pomeriggi autunnali. Tutto era tangibile.
I consiglieri comunali di Milano sono quasi morti in commissione. Per quello che hanno deciso, magari fosse successo!
Dopo un lunghissimo tira e molla, ecco la svolta. Con buona pace di tutti e della mancanza di un “fare” sistema che salvi un patrimonio materiale, per quello che vale in soldoni e immateriale per la memoria storica che nessuno sembra avere. I danè sùn i danè, si dice da queste parti.
La Cattedrale, lo stadio del futuro rosso-ner-azzurro, nascerà nel 2027-2028 e subito dopo verrà tirato giù il Meazza. Dovrà essere abbattuto per fare spazio al progetto dei due club e per una “questione urbanistica”. Si dice: su quell’aerea non verrà solo lo stadio, ma anche uffici, spazi commerciali, e sportivi oltre che nuovo verde fruibile dai milanesi. Ma vergognatevi!; qui l’interesse è solo privato, altro che verde pubblico. Pensano di cavarsela con un giardinetto dato in pasto ai milanesi per poter fare i comodi interessi della politica.
Molti chiedono se il Meazza si possa ristrutturare. No. Non è ristrutturabile. Ma conservabile si, però. Accidenti se lo è.
Il fatto è che buona parte della struttura del Meazza si basi su una costruzione risalente al 1955 lo rende poco adatto a drastici interventi di ristrutturazione, più lenti e più problematici rispetto a un rifacimento ex novo. Ma vale poi la pena tirarlo giù? Per gli interessi di molti si.
E davvero, chi si potrebbe incolpare se non le incapaci testoline delle creature di Palazzo Marino per non farlo restare in piedi? Per 68 anni, Meazza è stato il luogo in cui si riunivano i milanesi e non solo loro. Abbiamo formato amicizie durante i derby checchè e ne dica. Ho trovato un amore ad uno dei concerti e dopo un concerto ne è finito un altro. Ci siamo entusiasmati per la Coppa dei Campioni, abbiamo cantato insieme: da Madonna ai Foo Fighters ai… Pooh e Bob Marley con la Average White band. (Ricordi, Michè?, eravamo ragazzi).
Quindi addio, Meazza. O, speriamo, solo arrivederci. Anche dall’anello in alto, arrivato anni dopo, ma che ci ha sempre tenuti con i piedi per terra.
Andrea Pennella, per BookAvenue