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La mia amica Paola Manduca dice che sono un lettore prevedibile perché amo certi scrittori i cui libri sono quasi a mono-tema e, peggio, certe scrittrici tipo Siri Hustvedt che sono poco immaginifiche e troppo realiste non fosse altro che, nella fattispecie, è pure sposata con Paul Auster. Il che è tutto dire. La verità è che non sopporta il fatto che le abbia fatto comprare “Quello che ho amato” scoprendo, tempo dopo, che l’ho fatto comprare anche molte altre persone. Sono stato un libraio, dopotutto.
Spero allora di sorprenderla e con essa i lettori di questa rubrica invitandoli a cercare altrove storie ordinate e prevedibili. Se invece non vi disturba essere sfidati, sorpresi e forse anche confusi, fate un salto a Primrose Lane. Male che vada non vi annoierete e, conoscendo la mia amica, resterete, e lei con voi, incollati al libro fin dalla prima pagina e non “alla” prima pagina. Per dire quando un libro è di una noia mortale fin dalle prime righe.
La storia comincia con l’assassinio dell’uomo a cui si riferisce il titolo, L’uomo di Pimrose Lane, un recluso che viveva a quell’indirizzo a West Akron in Ohio. Qualche pagina più avanti si’ncontra David Neff, uno scrittore sciroccato (per dire turbato) che vive nei dintorni. Neff ha scritto un saggio di grande fortuna su un serial killer, ma dopo il successo la moglie si è uccisa, e lui ha smesso di scrivere per prendersi cura del figlio. L’editore di Neff lo esorta a scrivere sul delitto di Pimrose lane il quale accetta con riluttanza, quasi per forza e comincia la sua indagine preliminare per stabilire un’interesse “professionale”. Ma più indaga sul crimine più emergono alcune strane coincidenze.
Nessuno sa chi fosse il recluso, ma ha lasciato dietro di sé la prova che sapeva molte cose su Neff e sulla sua ultima moglie, che non avrebbe potuto o dovuto conoscere. La storia procede in modo sempre più assurdo, che sembra incredibile essere autentica.
Capisco che ora volete saperne di più e vi accontenterò solo un pochino perché, in fondo, di un giallo si tratta; ma verrebbe da credere più ad un’autentico imbroglio alla Kafka del Processo. L’autore si diverte a saltare avanti e indietro nel tempo lavorando su diversi piani di scrittura e solleva questioni a cui non risponde immediatamente, ma la qualità delle pagine spingerà Paola Manduca e voi ad andare avanti nonostante qualche perplessità.
Alla fine non resta che prendere atto che la saga di un serial killer si è trasformata in una storia dei viaggi nel tempo. Va bene, ma presto la narrazione diventa sconcertante ( fino a non capire cosa succede e a chi, chi sta facendo cosa a chi). Ma quando la trama porta David Neff in una America indesiderabile sotto tutti i punti di vista, nella quale le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici, il romanzo diventa addirittura terrificante.
Ho sentito un “tumpff!” seguito da un: zcxyawwsasehdjjzna!. Forse la Manduca è caduta indietro dalla sedia.
Per BookAvenue, Michele Genchi
Il libro:
James Renner,
L’uomo di Primrose Lane,
Einaudi Stile Libero
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