La primavera del lupo

   Tempo di lettura: 4 minuti

Marzo 1945, Venezia, San Francesco del Deserto. Pietro, un orfano di dieci anni è ospite di un convento in cui si rifugiano una misteriosa suora due anziane sorelle ebree, fragili e generose, e Dario, un bambino silenzioso che preferisce tenersi le parole nella pancia, ma diventa comunque amico inseparabile e speculare del vivace Pietro … >>

 

Un’imminente ispezione da parte dei nazisti costringe alla fuga i due bambini, Suor Elvira e le due sorelle che nella mente del protagonista sono un goffo e zoppicante tutt’uno di nome Mauriziada. Ad aiutarli ci sono personaggi sfuggenti come il Donnola, il saggio e solido Frate Ernesto e colui che nella mente del protagonista viene chiamato “Lirlandese”, un giovane pescatore analfabeta, intelligente, coraggioso che vive in saggia e totale armonia con il mare, tanto da apparire magico.

Durante la fuga incontreranno più volte i mitra e le pistole dei nazisti che falceranno gran parte della coraggiosa comitiva. I pochi superstiti saranno salvati da un disertore tedesco che si tiene ben stretta una borsa misteriosa.

La vita già sconvolta di Pietro si arricchisce ogni giorno di nuove tragedie, ma il suo sguardo sul mondo non smette mai di essere innocente, attento e penetrante, incantato, canzonatorio e costellato di similitudini e metafore che lo aiutano a riportare alla realtà più immediata i concetti più inafferrabili: la paura che “è di cipria e di ferro”, le bombe che sono “grappoli d’uva fatti di tuoni”, le stelle “un pugnetto di puntine da disegno”, Dio che “è come una pietra”...

Nella mente del ragazzino tutto acquista concretezza perché come scrive Suor Elvira, l’altra voce narrante della storia “a loro modo i bambini – quelli intelligenti – sono tutti degli infaticabili cercatori di senso. Magari si restasse più a lungo con l’energia che hanno loro: l’anima che smette di fare domande è vecchia e brutta, sempre.”

Ma questo senso non vuole farsi afferrare. Pietro ci spiega che:  “Il mondo basta che lo guardi e certe cose sono chiare come una brocca quando ci passa dentro la luce”. Dario, il suo altre ego, dice che non è vero, “perché anche se guardi attento capisci solo quello che si vede, ma le cose che non si vedono sono molte di più, e più importanti” e di nuovo Pietro, come in un’altalena, lo contesta: “… lui parla così perché sa i numeri e quindi crede che contare conta più del mare, che non lo puoi contare e comanda sugli uomini perché è pieno di cose che non diventano vecchie, come i pesci, che nuotano e poi sono morti, ma finché nuotano sono una cosa sola con l’acqua, che non compie mai gli anni, e sono giovani e freddi e forti.”

E così il libro prosegue, con frasi sconnesse dalla sintassi ballerina, da cui sgorga inarrestabile l’assurdità della guerra, la ricerca di conforto, coraggio, comprensione, senso.

Grazie a questa voce narrante giovane e non troppo appassionata agli studi, Andrea Molesini, premio Campiello 2011 con  “Non tutti i bastardi sono di Vienna”,  va  volutamente e divinamente contro ogni regola logica, sintattica, grammaticale come solo i grandi scrittori sanno fare. Quando lo fanno raccontano cose troppo immense per essere capite, ma loro riescono a fartele abbracciare lo stesso, o almeno a mettertele accanto. Un po’ come l’immaginario lupo dagli occhi gialli che accompagna e protegge il protagonista nei momenti di paura. Forse, viene da pensare, i buoni libri sono proprio questo: il nostro animale/amico immaginario che ci viene in soccorso quando siamo di fronte all’inafferrabile.

INFO EDITORIALI

Titolo: La primavera del lupo

Autore: Andrea Molesini

Editore: Sellerio

ISBN: EAN 9788838930546

Pagine: 304

Prezzo indicativo: € 14,00

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