Gli addetti ai lavori se lo sussurravano tra loro: «Il Cento è sempre più basso». Il concetto non è difficile da capire. Prendiamo la classifica dei libri più venduti, assegniamo il massimo valore percentuale al best seller del momento e tutti gli altri si assesteranno di conseguenza. Bene, il punto è che per ottenere la quotazione più alta, da qualche tempo in qua, è sufficiente un numero di copie pur sempre ragguardevole, ma comunque ridotto rispetto a quanto accadeva in passato. Segno che si comprano meno libri o, per essere più precisi, che per i libri si è meno disposti a spendere, come dimostra il recente successo di titoli il cui prezzo di copertina sfiora, senza superarla, la fatidica soglia dei 10 euro. Poteva sembrare un’impressione, forse addirittura un luogo comune. Ora, però, i dati della Rapporto Nielsen commissionato dal «Centro per il libro e la lettura» cancellano ogni dubbio: la flessione c’è ed è misurabile in un dato che appare clamoroso. Nell’ultimo quadrimestre del 2011, infatti, le vendite in libreria sono crollate del 20% rispetto all’anno precedente. Comprare si compra poco, insomma, e regalare si regala meno, perfino a Natale. Ma l’onda della crisi, a quanto pare, è tutt’altro che esaurita, come lascerebbero intuire i dati – per ora non ufficiali – relativi a questo esordio del 2012.
In Italia il libro delinea un ecosistema particolarmente fragile, che poggia su una ristretta base di “lettori forti” (si entra nel club macinando almeno un volume al mese). Basta una contrazione nei comportamenti d’acquisto di questi piccoli eroi e il contraccolpo è immediato e difficilissimo da bilanciare, perché – come osserva Giovanni Solimine nel recente L’Italia che legge – pare che i “lettori medi” non abbiano alcuna intenzione di farsi più intraprendenti, specie in questa fase di incertezza economica. A guardare i dati con attenzione, però, qualcosa di sorprendente c’è. Il 44% degli intervistati afferma di aver acquistato almeno un libro, ma il 49% sostiene di averlo letto. Una contraddizione?
Probabilmente no. Uno degli effetti della crisi, infatti, potrebbe coincidere con la riscoperta delle biblioteche, che a loro volta attraversano una congiuntura tutt’altro che favorevole. Si avverte il peso di mancate scelte del passato, riassumibili nell’assenza di una visione politica complessiva a favore del libro e della lettura. Certo, nell’ambito del ministero per i Beni e le attività culturali è attivo il Centro, che svolge un’eccellente attività di promozione. Ma per rafforzare le biblioteche occorrerebbero investimenti oggi difficili da stanziare, la cui penuria ha portato a situazioni di crescente precarietà. Strutture inadeguate, difficoltà nell’approvvigionamento di nuovi titoli, riduzioni dei programmi di sensibilizzazione. Supplisce, ancora una volta, la società civile, che si manifesta nei modi più imprevedibili, com’è nella sua natura. Si va dal semplice scambio di libri fra amici alle frequentazioni delle biblioteche messe a disposizioni da associazioni, scuole e parrocchie, in un moltiplicarsi di soluzioni in sé fantasiose e utili, ma purtroppo insufficienti per rispondere a quella che ormai appare sempre di più, anche su questo fronte, una crisi di sistema.
La lettura, fortunatamente, non rinuncia al suo statuto paradossale. Davanti a un mondo che barcolla nell’incertezza, il nostro bisogno di capirne di più ci induce, tra l’altro, a prendere in mano un libro. Per studiare o magari per svagarci, perché anche questo è in potere della lettura. Di sicuro, però, la retorica del buon libro non basta più. A servirci sono le buone pratiche. Chissà che non sia questo, in fin dei conti, il terreno da cui partire per tornare a ragionare in termini di bene comune.