La prima volta che ho letto un Haiku (*) mi sono innamorata di questo modo di formare brevi poesie intense e bellissime. Per me un Haiku è un componimento dell’anima, dove non sono necessarie tante parole per creare emozione. È un sentire raffinato ciò che suscita la lettura di un Haiku, come è raffinata la sua semplicità. Per me, leggere una poesia e scriverla, quella poesia, è la differenza tra qualcuno che ti spiega e ti racconta la sensazione del vento sulla pelle e sentire il vento sulla pelle, la differenza tra raccontare le esperienze fatte e fare quelle esperienze: una dimensione parallela dove chi vive e racconta è l’anima.
Sono affascinata da tutto quello che tenta di descrivere e di dare un contorno definito all’anima, e “Il codice dell’anima” di James Hillman è un libro che ho amato davvero moltissimo, e nonostante sia una lettura di un certo impegno vi consiglio vivamente di leggerlo.
L’autore, psicologo e filosofo junghiano, in questo libro ci racconta che esiste qualcosa, in ciascuno di noi, che ci fa essere quello che siamo e ci fa fare quello che facciamo. Dice Hillman: “A chi non è mai capitato di fare una cosa davvero irragionevole, di chiederti perché hai fatto una cosa così avventata, per scoprire poi che era la cosa giusta da fare? Se esiste questa forza potrebbe chiamarsi vocazione, chiamata, carattere. Se esiste, è la chiave per leggere il “codice dell’anima”, quella sorta di linguaggio cifrato che ci spinge ad agire ma che non sempre comprendiamo. Viene definito Daimon, il demone, e ognuno di noi ha il suo personale Daimon. Venne chiamato genius dai latini, angelo custode dai cristiani, animale di potere dagli sciamani, e Daimon dai greci, ha tanti nomi ma è sempre lui”. Demone, perché non è una presenza amorevole che ti sostiene e accudisce sempre: lui a volte può farti male, farti stare anche peggio, creare continui intralci e problemi alla tua vita, creare in te malattie, depressione, situazioni sgradevoli. Hillman ipotizza che il Daimon deve farlo, è la sua missione. E’ venuto al mondo con noi, quando siamo nati, e farà di tutto e userà qualunque mezzo per riportarti sulla via tracciata per te, per farti compiere il destino per cui sei qui adesso. Se non siamo felici, oppure se siamo ammalati e pieni di problemi, è perché siamo semplicemente molto ma molto lontano dal quello che è stato ipotizzato per noi, per essere pienamente realizzati.
Secondo l’autore la nostra anima ci parla con un codice ben definito di segnali e di piccoli incidenti, o fatti che possono passare del tutto inosservati se non si è avvezzi a leggere il codice. Interessante quando ci spinge a cercare nei nostri bambini piccoli i primi cenni, le prime avvisaglie dell’intervento del Daimon.
Hillman, invece di illustrarci casi clinici a supporto delle sue teorie, ci mostra la vita di personaggi famosi decodificandola con il codice dell’anima: Hitler, Judy Garland, Woody Allen, Gandhi e molti altri. Attraverso la loro esistenza, le loro scelte ed il loro destino che si compie, Hillman ci mostra come agisce il Daimon e ci indica il codice, ci evidenzia i passaggi chiave delle vite di questi personaggi famosi per familiarizzare con la sua teoria.
Per me, noi esseri umani siamo composti in parti uguali da un cervello (che si nutre con lo studio e la curiosità di osservare tutto quello che ci circonda), da un corpo (che si nutre praticando uno sport che ci appassiona), da un cuore (che si nutre di empatia e riconoscimento delle emozioni che sentiamo) ma anche da un’anima (che si nutre con ciò che la bellezza declina in tutte le sue forme: dall’arte alla musica al teatro passando per il cinema e i libri e quello che ci suscita meraviglia).
E lei è l’unica parte di noi alla quale non sappiamo dare una forma, ne sappiamo che aspetto ha e neppure qual è il suo posto nel nostro corpo: sappiamo per certo dove si trovano lo stomaco e il cuore, le mani e gli occhi, ma qual è il posto dell’anima, quello proprio no.
Io credo che non abbia una sede fissa perché è itinerante nel corpo e che segua le nostre emozioni: se stiamo parlando con intenso trasporto allora si posiziona nella gola, se ci si commuove migra negli occhi, se stiamo facendo l’amore si accoccola sulla pelle.
Ma so per certo che lei, l’anima, quando riposa si ferma sempre nello stesso punto del corpo, e questo punto è diverso per ognuno di noi. Come si fa a sapere qual è? E’ semplice: è il nostro punto debole, quello che tendiamo a proteggere, lei, l’anima, dorme e sogna proprio li.
Ed una volta percepita, l’anima, non si può evitare di sentirla. Se non esistesse, in noi mancherebbe qualcosa, rimarrebbe il segno con attorno la polvere, come quando sposti un oggetto rimasto li per anni.
Smettere di percepirla e di ascoltarla è come cercare di impedire ai fiori di diffondere il loro profumo nell’aria.
Semplicemente, non possono smettere di farlo.
per BookAvenue, Marina Andruccioli
.
Questo pezzo è stato scritto ascoltando “Sei nell’anima” di Gianna Nannini
(*) ndr.
Il termine originario è antico; alcune fonti parlano di Waka. E’ del XVII secolo, invece, il termine Hokko. Il termine Haikai no ku più moderno è di fine ‘800 fornisce la definizione che tutti conosciamo riferita ai componimenti della poesia giapponese. Il significato più immediatamente riferibile è al rinnovamento della vita e ai processi trasformativi con si misura. Stati d’anima, dunque, e natura sono le forme illuminanti che il poeta fissa in soli tre versi e brevi more (unità si suono).
Fonte: AA. VV. Poeti giapponesi. Introduzione. a cura di M.Teresa Orsi, Einaudi ed., 2020
Il libro
James Hillman
Il codice dell’anima
Adelphi