Memorie dal Calabozo

   Tempo di lettura: 5 minuti

“𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑎 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑎. 𝑄𝑢𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐’𝑒̀ 𝑟𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑒, 𝑛𝑜𝑛 𝑐’𝑒̀ 𝑑𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑒𝑡𝑡𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑐’𝑒̀ 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛 𝑑𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑎𝑝𝑖, 𝑢𝑓𝑓𝑖𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑟𝑜𝑛𝑜, 𝑚𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑐𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎”.

Ci tengo a pubblicizzare questo libro poco noto, che mi ha toccato l’anima. Sono molte le Memorie che raccontano il dominio dell’uomo sull’uomo. Questa mi chiamava da tempo, per via del mio interesse di antica data per il Sudamerica, ma ho aspettato molti mesi a comprare il libro, spaventata dal contenuto. Invece, ho scoperto una gemma di dignità, pace interiore, profondità e bellezza.

Dal 1973 al 1985, i due scrittori e guerriglieri uruguayani del Movimento di Liberazione Nazionale Mauricio Rosencof e Eleuterio Huidobro vengono rinchiusi in due “calabozos”. Si tratta di celle di isolamento di un metro e venti per un metro e venti, studiate per spezzare lo spirito e portare alla pazzia. A pochi metri da loro, anche lui isolato in privazione e silenzio, c’è un altro prigioniero: Pepe Mujica, poi presidente dell’Uruguay.

Usciti di prigione, i due scrittori scoprono che la follia portata loro dalla prigionia scompare e imparano nuovamente la quotidianità. Decidono di mettere nero su bianco un “canto alla vita” e scelgono di farlo tramite una chiacchierata fittissima che è narrazione orale e a tratti poesia. Le loro voci si confondono, tanto che non è mai possibile distinguerle dal principio alla fine. La prigionia è raccontata per eventi, minuzie, pensieri, dettagli e fatti storici, in un fiume di memoria e poesia scritta nell’aria. 

Nei loro discorsi c’è l’esplorazione della relazione tra responsabilità collettiva e individuale nelle dittature, l’analisi dell’uso della parola nei sistemi di potere piccoli e grandi – 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑢𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜, 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑛𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑟𝑒, 𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑖 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑎 – e la descrizione minuziosa del pensiero dell’Esercito quando questo è dedito all’annientamento dei dissidenti. 

Sopra ogni cosa, c’è la protezione della dignità della vita umana. Rosencof e Huidobro parlano, come se fossero una sola anima, dell’architettura della speranza e dei confini a cui giunge la resistenza umana. Non vi è mai proiezione di un’idea del sé, né nascondimento. Ci sono due esseri umani isolati e torturati in silenzio, due intellettuali a cui si cerca di spezzare lo spirito e che inventano, in risposta, una parola essenziale. Questa parola è un graffio preciso sul muro, che produce un rumore preciso in un giorno preciso e quel graffio, il 25 dicembre, non potrà che voler dire: “Buon Natale”. 

Ecco che allora, dal silenzio, la parola diventa alfabeto e un lievissimo cicaleccio di pietre diventa lingua segreta. Per tutto il libro scorre un discorso sul confine tra realtà e fantasia e su come valicarlo non per perdersi, ma per restare vivi. 

𝐸𝑟𝑎𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑎𝑡𝑡𝑎𝑐𝑐𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑙’𝑒𝑑𝑒𝑟𝑎 𝑎𝑙 𝑚𝑢𝑟𝑜. 𝐴𝑡𝑡𝑎𝑐𝑐𝑎𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑜𝑑𝑒𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑙𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑙𝑢𝑠𝑎: 𝑙𝑎 𝑡𝑒𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑟𝑎𝑔𝑛𝑜, 𝑙𝑎 𝑓𝑢𝑔𝑎𝑐𝑒 𝑖𝑛𝑐𝑢𝑟𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑢𝑛’𝑎𝑝𝑒, 𝑙𝑎 𝑣𝑜𝑐𝑒 𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑜. 𝐿𝑒 𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑢𝑏𝑖𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑖 𝑚𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛’𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒. 𝐴 𝑞𝑢𝑒𝑙 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜, 𝑠𝑡𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑑𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑖𝑙 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑚𝑖𝑡𝑒 𝑛𝑜𝑖. 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑐𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑜𝑛𝑒𝑚𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑎𝑐𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑐𝑎𝑟𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑙𝑎𝑏𝑜𝑧𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑠𝑢 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 “𝐴𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑞𝑢𝑖 𝑠𝑖 𝑙𝑜𝑡𝑡𝑎”, 𝑠𝑡𝑎𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎.

Il libro:.

Silvia Belcastro

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nda. (Da queste memorie è tratto il film “Una notte di 12 anni”)

Il libro:

Eleuterio Fernàndez Huidobro, Nauricio Rosencof
Memorie dal calabozo
pp.319, Iacobelli editore 2009

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Gli autori:

Eleuterio Fernàndez Huidobro, nato in Uruguay, è stato uno dei fondatori e dirigenti del Movimento Tupamaros. Arrestato, fece un lungo periodo di prigionia. Giornalista e scrittore, è Ministro della Difesa nel suo Paese
Mauricio Rosencof, nato in Uruguay, è stato dirigente del Movimento Tupamaros. Arrestato nel 1973, fu liberato nel 1985. Scrittore, drammaturgo e giornalista, dal 2005 è assessore alla cultura per il Municipio di Montevideo. Solo nel 2008 appare la prima traduzione in italiano di una sua opera: “Le lettere mai arrivate”.
(dal sito di Iacobelli editore)

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