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Le tesi di Zygmunt Bauman sono un punto di riferimento del pensiero occidentale contemporaneo. Il Disagio della postmodernità, pubblicato da Laterza, fornisce una panoramica dei temi sul postmoderno, ne valuta le possibilità e i pericoli del pensieroe sviluppa idee su come una rinnovata lettura dei meccanismi che stanno alla base di questa trasformazione epocale, può rendere la società più consapevole dei problemi, delle sue insidie, dei suoi limiti e più creativa nel lavorare a soluzioni eticamente accettabili ed economicamente sostenibili.
Un orientamento riflessivo corre lungo tutto il libro che affronta temi su come capire l’individuo postmoderno, come affrontare la connessione di conoscenza del potere, come parlare la lingua che il mondo parla e come disfare i bagagli della modernità. Il Disagio della postmodernità riassume tutto il pensiero di questo straordinario pensatore permettendo al lettore di avere un vasto sguardo, non solo filosofico e sociale, su molti temi: dall’estetica all’etica, dai problemi politici ai quelli di ordine morale.
Forse è uno dei testi meno facili di Zygmunt Bauman ma certamente quello di più larghe vedute. Fortemente consigliato a chi desideri dotarsi di forti strumenti per guardare con maggiore chiarezza quello che accade nel mondo, il libro integra idee e teoria con il lavoro sul campo e supporta lo sviluppo di metodi di ricerca con un margine interpretativo assai acuto. Tuttavia, a causa della profondità degli argomenti, il testo può risultare molto denso e d’impegnativa lettura. Anche se i saggi contenuti in questo testo parlano di temi diversi tra loro, sono accomunati da un elemento: vi è un costante confronto dialettico tra ciò che è stata la modernità e ciò che è la postmodernità.
Se, come postulava Freud nel Disagio della civiltà, la società moderna assalta la libertà dell’uomo reprimendo la sua espressione sessuale, l’era postmoderna può dirsi distintiva dall’individuale ricerca di felicità a scapito della sicurezza. La società ha sostenuto per secoli i concetti di bellezza, purezza e ordine, e ora una nuova visione del mondo emerge con l’individuo come elemento del suo nucleo. Corroborato da argomentazioni di pensatori come Foucault, Emannuel Levinas, Hans Jones e Richard Rorty, Il Disagio della postmodernità esplora coraggiosamente questa nuova era affrontando temi come: la post modernizzazione della sorveglianza e del controllo sociale, fili spesso assai sottili che tengono insieme moralità, etica e libertà; la teoria artistica ed estetica contemporanea fino alle complesse associazioni tra solidarietà, differenza -intesa come alterità- e quindi l’idea dell’altro.
Sostenendo che ognuno di noi ha più bisogno di ciò che ci manca di più, Bauman afferma che la libertà senza sicurezza non assicura maggiore felicità della sicurezza senza libertà. In questo volume assai complesso il grande intellettuale cerca un equilibrio tra i due argomenti, spostando decisamente la misura del mondo postmoderno a nostro favore (cercando le ragioni degli individui, intendo). “Abbiamo osservato che la situazione postmoderna, più che aumentare il volume totale della libertà individuale, la divide nuovamente, polarizzandone sempre più le attribuzioni: cresce notevolmente la libertà nei liberi consumatori mentre diminuisce o sparisce del tutto la libertà di autodeterminazione della gente esclusa dal festino dei consumi”.
Pulizia di sistema.
Una delle cose che già dal secolo scorso il capitalismo ha fatto per garantirsi salari più bassi a favore di accumulazione di capitale più elevato, è stato quello di creare un esercito di disoccupati destinandone altri a fare per tutta la vita un solo lavoro. Il punto è che questo esercito di riserva, prima o poi doveva essere impiegato. Era ed è inimmaginabile l’idea che una parte della popolazione mondiale passi l’intera vita senza avere un lavoro ma, a pensarci, sembra essere ancora il paradigma di oggi. Siamo feriti da una esistenza segnata dalla mancanza di lavoro o con una precarietà lavorativa mortificante per le vite a tal punto, da rimettere in moto gli effetti migratori già visti a inizio secolo scorso.
La società postmoderna ha una diversa nozione di pulizia. Cose strane e contraddittorie stanno accadendo nel nostro mondo. Per alcuni -i ricchi, per capirci- non esiste essenzialmente lo stato-nazione. Si muovono nel mondo a loro piacimento e si considerano cittadini del mondo. In questo senso sono come le merci e il denaro. E, se pure nel nostro mondo piccolo-borghese ci indigniamo quando ci impongono qualche forma di restrizione sulla nostra libera circolazione, figurarsi i detentori di potere economico. Conseguenza per la quale abbiamo creato cose come l’Accordo di libero scambio o il club del G20 esattamente nello stesso momento in cui sono state erette enormi recinzioni per tenere i messicani fuori dagli Stati Uniti o il tappo in Libia per fermare chi fugge dal sud del mondo. “Gli stati-nazione esistono solo per i poveri”, dice l’autore.
I poveri oggi non sono più un esercito di riserva; sono le persone che hanno perso il reddito, i consumatori falliti, cittadini senza diritti di cittadinanza. Sono quelli tagliati fuori dai processi di produzione vittime della delocalizzazione industriale o dell’economia digitale. Dove una volta dovevamo prenderci cura di queste persone perché un giorno sarebbero servite, ora non c’è alcuna possibilità che esse siano più necessarie. Non è solo una questione di Welfare: sono sporcizia in tutti i sensi – e quindi da biasimare per le proprie situazioni. Questo è il motivo per cui viviamo in uno stato post-welfare: non possiamo più permetterci queste persone. Li confiniamo ai margini escludendoli da noi e noi al riparo da loro. Per farla breve, nessuna inclusione insomma: abbiamo bisogno di essere protetti. Per la nostra stessa protezione dobbiamo rimuoverli con la forza, costringerli nei ghetti, costruire recinti per tenerli fuori. Ai nostri occhi malati, appaiono come criminali, alienati, pigri ed egoisti.
Non è questo un ricorso della storia? Il Comunismo e il Fascismo-Nazismo sono state ideologie moderne. Fondamentalmente, entrambi i regimi erano (preoccupati e) molto occupati a fare pulizia intesa come perseguire le comunità anti-sistema. C’erano due cose che potevano fare con gli oppositori (ebrei e antifascisti per i fascisti, anti-comunisti per i comunisti e via dicendo), potevano incorporarli nella società controllandone le vite in parte coercitivamente, o vomitarli del tutto. Per capirci, il confino del domicilio per gli antifascisti o la galera, i campi di sterminio nazisti, i gulag e le “purghe” sovietiche, erano esempi di quest’ultima strategia. La difesa della purezza della razza o classe sociale erano gli obiettivi di lungo termine. A questo proposito cito Cynthia Ozik(*) presa a riferimento da Bauman, che dice: “La soluzione finale nazista era una soluzione estetica, un ritocco d’artista per correggere un difetto; l’eliminazione di un qualcosa che guastava l’armonia del quadro”. Trovo una analogia con Jean Baudrillard, uno degli intellettuali più radicali postmodernisti, che scrisse con largo anticipo che ci si apprestava a fare i conti con la seconda rivoluzione: quella del XX secolo, della post-modernità: l’’immenso processo della distruzione delle apparenze.
Finisco. Guardando come stiamo trattando un tema come l’immigrazione e le agonie che stiamo causando, trovo quasi impossibile credere che l’Europa sia diventata così priva di ogni parvenza di compassione e inefficace di parlare riferendomi alla questione palestinese e al martirio di quel popolo.. Questo è un libro che regalerei ai nostri leader attuali per quanto sono al di là di qualsiasi aiuto possa venire da un libro del genere. Guarda la strana coppia (**) che ha governato il nostro Paese messa assieme dall’opportunismo più che dal superamento del parlamentarismo così come lo abbiamo conosciuto e ai nuovi arrivati (***)cosi certi delle loro ragioni a tal pnto da avviare una cancel culture che non ha precedenti nel nostro paese. Sembra incredibile che l’individualismo post ideologico abbia preso il posto di una società risorta dalle ceneri della guerra con la sola forza della solidarietà. Mi sembra di capire invece che pochi, anzi pochissimi, siano disponibili al sacrificio di interessi individuali per il bene di tutti mentre Papa Francesco sembra il solo rimasto a gridare al mondo la richiesta di pane per i poveri.
Per quanto oggi, cito ancora il libro,” non occorre più difendere la libertà del singolo dimostrando il vantaggio sociale che ne deriverebbe. Casomai sia la società a legittimarsi dimostrando i servizi resi alla libertà del singolo”. La civiltà, quest’ordine artificiale imposto sul disordine naturale è un baratto, un compromesso sempre rimesso in questione e volta a volta rinegoziato.
per BookAvenue, Michele Genchi
ndr.
* I lettori di questo articolo cerchino “Lo scialle” di Cynthia Ozic, un toccante racconto ambientato nell’inenarrabile storia dei lager.
** mi riferisco al governo gialloverde, naturalmente.
***mi riferisco al governo attuale
Il libro:
Zygmut Bauman,
Il disagio della postmodernità,
Edizioni Laterza.
ed.2018 pp.354
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