Elizabeth Strout fa parte di una generazione di scrittori americani che, per fortuna, continuano a scrivere coinvolgente e appassionante letteratura.
Olive Kitteridge è stato definito “un romanzo di racconti” perché ognuno dei tredici racconti che lo compone è indipendente rispetto all’altro (la sua struttura è insolita, ma il messaggio è penetrante).
Leggetene uno a caso e avrete una fotografia istantanea della vita costiera del New England nei dettagli attraverso un particolare e ricercato gioco di luci e ombre (combinato con sentimento struggente e poetico).
Effetti collaterali dell’amore quando finisce
Rema arriva a casa, ma suo marito, Leo Liebenstein (uno psichiatra newyorchese) è convinto che quella donna non sia sua moglie. Fisicamente è identica in tutto e per tutto alla donna che ha sposato, ma Leo dentro sente che la sua Rema non è lei.
Leo non si lascia ingannare e risponde alle domande della donna chiedendosi al tempo stesso dove sia veramente finita Rema (per lui quella donna è un simulacro, un surrogato di Rema). Mentre i sospetti si fanno sempre più ossessivi, comincia a spiarla alla ricerca di un qualsiasi indizio che possa smascherarla e aiutarlo a scoprire dove in realtà si trova la sua vera moglie.
Immenso Roberto Bolaño
“2.666“, capolavoro postumo dello scrittore cileno Roberto Bolaño, si presenta come una compilation di pezzi di varia lunghezza. E’ però un’opera “sinfonica” in cui Bolaño non racconta una storia coerente, ma è più interessato alla ricerca e allo sviluppo di temi.
Un’opera “immensa” di stupefacente ambizione espressamente composta di cinque libri distinti tra loro che differiscono, a volte in modo molto sottile, non solo nel tono e nel timbro, ma anche nel genere (Bolaño gioca con i generi), saltando dalla satira accademica al thriller psicologico.
Matto o santo folle?
Ogni libro di Ian McEwan è una lettura obbligata, se non altro per godere della sua notevole capacità narrativa. “Solar” è di sicuro un buon romanzo, ma, secondo il mio punto di vista, non è affatto un grande romanzo.
E’ una storia surreale su una delle più gravi minacce al nostro mondo come il riscaldamento globale e, a differenza di qualsiasi suo scritto precedente, è dichiaratamente comico.
Gelide scene d’inverno
“Gelide scene d’inverno” è uno di quei libri difficili da descrivere. L’ho letto più volte, ma ci trovo delle cose nuove ogni volta che lo riprendo in mano.
Ann Beattie ha descritto nei suoi libri un intero spaccato della società americana e lo ha fatto con ironia trattando della confusione e della disillusione di un’intera generazione, quella tra i ’60 e i ’70 (è nata nel 1947).
La carta e la realtà
Perché “la carta e il territorio”? Perché la carta è più interessante (e più ricca di vita) del territorio è la lampante rivelazione di Martin Jed, l’artista protagonista del nuovo romanzo di Michel Houellebecq, Premio Goncourt 2010.
Perché la rappresentazione della realtà è più eccitante della realtà stessa…
Jed Martin è un artista di successo, ma poco socievole, imparziale, indifferente a ricchezza e celebrità. Un uomo che fissa i fatti su tela, dice, registrando ciò che c’è.
Strani oggetti coperti di pelo che spezzano il cuore
La scrittura di Barthelme (“scrivi di ciò che hai paura” diceva spesso quando era docente di scrittura creativa presso l’Università del Texas) è stata spesso paragonata a quella di Barth, Pynchon, Vonnegut…
Si può dire che una manciata di moderni scrittori americani hanno plasmato l’arte del racconto e sono Ernest Hemingway, Katherine Anne Porter, JD Salinger, Raymond Carver, oltre a Donald Barthelme, il più sorprendente e quello più fuori dagli schemi del lotto. Ma anche il più divertente. Colui che ha portato il surrealismo e il dadaismo mainstream nella narrativa americana.
L’acciaio era il cuore
“Ruggine americana” di Philipp Meyer è un laconico, spesso agghiacciante ritratto della vita americana. Un romanzo sul sogno americano perduto e sulla disperazione per la sua perdita, una storia piena di speranza dolente in cui si avverte forte un profondo rispetto per la lotta e il coraggio così necessari per andare avanti.
E’ la storia di due giovani, legati a una città dalla responsabilità e dall’inerzia che sognano un futuro oltre le fabbriche e le case abbandonate di Buell in Pennsylvania dove un tempo c’erano solo acciaierie e adesso c’è una crisi che li schiaccia.
Una storia in apparenza semplice
Come Paul Auster si svegliò una mattina da sogni inquieti e si trovò trasformato in un cane… sembrerebbe (ma non lo è) l’incipit giusto per un racconto come “Timbuctú“, una storia apparentemente semplice narrata dal punto di vista di un cane.
Auster è conosciuto come uno scrittore a cui piace sperimentare, mettersi in gioco. Forse per questo è uno degli autori più originali e meno prevedibili.
Chi ama la sua scrittura liscia come la seta riconoscerà in “Timbuctú” alcuni temi familiari come la natura della solitudine e della memoria, il padre perduto e il figlio abbandonato, il confronto tra l’individuo e il vuoto…