Londra 1910. Loro, Alice, Margaret e Bessie, sono tre donne avanti con l’età e senza troppe attese di mettere al mondo la progenie che le famiglie si aspetterebbero. Tutte e tre vivono sole, hanno lavori diversi e appartengono a quella categoria medio-bassa in un’epoca di fine periodo Vittoriano in cui la parola “zitella” conteneva un misto di disprezzo e commiserazione, che fa di loro prede facili del primo mascalzone che bussa alla porta.
Secondo le cronache del periodo, leggo, “…a ventitré anni erano in età da marito, a venticinque erano già considerate zitelle, a trenta avevano accantonato ogni aspettativa di matrimonio” Alcune ricorrevano ai giornali facendo leva sulla questione patrimoniale con inserzioni tipo “ Giovane orfana 22 anni con 450 sterline in contanti. Dicono che sono molto carina, e non sono mai andata a passeggio con uomo, ma vorrei, perché mi sento molto sola. Vorrei sposare un vero gentiluomo, con un impiego regolare, che non beva o giochi alle corse, ma disposto a comprare con il mio danaro,una casa graziosa e confortevole. Un uomo alto e serio”. (dal libro)
Poiché l’uomo è considerato “superiore” , il matrimonio e il suo successo è affidato alla loro capacità di sottomissione. Le escluse sono condannate a propagandare l’emancipazione come unica alternativa dall’esclusione dalla dinamica sociale di quegli anni. Le suffraggette sono alle porte. Sarà per questo che si lasciano sedurre dal primo che capita. Un tipo brillante, dotato di gran capacità di seduzione. Loro non sono belle: lo sanno. E sanno che l’occasione potrebbe essere l’ultima. Di qui i matrimoni lampo; prima l’una e a distanza di tempo, l’altra e poi l’altra ancora.
Tutte e tre hanno condiviso la dote, anche a dispetto dei riottosi congiunti, con il futuro marito.
I matrimoni non sono lunghi e felici. Anzi. Sono letali e brevi per le tre donne. Tutte e tre finiscono annegate nelle loro.. vasche da bagno: luoghi di morte anzitempo per le sventurate. Ad accorgersene e a stabilire una connessione tra le vittime è il poliziotto Arthur Neil prima tra i due ultimi casi e, scavando, anche per il terzo, riesce ad individuare e catturare il presunto assassino: George Smith, un uomo che, sotto diverse identità, ha sposato Alice, Margaret e, Bessie.
Le prove di Neil, non sarebbero sufficientemente congrui da inchiodare l’assassino all’inevitabile destino di condanato, ed è qui che entra in gioco il vero protagonista delle cronache di quegli anni e del racconto; il libro stabilisce, infatti, un filo tra cronaca e storia. Il tizio è l’antesignano dei moderni Scarpetta e dei CSI, il primo anatomopatologo attribuibile alla letteratura. Il quale irrompe nella scena del processo con le indagini scientifiche a supporto di quelle investigative. Il magnifico Spilsbury, appunto. L’inventore della moderna medicina legale. Spilsbury, l’allora considerato il vero Sherlock Holmes di letteraria memoria in quell’epoca decadente spazzata via dalla prima guerra mondiale di lì a breve. Le pagine in cui l’Autrice mette assieme le indagini post-mortem del medico, con cui smonta n pezzo alla volta l’eloquenza dell’avvocato della difesa, sono efficaci e danno al libro una certa esaltazione verosimile alle pagine dei quotidiani del periodo.
Il libro non è romanzo né giallo. E’ piuttosto un resoconto di cronaca nera di quel tempo e del clamore che produsse e, anche, della società inglese di inzio secolo. Mi è capitato di imbattermi in letture dello stesso genere: Il caso Bruneri Canella, in Italia (ma dopo la prima guerra) fece altrettanto clamore, al pari di Martin Guerre nei paesi di linguadoca nello stesso periodo. Per chi volesse leggere le cronache, i libri relativi sono stati pubblicati, anche loro, da Einaudi con i titoli: Lo smemorato di Collegno per il primo e Il ritorno di Martin Guerre, per l’altro.. Come questo, sono molto belli da leggere.
Per BookAvenue, Michele Genchi
Jane Robins
Il Magnifico Spilsbury
Einaudi