gaza
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L’Olocausto è l’esempio per eccellenza della malvagità umana per i popoli occidentali. Nel resto del mondo, soprattutto nel Sud, l’atrocità dell’Olocausto – il genocidio – ha avuto una prossimità temporale e spaziale più vicina. Il colonialismo in Africa, le guerre distruttive in Asia e, più recentemente, il genocidio in Medio Oriente, ha plasmato la vita di miliardi di persone.

Sono ben consapevole delle lunghe provocazioni portate avanti da Israele, incluso il blocco di Gaza dal 2006, che ha trasformato la Striscia in un vasto campo di concentramento a cielo aperto e che ha portato all’eruzione a quella che Norman Finkelstein chiama correttamente una “rivolta degli schiavi”, da parte dei palestinesi intrappolati all’interno. Dopo la risposta dell’Idf al massacro di duemila israeliani per mano di Hamas il 7 ottobre, molte delle persone che hanno provato a sfondare le barriere di sicurezza per fuggire, e morendo per questo, non erano probabilmente mai uscite dalla striscia di Gaza in tutta la loro vita.

Tempo fa, scrivendo di Zero K di Don DeLillo, l’autore che più ha interrogato le forme e il contenuto del nostro tempo, ho parlato di romanzo panoramico: che esplora, cioè, quello che il mondo racconta con la sua epica. Una tradizione che vanta un nutrito elenco che porta i nomi di Roth, Pynchon, McCarthy e Wolfe. Una passione civile di cui è pervasa anche la nostra letteratura che ha affrontato temi storici, sociali, politici e morali, legati alla storia del nostro paese e al destino della sua gente. Parlo di Elsa Morante, di Domenico Rea, di Pasolini, di Giacomo Debenedetti. Ogni pagina del nuovo libro di Gianfranco Longo, Gaza. L’altro olocausto, appena pubblicato dai tipi de Il Poligrafo, rende conto dell’immane dramma del popolo palestinese.

Come in una cronaca di guerra, il romanzo di Gianfranco Longo dà voce a Tariq, un’adolescente in fuga verso il mare nel tentativo di allontanarsi dal rumore sordo della guerra: “nella vana suggestione di continuare a vivere”, come dirà più avanti. I suoi pensieri chiariscono fin da subito sia la ferocia di Hamas contro il suo stesso popolo che l’oppressione violenta di Israele. Due crudeltà sulla pelle della popolazione civile palestinese.

Il feroce attacco del 7 ottobre contro i civili israeliani sottolinea da una parte il progetto di Hamas di procedere verso la distruzione di Israele, ma anche il rivelarsi un’organizzazione terroristica contro il suo stesso popolo. Anzi, divenendo il più crudele dei suoi aguzzini.

Il cammino di Tariq verso il mare richiama il cammino di salvezza dall’olocausto nucleare che compiono i due protagonisti del celebre romanzo “La strada” di Cormac McCarthy. La devastazione è uguale ma la realtà di Gaza è lontana dalla distopia del romanzo del grande autore americano. Tariq ragiona del martirio del suo popolo e della sua terra, “territorio a nolo della guerra”.
La guerra illude chi la provoca e chi da essa vi si difende accecati dall’abbaglio della giusta causa, dice in maniera sacrosanta Gianfranco Longo per il tramite di Tariq. Oggi, si assiste all’”espianto di una popolazione” e nel silenzio generale la barbarie di un progetto di eliminazione fisica di chi vive nella Striscia.

Tariq ricorda le persone care. Tra questi Rashid, un punto fermo per molti della sua comunità. Più avanti, nel libro, l’autore fa parlare Saeed, addetto all’ascolto di chi diverrà cittadino di Hamas. Ma il carattere brutale di Hamas sta nell’addomesticamento alla guerra contro Israele, e la perdita di sé a riprova, dice Longo, “della condizione di indeterminatezza” di coloro i quali vi cui erano sottoposti. L’autore chiarisce fin troppo bene il nomos della guerra che, per bocca di Rashid, si riassume: “La libertà è il regno della guerra, questa è l’unica libertà percorribile per tutti coloro integrati nel regime di Hamas”.

Gaza

L’altro olocausto

è la cronaca della vita quotidiana di un popolo…

al tempo del le bombe.

L’olocausto palestinese è il prevedibile epilogo del progetto coloniale d’insediamento di Israele. Ci sono paragoni diretti tra i punti di vista del governo israeliano e la “Grande Menzogna” americana: ieri con le armi di distruzione di massa irachene, oggi con la legittimazione dell’invasione della Striscia che presenta la guerra contro Hamas come una guerra santa e come tale presentata dai media occidentali.

“Israele è stato fondato in gran parte su menzogne”, ha detto invece Chris Hedges, inclusa, secondo lui, “la menzogna secondo cui furono gli eserciti arabi a dare inizio alla guerra del 1948 che portò Israele a impadronirsi del 78% della Palestina storica”. Il dibattito pubblico israeliano è contagiato dal razzismo al punto da tollerare il piano generale del governo Netanyahu per il “ebensraum” di Gaza” lo “spazio vitale”.  Una parola orrenda: un termine carico degli echi dell’espansionismo nazista alla vigilia dell’assalto alla Cecoslovacchia in nome dei Sudeti. Uno “spazio vitale”, del tutto intenzionale.

Gaza , L’altro olocausto è la cronaca della vita quotidiana di un popolo al tempo delle bombe. Nel cammino verso la salvezza, Tariq si ciba di quello che trova, dorme nascosto tra le macerie dei palazzi crollati. Da Hamas. Da Israele.

Israele ha abusato, umiliato, impoverito e ucciso arbitrariamente i palestinesi. È il motore di un secolo di spargimenti di sangue. Il genocidio di Gaza supera anche i peggiori eccessi della catastrofe che vide quasi un milione di palestinesi cacciati dalle loro terre nel 1948 e quindicimila uccisi in massacri da parte di milizie terroristiche sioniste come Irgun e Lehi. Oggi, il massacro peggiore è forse quello del campo profughi di al-Shati. È stato attaccato un camion che trasportava taniche di acqua da distribuire. Tra le persone accorse, ancora una volta, tanti bambini. I morti e i feriti sono stati caricati su un furgone, unico mezzo a disposizione per raggiungere gli ospedali. È stato preso d’assalto ma lo spazio non bastava per tutti.  

Il sentimento con cui si commemora il trentennale di Srebrenica è il lavacro disincantato di chi, seduto sul trono dell’indifferenza, oggi come allora, guarda da lontano eventi che non gli appartengono. Il protagonista, per mano del suo autore, denuncia chiaramente l’ipocrisia di quel lamento con cui l’Occidente si auto-assolve dai sensi di colpa e che consente alla sua politica di continuare a dormire.

Quell’opinione pubblica che finge di non vedere l’Idf mentre spara ai civili in coda per prendere cibo.

La percezione del rapporto dell’Occidente con Israele sono al centro dell’attenzione del libro che approfondisce, per il tramite di Tariq, l’allineamento al silenzio della politica occidentale che autorizza il bello e cattivo tempo sui territori palestinesi. Mentre Hamas ha perso il controllo della situazione, gli ostaggi rimasti in vita sono oggetto di scambio al pari dei palestinesi tra i due fuochi. 

Finisco. Le mutevoli dinamiche di potere nel mondo impongono alla società civile che la narrativa del Sud del globo e sulle atrocità subite non possa più essere ignorata e che il genocidio di Gaza sia il fulcro attuale della questione. Grandi parti del mondo hanno una memoria culturale, una memoria storica delle atrocità inflitte in quelle parti dalle potenze occidentali. Questo ha contribuito a creare la loro identità collettiva. Ed è così che si vedono nel mondo che giustifica, nel caso di Israele, i suoi leader e sfruttano questa narrazione legando la sicurezza e l’esistenza dello Stato di Israele alla difesa contro i mali dell’Olocausto. In altre parole, lo Stato sfrutta la sofferenza di milioni di persone a beneficio dei potenti dell’Occidente. Le parole di politici come Netanyahu, la retorica in assoluta malafede di persone come Trump, insistono sul fatto che nessun ebreo al mondo è al sicuro se Israele non lo è. Ed è questa malafede che a Gaza uccide prima ancora che le bombe cadano sulle persone.

Non vi dirò se Tariq è arrivato al mare. Non vi dirò se è morto di stenti e ingoiato dalla guerra. E Rashid con lui.  

Il libro di Gianfranco Longo sorprende per la normale quotidianità con cui restituisce il massacro di civili, fronte di un’esperienza che oltraggia la ragione e dilania la carne di chi legge. Questa storia è fin troppo vera per essere solo un romanzo.

per BookAvenue, Michele Genchi

fonti:

Kirkus, A genocide faretold ,
NYT, Plan to Indefinitely Displace Palestinians Threatens to Derail Gaza Truce ,
Times, More than 30killed in shooting near Gaza AID center,
NYT, How Netanyahu Prolonged the War in Gaza to Stay in Power,
Caroline Elskin, Legacy of violence, 2023 Vintage pbs


il libro:

Gianfranco Longo,
Gaza. L’altro olocausto,
Il Poligrafo,
ed.2025 pp.120


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