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Librerie, il libro di Jorge Carriòn, inizia con un riferimento: quello al “Mendel dei libri” dal celebre racconto di Stefan Zweig che riaffiora più e più volte nelle pagine del saggio uscito tempo fa per Garzanti. La storia del libraio che sapeva tutto e dava consulenze da un banchetto in strada, unitamente a diversi altri racconti letterari, sono la storia collettiva di un mestiere e di persone declinabile nella figura di un individuo cui molta gente ambisce diventare.
Il tratto distintivo che caratterizza tutto il libro, è quanto l’esperienza della visita in queste librerie sia stata un memorabile luogo di destinazione e conseguente materiale di racconto da parte di Carriòn raccolte in un catalogo immaginario: quello che esse rappresentano. Faccio un esempio facile per farmi capire: come se una persona qualsiasi coinvolta nella filiera della vendita del prodotto editoriale va a San Francisco senza visitare la libreria di Ferlinghetti casa della beat generation: La City light; o a NYC senza fare una capatina da Strand…
Tuttavia, per quanto Jorge Carriòn abbia una predilezione del tutto evidente verso la carta stampata fino a quasi diventare un’operosa ossessione, confesso la sorpresa di essermi trovato di fronte ad un intellettuale con una forte conoscenza della complessità della letteratura senza avere la sindrome dell’accademico (di quelli che pontificano il proprio sapere), ed un patrimonio di letture articolato e ampio che affiorano nel racconto a tal punto, da riuscire a guidare il lettore in un meraviglioso parnaso di personaggi e storie letterarie che fanno da filo di Arianna attraverso le vicende legate alle più significative librerie di tutti i continenti.
Seguendo questa logica ha quindi senso di parlare di una libreria a Tangeri (a Tangeri!!) come una delle sue più belle esperienze, luogo di passaggio dei protagonisti della beat generation e di lì, le altrettanto straordinarie librerie parigine come la Maison des Amis des Livres (fondata nel 1915), e la prima Shakespeare and Co – non la seconda, quella che tutti conosciamo, sul lato opposto della Senna di fronte a Notre Dame, aperta da George Whitman nel dopoguerra -. Tappe obbligate queste Tangeri-Parigi, per i viandanti della rivoluzione culturale che fecero di Parigi la loro naturale capitale.
Ancora. Nel libro si parla della famosa libreria di Charing Cross Road al numero 84, a Londra, il cui fiammeggiante proprietario per un bel po’ di anni, ha rifiutato di usare telefoni, calcolatrici o registratori di cassa, la cui storia è stata resa ancora più celebre dal libro di Helene Hanff.. (Ci sono stato a quell’indirizzo pur sapendo che ci avrei trovato uno Starbucks: quello del caffè. E’ stato quasi un pellegrinaggio verso una storia che conoscevo). O del più grande labirinto di libri in Europa conosciuto con il nome Foyles che occupa un’intero isolato nella stessa strada. E che dire della Bertrand di Lisbona, la più antica del mondo (fondata nel 1732) ancora attiva anche se non nello stesso angolo andato distrutto nel terremoto del 1755? Carriòn racconta pure la sua sorpresa, nel continente australiano dove, superando il tradizionale connubbio libreria-caffetteria, un paio di librai di quelle terre lontane si sono inventanti una nuova “associazione” con la…birra. Loro, si chiamano Angus & Robertson.
Ma queste storie di nomadismo librario contengono pagine sorprendenti come quelle che raccontano di “Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII, lettore del “Mein Kampf” di Hitler e convinto dell’opportunità di non includerlo nel Index dei libri non graditi alla Chiesa per non fare infuriare il Fuehrer.
E’ abbastanza vera la considerazione che fa’ Carriòn, come questo lavoro che deve essere guidato da entrate sufficienti per farne sopravvivere l’esistenza compresa quella professionale dei proprietari, dietro un’apparente indifferenza economica, a volte incarna più intensamente e primariamente il frutto di una passione per questa arte che per la cura dei sacrosanti interessi personali; quasi che l’opera del libraio e la sua dedizione alla professione sia segnata a tal punto quasi a farne il proprio ineludibile destino.
Ma le pagine, non contengono solo il racconto di un autentico pellegrinaggio nelle molte librerie che l’autore ha compiuto; questo libro è pure la realizzazione di un progetto a lungo termine a testimonianza del fatto che alcune di queste botteghe non esistono più o non esistono più come l’autore le conosceva. Parla del contesto sociale in cui nascono e si sviluppano; come questi luoghi di carta si sono integrati nella geografia delle loro città e di come hanno fatto da spina dorsale alla vita culturale che hanno generato, spesso anche all’insaputa della loro redditività economica. Il libro parla di famiglie, di librai e delle saghe, dei loro rapporti con i clienti spesso amici, e le loro relazioni con gli autori, (che sono i lettori – che sono clienti – che sono amici…etc etc).
Questo non significa che le librerie descritte siano una celebrazione di nostalgia di un mondo inesistente e non una sola volta ho letto qualcosa sull’odore della carta (anche se la polvere è, invece, citata più volte: vero Romano Montroni?). Tante, troppe volte, ho desiderato passare per alcune delle porte dei locali descritti Carriòn: qualche volta mi è pure riuscito. La lettura mi ha ricordato il momento di spaesamento e di animo sopraffatto tra i tavoli e scaffali di alcune di queste. Come dimenticare la meraviglia (mia e della mia libraia preferita) entrando oltre la porta di legno della Shakespeare and Co? E’ capitato lo stesso a Porto, in Portogallo, nella Livraria Lello e poi lo spaesamento trai i chilometri di scaffali da Strand all’Est Village a NYC, ma pure nella libreria Pessoa a Ferrol in Galizia (non citata o visitata, questa, dall’autore).
Se questo libro fosse stato un libro illustrato o una guida turistica o se le poche fotografie incluse tra le righe non fossero state stampate in sobrio bianco e nero così come si rivelano mentre la pagine scorrono, o fossero state spettacolari come quelle che girano su Internet, penso che avrei amato meno questo libro come invece è accaduto. Il merito di Jorge Carriòn è di aver scritto con cognizione di causa, con puntualità, con conoscenza, con mestiere e con il giusto punto di narrativa che suggerisce il filo di un racconto che scivola fino alla fine. Come Harold Bloom che dimostra una conoscenza enciclopedica dell’arte dello scrivere, solo quando si è finito di leggere questo saggio e abbiamo letto le più di 30 pagine di riferimenti che ci sono, scopriamo che si è trattato, in fondo, di un’antologia di un sogno erotico. Bello.
Consigliato ai lettori, naturalmente, ma anche a tutta la gente del libro.
Per BookAvenue, Michele Genchi
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ndr. questo articolo è stato pubblicato su questo sito il 15 ottobre 2018.
Il libro:
Jorge Carriòn,
Librerie,
Garzanti edizioni
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