Podcast. Storia minima del Soul, vol. 1. Sam Cooke

   Tempo di lettura: 5 minuti

Oggi è fin troppo facile apprezzare il pop, in specie quello di alcune straordinarie interpreti, mi riferisco a Beyonce, Alicia Keys, la stessa Anita Baker, tanto per fare tre esempi facili facili. Mi sono interrogata spesso sulle origini del blues e ripromessa di auto-guidarmi alla scoperta di qualche autore con l’aiuto di qualche libro e della mia enciclopedia su due gambe: il mio due di coppia, che è venuto in soccorso con un paio di dischi dalla “sua collezione privata” di: Otis Redding, Wilson Pickett, e ultimo, Sam Cooke (chiama così la raccolta di dischi che tiene separatamente da altri: una sorta di Sancta Santorum della collezione jazz di casa!).

 

Sono le storie di vita di questa gente a sorprendermi ogni volta. Non sapevo, per esempio, che Wilson Pickett è quello di “Vorrei la pelle nera” interpretato da Ferrer; o che ha partecipato a ben due edizioni del Festival di Sanremo: il primo con Fausto Leali, il secondo con un giovane cantante dal nome poco conosciuto allora, Lucio Battisti.

Alle origini di Otis Redding c’è la Chiesa Battista: c’è sempre una Chiesta in queste storie! Divenne una celebrità della sua comunità, ma fu un chitarrista blues: un certo Jonny Ed Jenkins, rimasto sconosciuto per sempre, a fare di Otis Redding, Otis Redding! Ed è stato rivalutato solo perché un certo Jimi Hendrix disse del suo ispiratore. JJ morì di crepacuore e vi racconterò perché.

Ma è Sam(uel) Cooke che è ricordato come il fondatore, il grande padre della moderna Soul Music. Ho cominciato ad ascoltarlo, promettendomi poi di succedere agli altri. Lo disco subito: il suono, il ritmo è un pò diverso da come me lo sarei aspettata senza per questo impedirmi di innamorarmene al primo tocco. Jerry Wexler, uno dei grandi dell’Atlantic records, parlava di lui come il più grande cantante di tutti i tempi. JW è quel tizio che ha detto a muso duro a George Michael di smettere di fare canzonette e di dedicarsi al suo talento! (e, a vedere come è andata, l’ha ascoltato!)

Il disco che ascolto fino allo stordimento è: A change is gonna come. Il mio duo mi riferisce che, pur essendo stato registrato, Sam Cooke non vedrà il disco da vivo che uscirà un’anno circa dopo la sua morte. Il “pezzo” fu, negli anni sessanta, un inno dei movimenti per i diritti civili. A change is gonna come ispirò il famoso disco di Bob Dylan, Blowin in the wind. L’album è Ain’t that good news e a cercarlo si fa molta fatica: mi ha ricordato il vecchio negozio, oggi chiuso, dove il mio socio in amore l’ha comprato. Il tizio, ricordo, aveva una pancia enorme, effetto delle numerose birre quotidiane; forse l’ho già raccontato altrove; mi scuso, nel caso. A change is gonna come è stata cantata da una sacco di gente compreso Al Greene la cui versione è molto, molto nota. 
Bellissimo. La felicità non è vera se non posso condividerla con nessuno (non ricordo chi l’ha detto).

Anche Sam Cooke ha una Chiesa Battista e un padre Ministro della Chiesa nelle sue origini. Siamo alla fine degli anni 40: Charles Cook è quel pastore che “introdusse” i canti gospel come accompagno dei (suoi) sermoni. La storia della musica ha i suoi ricorsi. Da Clarksdale, nel Missisipi, la famiglia si trasferì a Chicago in cerca di migliori condizioni economiche e i giovani fratelli Clarke (lui e le due sorelle di ben sette) formarono un gruppo di canto gospel. Agli inizi “aprivano” le messe del loro genitore. La carriera vera e propria verrà anni dopo, da adolescente nei Soul Stirrer. Badate bene: come i greci hanno dato i natali al mondo occidentale (e a noi in particolare), i Soul Stirrer sono i progenitori di tutti i gruppi di canto in circolazione. Tutto è cominciato da loro. Il metodo, allora, rivoluzionario era che due componenti del quintetto “conducevano”, alternati dal controcanto degli altri. Ne più ne meno di quello che vediamo fare, oggi, anche da ragazzini sporchi di latte dal nome 1direction e, prima di loro, dalle scimmie parlanti dei Take That che hanno arricchito miserabili strimpellatori come Robbie Williams, che non sono neanche l’ombra di Sam Cooke! (ma è una mia spietata impressione!).

Sam Cooke è mancato nel ’64 ma dischi come quello che segue, oggetto di questo articolo, Chain Gang, Bring it on home, Twisting the night away, You send me, sono sopravvissuti fino a noi. Ascoltandoli mi sono ricordata dei Platters, di quel periodo, che piacevano molto a mio suocero. Ho scoperto finalmente le origini dell’educazione al jazz di mio marito.

Da You Tube, A change is gonna come (e che altro?) buon ascolto e alla prossima.

 

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3 commenti

  1. Davvero un modo “casalingo” (e per questo molto bello, per me) di parlare di musica. r.

  2. Francesca Schirone

    Ma no. Ha solo un attaccamento maniacale a certi dischi. per Kind of blue potrebbe commettere reati. Ciao caro Fabrizio F.

  3. hai un marito malato di nervi! Soccia! Non c’è dubbio.

    fabrizio

I commenti sono chiusi.