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L’architettura è arte poetica poiché all’interno del rapporto tra progetto e costruzione si consumano le relazioni tra disegno e materia, bisogni individuali ed esigenze collettive, tessuto urbano e singolo e di ciò, necessità materiali e istanze spirituali.
Poli complementari di questioni antiche, ci permettono di volta in volta di affrontare problemi immutati nel tempo ed esigono da una parte la ciclica verifica delle soluzioni consolidate, dall’altra lo scoprire necessarie evoluzioni e alternative attraverso la sperimentazione che ogni singola costruzione offre al progetto. Intrecci sottesi ad ogni manufatto, che l’homo faber va tessendo all’interno del proprio programma culturale,innervando così il processo compositivo dei significati nascosti che inevitabilmente portano con sé tutti gli espedienti e i dispositivi che l’umanità ha “scoperto” o “inventato” per conoscere e spiegare la realtà: il numero, il simbolo, il mito, oggetto di rappresentazione nella formula del rito, esplicitano il rapporto tra mondo terreno e mondo delle idee nell’arte del costruire.
La comprensione di questo aspetto dell’architettura, sfuggente ad una lettura categorica, nonostante sia avvertito quale parte integrante e distintiva della disciplina, diventa indispensabile per interpretare l’opera all’interno della cornice culturale di appartenenza. Senza allontanarsi dalla realtà della costruzione, abbiamo cercato di individuare una corrispondenza tra gli elementi della composizione e la logica della struttura narrativa riferita all’abitare nella sua accezione più alta, quella che la descrive come tratto distintivo dell’essere umano, legata indissolubilmente alla semplice ed eterna necessità dell’uomo di possedere una casa. Se l’abitare è il discrimine delle azioni umane rispetto al naturale, il manufatto corrispondente è quello su cui lavorare per inquadrare la questione negli aspetti primordiali, elementari.
A dirla con il puntuale elzeviro del libro “Dalla crisi del modello abitativo come un luogo chiuso e sicuro separato dal mondo esterno, alla nascita della società di massa, il pensiero filosofico non cessa di riflettere sul nuovo modo di stare al mondo dell’uomo contemporaneo e di analizzare i molteplici aspetti in cui si esprime il suo sentimento di spaesamento, di sradicamento derivato dall’irruzione del nuovo spazio urbano della metropoli, fonte di alienazione e di solitudine”
All’interno dell’infinito panorama dell’umano abitare, abbiamo scelto una particolare categoria, la casa d’artista. L’intellettuale che immagina e pensa la costruzione della altrui dimora come propria, la progetta e la realizza, rappresenta un caso unico in cui i rapporti reciproci tra committente, progettista, progetto e costruzione sono sovrapposti quasi coincidendo in un’unica persona. Questa condizione lascia avanzare l’ipotesi che, in queste architetture, si realizzi la perfetta aderenza del programma costruito al programma culturale in cui è inscritto. In altri termini vi è la massima riduzione del compromesso, lasciando venire alla luce una chiara visione dell’idea e del suo realizzarsi, eliminando al contempo il problema dello scegliere in funzione della casa o dell’artista che l’ha voluta. Le città, le loro periferie, non hanno che da godersene.
per BookAvenue, Andrea Penella

il libro:
Roberto Morani
Lo spazio dell’abitare e la genesi della metropoli nel pensiero filosofico da Kant al Novecento.
Orthotes editore
ed.2022, pp.216
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