Se tutto rischia di morire, che almeno il filo della vita di questo luogo possa arrotolarsi e srotolarsi attraverso le sue parole” pensò l’Annina in quelle giornate di nuova solitudine – e se proprio un filo c’era, nelle sue storie, allora le sembrò che narrarlo fosse il solo scopo di tanta vita. Così scriveva Ugo Riccarelli ne Il dolore perfetto a sottolineare il potere salvifico della parola e del racconto “Credo fortemente nella forza della narrativa, del raccontare come esigenza anche proprio ancestrale, fisica delle persone. Il raccontare e raccontarsi. Raccontare le proprie storie minute, che incollate una assieme all’altra formano poi la Storia”. Raccontare storie è stato per Ugo Riccarelli uno straordinario strumento per tenersi attaccato alla vita già dal suo libro d’esordio, Le scarpe appese al cuore, una sorta di diario del periodo in cui fu sottoposto al trapianto di cuore e polmoni. E cucire la vita e cucire le storie è diventata la cifra caratteristica della sua scrittura insieme alla capacità di rovistare nella Storia attraverso le storie dei singoli, delle persone più semplici.
Ugo Riccarelli, nato nel 1954 in Piemonte da famiglia toscana, esordisce nel 1995 nella narrativa con Le scarpe appese al cuore, trasfigurazione letteraria della storia autobiografica di un malato a cui trapiantano cuore e polmoni, un tema che riprende nel 2011 con Ricucire la vita.
Al primo romanzo seguono Un uomo che forse si chiamava Schulz (1998), Stramonio (2000) e L’angelo di Coppi (2001).
Nel 2004 vince il Premio Strega con Il dolore perfetto, affresco corale di storie di varie generazioni.
Insieme a Marco Baliani scrive il testo teatrale La Repubblica di un solo giorno (pubblicato in forma di romanzo nel 2011) sulla rivoluzionaria avventura della Repubblica romana.
Nel 2012 pubblica L’amore graffia il mondo, candidato nel 2013 al Premio Campiello.
E’ morto a Roma il 21 luglio 2013.
(da raiedu)