Gianni Celati, uno dei più influenti scrittori italiani, non c’entra nulla con le chiacchiere, le ipocrisie e le invidie del rumoroso panorama letterario nazionale contemporaneo. “Ma non è per tenermi lontano da un mondo che sento lontanissimo che da 25 anni vivo lontano dall’Italia”, chiarisce il Premio Viareggio 2006 con “Vite di pascolanti” (Nottetempo). Negli ultimi anni il 74enne narratore, traduttore (al momento è impegnato in quella, per Einaudi, dell’ “Ulisse” di Joyce), docente di letteratura inglese, regista (tra gli altri, del conturbante documentario “Case sparse. Visioni di case che crollano”) ha concesso poche interviste. Si capisce subito perché: “Il rischio è sfociare nel pettegolezzo. E le grandi dittature del ventesimo secolo sono nate dalla riduzione di ogni pensiero sul vivere e sul morire proprio a slogan e pettegolezzi. Da qui nascono le masse telecomandate, ed è quello che sta avvenendo nell’attuale dittatura finanziaria”.
Gianni Celati. L’Italia? Un Paese di senza vergogna


Senza ombra di dubbio Wynton Marsalis è il jazzista più famoso degli ultimi anni. Salito alla ribalta durante gli anni Ottanta con il movimento degli “Young Lions” si è subito imposto all’attenzione di critici e case discografiche con il suo quintetto che si ispirava a quello di Miles Davis della metà degli anni Settanta. Cresciuto musicalmente a New Orleans, tra esperienze scolastiche e insegnanti di tromba, fino a diciotto anni, si trasferisce subito dopo a New York per studiare musica. Nella Big Apple viene subito notato dal batterista Art Blakey che lo fa entrare nei Jazz Messengers. Nel 1981 lo chiama il pianista Herbie Hancock e lo porta in tournèe con il suo quartetto.
“… A noi piace stare quassù
In Francia la battaglia dura già da mesi, in Italia invece ha inizio solo adesso, con il lancio pubblico della pietra dello scandalo: si tratta del libro “Crepuscolo di un idolo – Smantellare le favole freudiane”, nuovo saggio al vetriolo del francese Michel Onfray (Ponte alle Grazie editore). L’idolo da buttar giù dal piedistallo è nientemeno che il padre della psicanalisi, Sigmund Freud: un’impresa epica, forse più complicata che far sloggare Gheddafi dalla Libia, cui poteva accingersi solo un filosofo libertario, mediatico, provocatore, amante del ring e della rissa, come Onfray: un intellettuale da sbarco che nel corso di una rapida carriera ha già sistemato il Padreterno (“Trattato di ateologia”) e in blocco la sua stessa materia (“Controstoria della filosofia”).
Dio c’è e, senza peccare di apostasìa, è sceso in terra sotto le mentite spoglie di Keith Jarrett. Questo straordinario uomo e compositore, pianista e (udite, udite) clavicembalista nato ad Allentown (Pennsylvania), negli Stati Uniti l’8 maggio 1945, è considerato tra i più importanti pianisti jazz viventi.
“… « Sei dolcissimo » disse la mamma a Ben mentre facevano una passeggiata nei campi verso sera « sei dolcissimo e tanto carino, non c’è nessuno al mondo come te! »