Nove storie sull’amore

“… Una bambina aveva trovato un uccellino. Chissà forse era stato un temporale a farlo cadere dal nido o forse aveva perso la strada e si era perso d’animo, come capita anche alle persone.
La bambina, che da tempo voleva un giocattolo bello e vivo come l’animale, l’aveva raccolto, pulito, era andata a scavare dei vermi nella terra per dargli da mangiare, gli aveva fatto un letto di paglie secche e, infine sulla testa gli aveva messo un tetto, proprio come quello che aveva lei […]
Un giorno l’uccello trovò la finestra aperta e prese il volo. Ritrovò l’odore di quando pioveva, le ombre di mezzanotte e quelle del mezzogiorno […]
« Casa! »  gridò allora e la bambina che non aveva mai sentito la sua voce, scoprì che l’uccello scappato cantava. Cantava così bene che dentro di sé sentì il cuore scappare dietro all’uccello. E invece di piangere, chissà perché, fu contenta … “ (p
ag.16) [segue ]

Stato di clandestinità

C’è qualcosa nell’aggettivo “clandestino” che irrita il mio concetto di civiltà. Quando la clandestinità si riferisce a persone, abbiamo tutti tristemente chiaro che cosa significhi: cittadinanze di pochi, diritti solo per alcuni e nascondimento e persecuzione per tutti gli altri. Ma non siamo abituati ad associare la condizione di clandestinità all’informazione, anche perché nei paesi civili non esiste l’informazione clandestina: dove c’è la democrazia tutta la stampa è legittima e circola liberamente. Anche la Costituzione italiana suggerisce il medesimo concetto nell’articolo 21, quando sancisce che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Non si comprende come in base a quel principio possa ancora esistere nel nostro ordinamento giuridico l’assurdo reato di “stampa clandestina”, risalente al 1948, che sottende invece l’idea che esistano esercizi d’informazione legittimi e altri che invece non lo sono.