Per la libertà si può sacrificare tutto, anche la vita. Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, il nomade Amangheldy fresco sposo di Ainagul’ col figlio Kudai in fasce, nell’ Asia centrale in fiamme tra l’avanzata dell’Armata rossa ad ovest e dei cinesi ad est, lascia al sicuro la famiglia e ingaggia col destino una lotta eroica e disperata per difendere il suo popolo. Assieme al compagno e amico Kamdam, in uno scenario fatto di violenza e sopraffazione, percorre le tappe dell’inevitabile tragedia impegnandosi in una guerra personale contro il barbaro invasore, tenendo in scacco per cinque anni la potentissima Armata rossa: così rinuncia a salvare se stesso mettendo al primo posto l’onore della sua gente.
Tradito da due disertori, infatti sarà fucilato assieme a Kamdam. Dopo ‘L’amico di Stalin’ vincitore del premio Cuneo, Nereo Laroni, consigliere regionale del Veneto ed ex sindaco di Venezia, col romanzo ‘Il profumo dell’erba’, si conferma scrittore dalle forti connotazioni umane e sociali, trovando un’esemplare sintesi tra lo sfondo naturale delle steppe asiatiche e i fatti devastanti della storia, per lanciare il suo il messaggio antitotalitario di libertà. Un elogio appassionato e coinvolgente. E in questo viaggio, narrando una storia d’amore e morte, come contaminato da una venezianità senza frontiere, segue il filo d’Arianna delle avventurose piste tracciate da Marco Polo con la preparazione dello studioso che conosce l’evoluzione politico-istituzionale di un’area complessa e inquieta come l’ex Unione Sovietica. Tra lacrime e sangue, in un intreccio di culture che oggi appaiono sempre più vicine all’Occidente globalizzato, là dove si incontrano turchi e slavi, mongoli e cinesi, Laroni ci racconta la storia del partigiano anticomunista Amagheldy e della sua famiglia, con un finale ‘apocalittico’ a sorpresa che riguarda il figlio Kudai, ricco esule in America e il cui ritorno in patria ‘per annusare il profumo dell’erba’ sarà fulminante. Giuliano Ramazzina