Mille petali di emozioni

foto ©marinaandruccioli
   Tempo di lettura: 6 minuti

Quando stavo decidendo se mandare o no la mia prima recensione a BookAvenue, mi sono messa a riflettere sul perché volessi mettere in mostra la mia anima. Perché, è proprio di che questo si trattava.

Ho pensato che, solitamente, quando vogliamo farci un’idea di un libro, leggiamo la “quarta“ di copertina, gli elzeviri di calviniana memoria o cerchiamo di saperne di più in rete. Volevo però offrire ai lettori di BookAvenue qualcosa di diverso della mia semplice opinione su quel tal libro: volevo scrivere anche delle mie emozioni.

Continuando la riflessione sul decidere se prendermi il rischio emotivo di avviare questo tipo di collaborazione, ho pensato quale necessità mi avesse spinto, tempo addietro, a soddisfare la stessa urgenza attraverso una mostra fotografica che mi permettesse di unire le mie due grandi passioni: la fotografia e la scrittura. Volevo offrire ai visitatori le mie emozioni attraverso un modo che le persone sensibili raramente attuano: esporsi.

Con coraggio, attraverso quelle immagini, ho messo sulle pareti di quella sala quello che mi aveva colpito, interessata, emozionata sia attraverso delle immagini della natura che attraverso le parole: quegli attimi in cui la luce crea piccole magie sulle foglie, tra le onde e, in alto, sulle nuvole. Che è poi quello che cerco di scovare ogni giorno nella mia quotidianità: notare quello sprazzo di luce mi serve per trasformare questo costante dolore emotivo che vivo in qualcosa di bello e piacevole, e quest’alchimia che trasforma il dolore in qualcosa di utile, ho voluto provare a infonderla, a insufflarla anche tra le righe delle mie recensioni.

Com’è stato possibile? Beh!, ho parlato di alchimia non a caso: grazie alla mia sensibilità, che nella vita di tutti i giorni è più un limite che un valore aggiunto, ho provato a trasformare pesanti sacchi in cui si raccoglie sabbia per proteggermi e tenermi ben ancorata a terra in leggero elio per gonfiare e far librare la mongolfiera su cui sono salita per questa avventura con BookAvenue.

Ebbene si, confesso, nella vita di tutti i giorni sono una persona sensibile. Anzi, come ci definisce Federica Bosco nel suo libro: “Mi dicevano che ero troppo sensibile”, sono una persona altamente sensibile.

Cosa significa? E’ presto detto. La maggior parte degli esseri umani usa la parte sinistra, quella analitica e razionale per filtrare gli stimoli esterni, mentre noi HSP (High Sensitiv Person), non usiamo il cervello per filtrare il mondo ma tutto passa attraverso il cuore; il nostro cervello comunica attraverso le emozioni.

Siamo come i mancini costretti a vivere, lavorare, interagire in un mondo creato per i destrimani. Ce la facciamo, certo, ma ci sentiamo sempre fuori luogo, diversi, fuori sincrono e mai, mai avvertiamo di far parte di quel gruppo cui appartiene il resto della popolazione che si muove sentendosi a proprio agio per il mondo con quella naturalezza e apparente sicurezza a noi sconosciuta.

Si, perché noi persone a pelle sottile, non siamo solo sensibili, siamo altamente sensibili, e questo implica che sentiamo tutto così spietatamente forte da lasciarci a volte senza difesa alcuna.

Federica Bosco, rifacendosi tra gli altri aspetti anche agli studi della psicoterapeuta americana Elaine Aron, ci parla di quel 15-20% della popolazione mondiale che usa il cervello destro, quello emotivo, per decifrare e filtrare l’immagine che ognuno di noi dà al mondo.

Noi che fin da piccolissimi ci rendiamo conto di non essere come gli altri e che non ci hanno dato nessuno strumento per capire che andiamo benissimo anche così, ci arrendiamo alla paura. Pur di non essere rifiutati e abbandonati ci adattiamo al mondo, fingendo di essere quello che non siamo, zoppicando e prosciugando le nostre energie e non riuscendo mai, purtroppo, a essere come gli altri. Con il risultato di sentirci infinitamente soli e incompresi.

Questo libro, finalmente, ci mette l’animo in pace con la nostra caratteristica genetica, perché di questo si tratta, ma anche un enorme, intenso e liberatorio senso di sollievo.

E non è solamente una piacevole lettura: è un manuale per capire chi siamo e come possiamo usare il nostro superpotere, una guida alla sopravvivenza ma anche una cartina di tornasole per chi vive a fianco di una persona altamente sensibile.

Infine, questo libro sarà sicuramente di aiuto per i fortunati genitori di un figlio molto sensibile. Riconoscerne precocemente i tratti nel nostro, lo farà fiorire per la naturale tendenza dei ragazzi di levarsi verso l’alto, e gli darà gli strumenti per vivere felicemente, ed emotivamente controcorrente.

Da quassù dunque, a bordo della mia mongolfiera, e grazie anche a quello che ho imparato da questo libro, continuerò a scrivere di emozioni.

Le stesse che la vista di mille petali di margherite sanno suscitare.

Per BookAvenue, Marina Andruccioli


Il libro:
Federica Bosco,
Mi dicevano che ero troppo sensibile,
Vallardi editore,
ed. 2020 pp.240


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