Di fronte a letture significative, prendo appunti come facevano i nostri nonni: perché ho problemi neurologici e di memoria; perché è una sfida creativa; perché è una crescita. Sono consapevole di tracciare solo il mio piccolo viaggio di lettura e per di più nell’istante, ma mi piace condividerlo per ascoltare le esperienze di altri. Qui, però, c’è un libro molto al di là della mia cultura e della mia comprensione, che ha fatto nascere in me riflessioni inquietanti.
Alle porte delle elezioni, un logo raffigura una fiamma che ritorna e ravviva antiche braci, come passioni sopite. Accanto alla fiamma, un manifesto di identica violenza assimila la camicia nera al rifiuto di un farmaco. Sulla stampa, la dissidenza cade in pericolosi moralismi e semplificazioni. Nel mezzo, leggo “La Stella Nera” di Tlon (a 100 anni esatti dal 1922) su consiglio del caro amico Gianpaolo e mi accorgo che i significati di questo oscuro dialogo con il subconscio collettivo non sono così rintracciabili come sembrano.
Anzi, sfuggono forse anche a coloro che li evocano, così come sfugge il fuoco: con una brama di incendio.
Magia, esoterismo e inconscio collettivo nella storia del primo novecento, nel Sogno Americano, nel fascismo, nel nazismo e nella politica internazionale contemporanea: Gary Lachmann non crede alla metà di quello che dice, ma la suggestione è necessaria. “La stella nera” è uscito nel 2018 e in molti l’avranno letto: nel 2021 ha vissuto una seconda stagione dopo l’attacco a Capitol Hill e oggi ne vive una terza, per via dell’esigenza di comprendere i simboli, le ideologie e i protagonisti della guerra.
È una carrellata appassionante di esoteristi, ideologi e movimenti del pensiero occulto ottocentesco, affiancata a un’analisi della loro influenza sulla politica internazionale. Ai due poli ci sono Trump e Putin – Bannon e Dugin – ma il vero protagonista mi pare un macro-pensiero esoterico, una pulsione che anima una selva di personaggi e ideologi per due secoli: la volontà di spingere il mondo verso un’epoca di post-verità (dove tutto è possibile, perché niente è vero) e verso una guerra totale (ai poveri).
Lachmann parte dalle radici storiche del New Thought – il Nuovo Pensiero – un insieme eterogeneo di ideologie le cui origini antiche si incanalano in grandi protagonisti ottocenteschi, da cui poi germinano idee di cui ritroviamo tracce prima nel Pensiero Positivo e poi nel New Age. Il nucleo originario del New Thought è una relazione tra pensiero e realtà, nella forma di un discorso sulla salute e la malattia. L’affermazione di base è che ogni malattia ha origine nella mente, ma nei decenni la salute passa in secondo piano (forse assecondando l’evoluzione del sistema neoliberista) e il New Thought si concentra apertamente sugli obiettivi del Pensiero Positivo: il pensiero crea la “felicità” e la “ricchezza materiale”.
L’ossessione per la relazione tra pensiero e realtà viene così sottoposta a un secolo di copia e incolla ideologico, ma questo “cut-up” depura il cervello sociale di ogni residuo di responsabilità nei confronti dell’altro, finché i mantra del pensiero positivo – “se vuoi, puoi” – sono compatibili col divenire il supporto di una volontà onnipotente perché dissociata e proiettiva, che ha in Trump e nell’alt-right la sua espressione più pura (alternative right, ma anche “antica” destra…).
La “magia del caos” è il sistema su cui si concentra Lachmann e lo definisce lo stile di avanzamento delle “nuove” destre: generare il caos, trarne improvvisazione con “positività” e, senza pensarci troppo, puntare all’espressione folle del proprio “successo”, che però è pulsione libera di una volontà di annientamento. Lachmann suggerisce di guardare agli ideologi della magia del caos come maghi in senso stretto, che operano sulla relazione tra volontà e realtà tramite metodi antichissimi, ma che hanno nel “web” il loro piano astrale (un’idea che mi ha suggestionato, ricordandomi che la ragnatela è considerata estensione del cervello del ragno). Sono quasi tutti maschi – suprematisti bianchi, teorici di una società del controllo organizzata in caste – accomunati da un tratto che ricorre nel libro come un monito: la “rightness”.
Lachmann segnala da subito che essere “right” (“di destra” e “sempre nel giusto”) non è questione di contenuto, bensì di forma; e che essere “alt-right”, poi, è ancora diverso. Proiettare all’esterno parole e simboli di realtà che non dovrebbero mai realizzarsi, evocare pulsioni violente, tessere narrative di post-verità con immagini e parole: tutto questo è sempre stato la brama di società tiranniche. Tuttavia, sempre ne ha causato anche la caduta.
Sivia Belcastro
Il libro
Gary Lachman,
La stella era. Magia e potere nell’era di Trump
Tlon edizioni
2019, pag.316