Lisbona, luglio.
L’ultima paura coinvolge il ministero dei beni culturali portoghese e non per un caso di corruzione e neanche per furto di preziosi rubati, ma per un poeta e… della corrispondenza. Come accade in questi casi, quello che accade è una finestra da dove osservare il carattere di una nazione.
Cosa è successo: gli anziani eredi di Fernando Pessoa, il (mio) grande scrittore portoghese, hanno messo all’asta la corrispondenza tra il loro celebre congiunto e Aleister Crowley, un altro grande del 20° secolo e non solo britannico per questioni anagrafiche (si sa: la letteratura rende cittadini del mondo), mistico, alpinista, scrittore e praticante di magia nera. Il Ministro portoghese della cultura José António Pinto Ribeiro è tra coloro che hanno soccorso la memoria storica del Paese prima che le lettere lascino il Portogallo. Gli eredi hanno già venduto più di un manoscritto o diari di Pessoa, che la Biblioteca Nazionale del Portogallo ha acquistato periodicamente fino all’anno scorso. Dal momento che gran parte del lavoro di Pessoa rimane inedito, gli studiosi temono che la dispersione dei documenti (ha lasciato dietro di se circa 30000 documenti tra scritti, storie e romanzi ancora inediti) renda più complesso da decifrare ciò che resta di uno dei più “voluminosi” fra i grandi scrittori dell’era moderna.
Pessoa colpì (in senso figurato, intendiamoci) Crowley con una corrispondenza nel 1930. All’epoca, come in buona parte della sua vita, era una persona timida, probabilmente celibe (Ofelia era ancora in divenire) e al momento, praticamente uno sconosciuto poeta portoghese che viveva, letterariamente parlando, attraverso una moltitudine di opere letterarie e di pseudonimi. Crowley al contrario era uno dei grandi di quelli del suo tempo. Si sà che Fernando Pessoa aveva legami con l’occultismo e il misticismo, anche se gli storici non gli riconoscono alcuna affigliazione con la massoneria o altre associazioni iniziatiche. Leggendo una pubblicazione del famoso occultista inglese, Pessoa vi trovò alcuni errori e scrisse all’autore perché li correggesse (Pessoa conosceva l’inglese in maniera eccellente). Crowley gli rispose di cuore, firmando le risposte come “666”. Cui fece seguito anche un viaggio a Lisbona dove i due poterono finalmente conoscersi.
Nell’ultima casa di Pessoa, ora la Casa Fernando Pessoa, divenuto un centro culturale del Portogallo, il Ministro della Cultura Ribeiro, ha educatamente chiarito giorni fa nel corso di un forum pubblico, che lo Stato ha il potere di trattare un eventuale prelazione e di trattenere tutto ciò che ritenga sia patrimonio nazionale del Paese. Manuela Nogueira, (megera e assetata di danaro come l’aria che respira, accidenti a lei) nipote di Pessoa, ha risposto che il contratto era già stato firmato con una casa d’aste, ma ha aggiunto che non vi era motivo di preoccuparsi, in quanto tutti i documenti erano stati fotografati in modo tale che le copie sarebbero sempre state a disposizione degli studiosi, indipendentemente dove gli originali fossero finiti.
La stragrande maggioranza dei documenti di Pessoa appartiene alla Biblioteca nazionale; il resto, circa 2700, agli eredi. In questo caso, le lettere originali contengono diversi tipi di note scritte e non registrate e altri dettagli che, anche con buone… fotocopie potrebbero perdere in/di chiarezza. Documenti questi, tutti considerati una specie di tesoro nazionale.
Eduardo Lourenço è forse il più illustre critico letterario. Di Pessoa, dice: “è stato un solitario” , ha proseguito, “uno dei grandi poeti che hanno saputo esprimere la loro assoluta solitudine – alcune delle sue poesie sono così tristi che sono difficili da leggere”- il che è molto portoghese. E’ come ascoltare il fado. “Si riferiva alla musica che qui connota “saudade”, una parola quasi intraducibile nel senso della “nostalgia”, ma anche qualcosa di più. Qualcosa, ha suggerito, come il paradiso perduto.
Pessoa rappresenta, naturalmente, molto altro ancora. Allevato in Sudafrica, trilingue, ha scritto in inglese, in francese e in portoghese, è stata una persona (“pessoa” significa semplicemente persona in portoghese) influenzata da alcuni tratti originari: la sua riservatezza, tipica di un gentiluomo inglese acquisita con la sua educazione, è stata forse la molla per l’invenzione dei suoi eteronimi, caratteri immaginari, attraverso i quali farsi, per così dire, scomparire.
Il suo libro più famoso, “l’inquietudine,” è stato scritto con il nome di Bernardo Soares. E ‘stato messo insieme postumo da studiosi attraverso la lettura di migliaia di pagine incollate da frammenti di opere letterarie diverse. Si dice che Pessoa, che è morto di cirrosi nel 1935 a 47 anni, pensava di avere altri due anni da vivere, nel corso del quale egli prevedeva di organizzare i suoi documenti, anche se in un certo senso, non avrebbero potuto essere ridotti a un unico ordine, e così restare aperti e sempre sfuggenti come una sala degli specchi e, pertanto, quintessenza della modernità.
Pessoa ha scritto anche come Alexander Search, un ingegnere scozzese; Alberto Caeiro (Pessoa ha spesso chiamato questo personaggio inventato “il mio padrone”); Ricardo Reis e Alvaro de Campos, un pensionato bisessuale ingegnere navale e malinconico con una dipendenza da stupefacenti.
Come Campos, ha anche scritto: “Fernando Pessoa, a rigore, non esiste.
“La Storia dell’assedio di Lisbona”, di José Saramago, immagina un revisore nominato Raimundo Silva, un uomo che non diversamente da Pessoa, mediante l’inserimento della parola “non” in un libro, cambia la storia portoghese.
Raimundo Silva, Saramago scrive, pensa a se stesso, espone la sua intimità sentimentale secondo le modalità di Fernando Pessoa come elementi semplici di linguaggio tipo; “vorrei accendere una sigaretta guardando il fiume, pensare com’è vago tutto e incerto”, dovrebbe semplicemente pensare che tutto è davvero incerto e vago, anche se la sigaretta e il fumo, in genere, di per sé esprimono l’incertezza e vaghezza delle cose; sono stati d’animo dell’io” . Pessoa, non casualmente, fumava 80 sigarette al giorno. E beveva: il fegato lo ha mollato prima. Jerónimo Pizarro è un giovane studioso al quale gli eredi di Pessoa hanno permesso di fotografare i documenti in loro possesso. “Pessoa è come un ombra, un uomo invisibile”, ha detto. “Ha scritto di essere il centro di un centro dove non c’era niente”. Pizarro a proposito della “lingua” riferisce Pessoa come distintamente “portoghese”. Accade cioè, che Pizarro interpreta puntualmente il pensiero di Pessoa pur essendo un colombiano. E il direttore di Casa Pessoa, Inês Pedrosa, che è portoghese, ha insistito sul fatto che la malinconia è un qualcosa del carattere proprio del Portogallo e di come questa influenza avesse “preso” il poeta diventando connotativa del suo linguaggio.
Essere portoghesi è una condizione; non era e non è un problema psicologico, e non è solo una questione culturale,” ha detto Pedrosa. “Lui era semplicemente un portoghese e Pessoa ha scritto brillantemente su questa ridicola condizione”.
Nel seminterrato di Casa Pessoa ha tirato giù da mensole di vecchi armadi in legno alcuni libri del Poeta, gli ha raccolti e annotati. Proprio di recente, ha detto, una poesia di Caeiro (come detto, un’eteronimo di Pessoa) è stata scoperta sulla quarta di copertina di un libro. E ancora: su “Una breve storia del cristianesimo” di John M. Robertson, del 1902, Pessoa ha scritto in una piccola nota a mano a margine di una pagina in inglese accanto a un passaggio che dichiara: “il materiale del perfezionamento di civiltà ha generato nelle città moderne una nuova nevrosi” sottolineando le ultime tre parole.
Per il Portogallo, non sono gli avanzi di qualcosa di poco importante. Pessoa è Pessoa, Lourenço ha detto a proposito delle carte di Crowley. E con una tristezza infinita che gli si leggeva in faccia ha aggiunto: “un pittore dipinge un quadro con l’idea di vendere; un poeta non scrive con l’idea di vendere la sua carta, meno di tutti Pessoa”.
“Tutte le grandi domande della filosofia, della religione e politica sono nel suo lavoro in modo più radicale”, ha continuato, “e in una forma frammentaria che riflette l’uomo e il creatore. ‘Perché Dio non ha unità, come faccio a credere?’ Pessoa si è chiesto. ”
Lourenço ha raccolto i suoi pensieri ancora una volta, “Egli è il più tragico dei poeti portoghesi”, ha detto “Il piacere dell’infelicità è particolarmente portoghese.”
Il Portogallo ha la fortuna di avere un Ministro della cultura illuminato e gli scritti di Fernando Pessoa rimarranno quasi certamente a casa, ma non fesso da farsi fregare dalla megera.
per Bookavenue, Michele Genchi