Non è facile scrivere un blog. Soprattutto non è facile scriverci tutti i giorni in maniera interessante e originale stabilendo un dialogo con i propri lettori, non forzando la mano e rispettando le opinioni altrui. Sono l’ultimo a scendere (e altre storie credibili) di Giulio Mozzi è una sorta di “diario pubblico” (secondo la definizione dell’autore) tratto dal blog dello scrittore padovano, uno dei primi autori italiani ad aver utilizzato il web per comunicare dimostrando di saperci fare. E bene.
Ne è venuto fuori un libro difficile da definire, ma che ti prende, un “diario pubblico” (secondo la definizione dell’autore) spesso divertente, un blog di carta che traduce il quotidiano in parole in cui non si capisce mai fino in fondo di che cosa parla. Le atmosfere irreali, le battute incomprensibili, il rumore bianco di certi silenzi sono senz’altro segnali sorprendenti, sfuggenti, magari incoerenti. Mai però banali. Ciò che rende Sono l’ultimo a scendere (e altre storie credibili) un libro da non perdere sono i dialoghi fitti, gli incontri stravaganti, gli equivoci e i contrattempi davvero esilaranti, le battute graffianti intrise di humor, che via via fanno affiorare tutto quello che il coperchio delle buone apparenze nasconde. Oppure le brevi storie dai ritmi vorticosi ambientate in treno, le “fotografie”, i bozzetti, vere e proprie gag in cui non c’è mai una morale.
Ieri, ore quattro e quarantadue. Supermercato Il Castoro, Roma, viale Val Padana.
Signora: «Mi dà un vasetto di maionese?».
Commesso: «Vasetto o tubetto?». Signora: «Tubetto».
Si dice che i finali sempre aperti sono quelli della vita. Ecco, nella loro compiutezza questi scritti, apparentemente innocui, hanno il senso che hanno, non c’è bisogno di cercarlo. La vita è un intreccio di tragico e comico e che cos’è la letteratura se non la rappresentazione dell’uomo e delle sue contraddizioni, “lo spazio in cui autore e lettore dialogano a partire dalle proprie concrete esistenze storiche” (Jean-Paul Sartre). Tra le righe di questa raccolta di racconti si colgono aggressività latenti, ansie, fragilità, spesso su uno sfondo di malinconica coscienza dei contrasti che viviamo tutti i giorni. Ogni scritto trascina il lettore in un ritmo vorticoso il cui motore non è l’azione, ma la parola, che ha notevole valore espressivo.
Il signore pensa molto intensamente.
“Ma insomma” sbotta dopo un po’, “la stazione da che parte è?”
Ho un’intuizione.
“Di là” gli dico, indicandogli dalla parte sbagliata.
“Grazie” dice il tipo. E si avvia dalla parte giusta.
Redatti giorno per giorno, spesso una singola riga può darci una sottile emozione, colpendoci per lo stile e l’atmosfera, ma anche per lapidaria laconicità. E’ comunque l’effetto di insieme ciò che colpisce, l’affilato e intelligente sarcasmo, la prosa essenziale, le maschere drammatiche e comiche insieme. Quella di Giulio Mozzi, si nota, è una ricerca laboriosa condotta con onestà, rigore e costante atteggiamento di curiosità. Dove ogni parola è limata allo stremo.
Giulio Mozzi, Sono l’ultimo a scendere (e altre storie credibili), Mondadori 2009.
Marco Crestani