Giornali. Tra carta e digitale il futuro è nella qualità

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La crisi non è certo finita, ma il disorientamento degli anni scorsi, quello sì. Il mondo dell’editoria in questi tempi è un laboratorio di idee e di progetti. Ed è unito da alcune certezze: i vecchi modelli di business dei quotidiani non reggono più, ma il giornalismo di qualità continua a pagare anche nell’era digitale. A Bagnaia, quelli che negli anni scorsi erano solo scenari sono ora diventate esperienze da mettere a confronto.

Nell’incontro annuale sulle colline senesi dell’Osservatorio Giovani-Editori, di esperienze ne sono state condivise in quantità. «Stiamo correggendo errori e peccati del passato, come le notizie diffuse tutte gratis sul web», ha detto per esempio Mathias Döpfner, presidente e amministratore delegato del gruppo tedesco Axel Springer. «Dobbiamo invogliare i lettori a capire che c’è un valore aggiunto se si pagano contenuti di rilievo in abbonamento».

Per John Elkann, presidente de La Stampa, «l’innovazione nei giornali è continua» nonostante avvenga in un mondo, come quello della carta stampata, che negli ultimi anni «ha perso un terzo della diffusione e il 50% della pubblicità». La crescita avviene invece sul fronte digitale («il traffico web de La Stampa è aumentato del 60% in un anno», ha detto Elkann) e sarà favorita dallo sviluppo dei tablet. Per Elkann, intervistato dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, decisiva è la consapevolezza che «chi è focalizzato sul proprio mestiere affronta meglio le sfide del futuro» e che la crisi va quindi affrontata «concentrandosi su cosa si sa fare bene», aggiornandolo ai nuovi scenari.

Andrea Ceccherini, il presidente dell’Osservatorio, ha spronato giornalisti ed editori a «togliersi di dosso la polvere». E di polvere sembra esserne caduta molta dal palco di Bagnaia e nel confronto tra i ragazzi e gli ospiti internazionali. Gerard Baker, nuovo direttore del Wall Street Journal, in un dialogo con il direttore della Stampa Mario Calabresi ha per esempio rivendicato di guidare un giornale in crescita, nonostante l’editoria Usa abbia visto la raccolta pubblicitaria «calare in questi anni del 50%: nessun settore ha fatto i conti con sfide di questo genere». «Noi investiamo nel giornalismo di qualità – ha detto Baker – e siamo convinti che questo mestiere, fatto bene, ha ancora un grande valore».

Il giornalismo raccontato a Bagnaia è fatto non solo di scrittura, ma di video, multimedialità, social network e nuovi strumenti di consultazione. «La migliore notizia per l’editoria in questi anni è stato il tablet», ha detto Pietro Scott Jovane, amministratore delegato di Rcs MediaGroup.

Ma dietro il tablet e molte nuove proposte, emerge il bisogno di educare una nuova generazione all’idea che sul web non tutto può essere gratis. E anche ribadire che il giornalismo è un mestiere oggi aperto alla ricchezza dei contributi della Rete, ma che necessita anche di professionisti e, quindi, di ricavi che permettano di alimentare il giornalismo di qualità. E questo è stato uno dei temi più discussi tra gli studenti e gli addetti ai lavori riuniti ieri e oggi dall’Osservatorio a Bagnaia.

Marco Bardazzi

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