E’ sabato mi hai lasciato e sono bellissimo

   Tempo di lettura: 2 minuti

Ema ha quasi vent’anni, è da qualche giorno che ha finito la maturità, ma non ha la minima idea di cosa farà da grande perché “per cominciare il futuro” c’è sempre tempo.
Si crede Paul Newman o “al limite anche Humphrey Bogart” e ha tutta l’estate davanti per sentirsi bruciare dal sole e vivere intensamente nel suo piccolo grande mondo fatto di partite a biliardo, croissant caldi, asciugamani stesi sulla spiaggia, poesie di Baudelaire e donne dalle gambe lunghissime…

Sogna infinite e spensierate sfide a calcetto con i suoi amici Niso, France e Alcapone, ma soprattutto brama “femmine femmine e ancora femmine” per succhiare il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non è vita e per non scoprire, in punto di morte, di non essere mai vissuto (come ricorda il professor Keating de L’attimo fuggente citando Thoreau).

E’ sabato mi hai lasciato e sono bellissimo di Emanuele Pettener, edito da Corbo nella collana Isola bianca, ricorda un romanzo di formazione sui generis e allo stesso tempo rispecchia la realtà di una gioventù insieme carica di fuoco incontenibile e sotto certi aspetti disillusa.

La storia è lieve come una piuma, come la polvere che vaga nell’aria. E’ tutto un ricamo di coincidenze e di incontri che formano un delicato disegno.
Emanuele Pettener è attento al ritmo e colpisce per la vivacità dello stile, per il gioco testuale rivolto al lettore perché intuisca le tracce in cui il narratore si annuncia e allo stesso tempo si maschera.

Leggere questo romanzo dà una grande gioia: gioia del cuore, dell’immaginazione e dell’intelligenza. Si fanno capriole, si danza e si cammina sul filo… La pagina non è mai immobile: è sempre un passo innanzi o a ridosso di chi legge. La parola splende di colori, il fraseggio è musicale, armonioso, ricco di suggestione, ha un fascino elusivo, mutevole, unico.

Emanuele Pettener, È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo, Corbo Editore (collana Isola bianca), 2009, 332 p., brossura.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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