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Podcast. Belli e Dannati: Chet Baker

foto autoreLa discografia di Chet Baker è sconfinata ma i dischi passati alla storia non sono moltissimi. Eppure è difficile trovare un disco che non riservi qualche emozione profonda, emozione di tipo musicale e non dovuta all’alone di poeta maledetto che gli si era appiccicata col tempo. Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che Chet aveva una grande musicalità, una enorme sensibilità ed una forte voglia di suonare sempre cose nuove.
Il suo successo iniziale, nei primi ’50, è improvviso e folgorante: My funny Valentine, incisa col quartetto di Jerry Mulligan, lo lancia tra le nuove stelle del jazz.
La sua tromba morbida e senza vibrato si riallaccia a quella di Bix (ma anche al nuovo guru Miles Davis: prossimamente su queste pagine), ma il contesto è più morbido (anche se Chet allora suonava spesso bop) e Chet è bello e bianco ed oltretutto canta con una “voce d’angelo”.

Podcast. Una tromba tra miele e vino. Paolo Fresu

Paolo Fresu trombettista classe 1961 nasce a Berchidda “la città del miele e del vino” a metà strada tra Olbia e Sassari. Lo chiamano il trombettista insonne per la sua attività incessante: 2500 concerti, 300 dischi, 2 festival, alcuni libri.

Il suono di Fresu é stato paragonato più volte a quello di Chet Baker e Miles Davis ma con il tempo ha sviluppato la personalissima abitudine di suonare seduto e con il corpo piegato su se stesso come se questo “raccogliersi” dovesse aiutarlo a trasformare più immediatamente le sue emozioni in puro suono. Ascoltandolo siamo convinti che ci sia riuscito in modo autentico e naturale perché le sue vibrazioni si percepiscono intatte e incontaminate.

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Podcast. Un amore supremo: John Coltrane

foto autoreA sentirla, la vecchia copia in vinile frigge decisamente troppo. Polvere, graffi accidentali, macchie di umidità ed altri impietosi segni del tempo. Il mio primo album di jazz, questo me lo ricordo bene: A Love Supreme di John Coltrane, acquistato a seimila lire durante una svendita per chiusura definitiva di un negozio gestito da un brutto tipo allargato a dismisura dalle tante birre di una vita, che si vantava di non aver mai praticato uno sconto in tutta la sua vita. Di jazz ero vergognosamente a digiuno, nel 1987, ma “qualcuno” (che era solo un sogno di qualcosa che poi sarebbe diventato) mi aveva consigliato di procurarmi questo disco “Perché se devi cominciare da qualche parte, non puoi far altro che partire da qui“. Era vero. Oggi sono tra le persone che si precipiterebbero a salvare A Love Supreme, (ma anche Bitches Brew di Miles Davis e Monk’s Greatest Hits di Theolonius Monk) dalle fiamme di un incendio domestico. Chi ama il jazz lo fa, vi assicuro.

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Podcast Vol. 4. Pat Metheny, ovvero: come il jazz può salvarvi la vita. Parte seconda.

foto autoreCome in tutte le storie familiari, gli anni stratificano le epoche con cui queste si sono costruite e sono andate avanti. La musica ha avuto, come tutte le cose, i segni distintivi delle passioni che si sono succedute; ci sono state diverse “mode” annuali così come mi piace ricordarle e altre più durature. Una di queste, ed è il tema del nostro appuntamento di questa settimana, è dedicata al mio musicista jazz preferito in assoluto, passione trasmessami da mio marito e fatta mia nella maniera più totale e coinvolgente che possiate immaginare.
I suoi dischi hanno testimoniato il passare degli anni con immutato amore ed è di gran lunga la “fila” più lunga nella discoteca di casa. I suoi concerti nelle varie città nel nostro Paese sono stati i soli per i quali abbiamo fatto sempre volentieri delle “trasferte” e, vi assicuro, ne è sempre valsa la pena.

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Podcast Vol. 3. Come il jazz può salvarvi la vita. Wynton Marsalis

foto autoreSenza ombra di dubbio Wynton Marsalis è il jazzista più famoso degli ultimi anni. Salito alla ribalta durante gli anni Ottanta con il movimento degli “Young Lions” si è subito imposto all’attenzione di critici e case discografiche con il suo quintetto che si ispirava a quello di Miles Davis della metà degli anni Settanta. Cresciuto musicalmente a New Orleans, tra esperienze scolastiche e insegnanti di tromba, fino a diciotto anni, si trasferisce subito dopo a New York per studiare musica. Nella Big Apple viene subito notato dal batterista Art Blakey che lo fa entrare nei Jazz Messengers. Nel 1981 lo chiama il pianista Herbie Hancock e lo porta in tournèe con il suo quartetto.

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Podcast. Dio c’è e suona la tastiera. Vol. 2: Keith Jarrett

foto autoreDio c’è e, senza peccare di apostasìa, è sceso in terra sotto le mentite spoglie di Keith Jarrett. Questo straordinario uomo e compositore, pianista e (udite, udite) clavicembalista nato ad Allentown (Pennsylvania), negli Stati Uniti l’8 maggio 1945, è considerato tra i più importanti pianisti jazz viventi.
Nato da una famiglia multietnica, Keith è il maggiore di cinque fratelli. In famiglia, sin da piccolo, Keith respira aria di musica. La nonna paterna suona il pianoforte ed una zia lo insegna, mentre il padre, che a causa della Grande Depressione non è riuscito ad avere una buona educazione musicale, è lo stesso un grande innamorato della musica.

Podcast. Speranze di buon esordio. Vol. 1: B.B.King

Avevo promesso di occuparmi di libri e dischi. Scuserete se comincio dopo settimane di pensatoio e svariati contrattempi, soprattutto lavorativi, che mi hanno impedito di essere prima di adesso con voi. Chi non ce l’ha queste menate, direte voi. Immedesimatevi nella vita di una donna tra lavoro e famiglia e un mal di schiena che non finisce più e, poi, certe giornate che proprio non vogliono finire. Capite bene che essere esauste non aiuta. Non mi illudo che gli uomini capiscano; chiedo venia, quindi, solo alle donne.
Questa rubrica comincia con B.B.King, uno dei miei autori blues preferiti. I consigli di ascolto (di lettura no, spiego poi il perchè…) sono di seguito.