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Fin che la barca va…

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foto autoreL’Autore.
Nam Le è nato nel Vietnam ed è stato allevato in Australia. Ha ricevuto diversi premi come, il premio del Pushcart, la società del Michener-Copernicus e il premio del gruppo di lavoro dei scrittori dello Iowa. Ha lavorato al centro di lavoro delle arti in Provincetown e all’accademia del “phillips” Exeter. Attualmente è revisore di romanzi ad Harvard. Divide il suo tempo fra l’Australia e gli Stati Uniti.

Prologo. Un cameriere ha sistemato un piatto davanti a Nam Le: si tratta di una panna cotta: un disco colorato al caramello con su una polvere nera a grumi che sembrano uova di caviale. A pensarci bene è lo stesso antipasto incolore e senza sapore di uno dei racconti di Le.
Si perchè Le è uno scrittore. In uno dei suoi racconti, Henry Luff il protagonista, annusa la stessa panna cotta insapore mentre pensa all’offesa che l’ha tenuto lontano da sua figlia per 17 anni.
Finora Mr. Le non lo aveva mai assaggiato. Sta mangiando in un ristorante del Lincoln Center non a caso. Li è ambientato un’altro dei suoi racconti e fino ad allora lo aveva visto solo su internet. Arrivato a New York per presentare il suo libro di esordio, è stato salutato come di solito si fa con gli autori già navigati.

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Attilio Bolzoni, Parole d’onore

copertinaAttilio Bolzoni ha avuto un’intuizione di quelle che rischiano di non venire a chi a passato una vita in mezzo a questa gente. Gente di mafia da andare a scovare, seguire, raccontare ai lettori di un giornale. Quando sei costretto a raccontare le cose più chiare, le notizie, e a fare intuire la cosa più scura, il contesto.
Tra i milioni di pagine di ordinanze lette l’intuizione è stata di fermarsi sulle parole che quella gente dice quando si difende, quando dà un ordine, quando racconta di altri di quel mondo, sicari, mandanti, pentiti, capi dei capi.

Sembra impossibile ma da quando c’è la tv si leggono più libri

Intervista a Donald Sassoon di Filippo Maria Battaglia

Cultura? “Una parola strana e insidiosa”. “Al singolare, ha un significato ben diverso dalla sua accezione al plurale”. Nel primo caso “è assolutista”, nel secondo “relativista”. “‘Denota cioè una serie di valori, ma anche di consuetudini: il cibo che mangiamo, gli abiti che indossiamo, l’uso del tempo libero, i rituali che osserviamo, le tradizioni che abbracciamo o inventiamo e le idee che seguiamo. In questo caso la cultura, per usare un’espressione corrente, è uno stile di vita”. Parola dello storico Donald Sassoon, professore di storia europea comparata al Queen Mary College di Londra e autore, da ultimo, di un monumentale saggio su La cultura degli europei dal 1800 a oggi.

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L’impercettibile angoscia della malattia

copertinaAtto dovuto, il nostro per segnalare l’uscita nella Biblioteca Adelphi la pubblicazione delle opere di Georges Simenon, iniziativa che offre l’occasione di leggere o di rileggere i lavori di un autore che sempre più si configura come un gigante assoluto  del secolo appena trascorso. Ne è conferma – se ancora ne occorresse una – Le campane di Bicetre,  260 pagine di racconto delle vicende interiori di un uomo colpito da un ictus. Il libro, terminato nell’ottobre del 1962 e pubblicato nel 1963, fu, a buon titolo, assai considerato dall’autore, che,  come viene evidenziato anche nel risvolto di copertina, vi dedicò una lunga fase preparatoria e volle premettervi – fatto per lui alquanto inconsueto – una Premessa.

Danilo Dolci, Ciò che ho imparato

«So che abbiamo appena iniziato ad apprendere che gli uomini possono davvero imparare solo se vogliono ricercare e sanno cercare anche insieme; e che purtroppo è sempre presente il rischio di dimenticare quanto si sa». Danilo Dolci (Sesana 28 giugno 1924 – Partinico 30 dicembre 1997). Nel decennale della sua scomparsa, la Mesogea è orgogliosa di pubblicare alcuni degli scritti più rappresentativi del pensiero e dell’opera di Danilo Dolci.

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Sul ring: Holden Caufield vs Henry Chinasky

copertinacopertina“The catcher in the Rye” (nella traduzione italiana “Il Giovane Holden” Ed. Einaudi € 14,00) di J. D. Salinger e “Ham on rye” (“Panino al prosciutto” Ed. Tea, € 8,00) di Charles Bukowski. Un eroe di una generazione e uno sbandato; due facce della stessa medaglia e della stessa nazione, gli Stati Uniti d’America. Holden Caufield e Henry Chinasky; due pseudo-autobiografie da parte di due grandi scrittori. Il primo sfuggente (anno di nascita 1919), figlio di una coppia di commercianti ebrei, non concede interviste, non abbiamo foto di lui tranne qualcuna strappata contravvenendo alle più elementari norme di privacy o quella tratta dall’annuario della scuola superiore, una vita quasi da asceta; il secondo il perfetto opposto: madre e padre di origine tedesca (anno di nascita 1920), lo troviamo nei bar per una solenne bevuta, in un bordello attorniato dalle sue donne, nella notte più buia dopo una serata di stravizi, praticamente una vita da beone.

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Livio Romano, Niente da perdere

copertinaLivio Romano ha scritto qualche tempo fa ( non ricordo più dove lo abbia scritto, figurarsi) che fare letteratura è come mettere un paio di occhiali. Conta la montatura attraverso cui guardare la realtà. I miopi, soprattutto, ma forse anche gli astigmatici, potranno capire meglio. Sta tutto lì.
Così ne ha inforcato un paio nuovo di zecca, oggi, per raccontare un trentacinquenne, tal Gregorio Parigino, alle prese con un’esistenza frenetica fatta di lavoro, parenti, donne, ricordi e medicine (tranne le ultime, ma solo da poco tempo, sembra il ritratto di un direttore di libreria che conosco). Un uomo che impara gradualmente a guardare la sua vita da lontano e a ritrovarne il senso concreto, tangibile, terreno proprio in quel bailamme, che, girandogli vorticosamente intorno e ancorandolo al suolo, gli impedisce di perdersi e gli consente di conservare la misura esatta del suo tempo.

Emmanuel Carrère, La vita come un romanzo russo

I libri di Carrere pongono sempre più di qualche difficoltà. Sia nel definirli, sia nel recensirli. E forse questa è la dimostrazione che ci si trova dinanzi a uno scrittore quantomeno complesso. C’è sempre, tra le sue righe, come una fastidiosa musica di sottofondo. E non si riesce mai a capire se sia la storia o un personaggio o l’atmosfera tutta del libro. Vi ricordate la “Settimana bianca” o “L’avversario”? Fin dalle prime pagine, senza bisogno di sapere come proseguisse la storia, si veniva sommersi da un senso di disagio, quasi di freddo.

Claudio Rigon, I fogli del capitano Michel

Tutto parte da una scoperta nell’archivio del Museo del Risorgimento di Vicenza. Claudio Rigon è un appassionato di fotografia e, vagabondando per l’Altipiano di Asiago con una macchina fotografica e un cavalletto, si sente attratto dall’atmosfera di Monte Ortigara, “da quel territorio particolare che comincia con il suo crinale e si estende poi a sud-ovest per un’ora di cammino, fino ai piedi di Cima Dodici.”

Incontra rovine, resti di baraccamenti, trincee, in un paesaggio che in certi momenti sembra ancora il dopo di una battaglia.