Un Atlante pieno di cose

   Tempo di lettura: 2 minuti

Si avverte qualcosa di grave e di sacro quando ci si trova nei pressi dello stretto di Gibilterra e si esce dal nostro mare chiuso per andare verso il mare aperto. Per Giuseppe Antonio Borgese, in viaggio per gli Stati Uniti nel 1931, è uno strano sentimento di separazione, una sorta di stacco potente, improvviso. “Si direbbe che più di quattro secoli dalla scoperta dell’America non abbiano demolito del tutto il sentimento della separazione, che l’unità del pianeta non sia ancora una conoscenza acquisita e tranquilla, e ognuno ancora quasi la debba conquistare o almeno profondarla dalla mente al cuore”. Chiunque navighi in queste acque prova un fremito possente, il fremito di chi vuol vivere ed espandersi.

Quando appare New York è mezzanotte e i grattacieli di Manhattan sono una fila di lumi in movimento all’orizzonte sotto le stelle. Una curva di falce immensa taglia la notte e lascia immaginare il mondo nuovo coi suoi pinnacoli d’acciaio e i suoi panorami mozzafiato. Una metropoli multiforme in perenne evoluzione, un condensato d’umanità che accoglie da sempre persone di ogni provenienza ed estrazione sociale. Perchè New York sa stupire e meravigliare non solo per la sua oggettiva ed autentica bellezza, ma anche per la sua sconvolgente diversità.

A più di settant’anni dalla sua pubblicazione, dopo una prima circolazione semiclandestina e diversi anni di oblio, Atlante americano di Giuseppe Antonio Borgese torna a farsi sentire grazie a Vallecchi che ne ripropone l’edizione (nella benemerita collana Off the road) curata da Ambra Meda. E’ veramente interessante vedere come nello scritto di Borgese si fondano in modo spesso attuale meditazione e immaginazione e che la fantasia ha il rigore e la nitidezza dell’intelligenza.

Mentre tutto sta diventando artificio e menzogna, leggere è rimasta una condizione ingenua, avventurosa, curiosa. Per questo è bello scoprire come la prosa di Borgese sia piena di cose e di deliziosi dettagli. E come sia insieme avvolgente, sinuosa, complessa, poliedrica, multiforme…

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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2 commenti

  1. Non posso che applaudire alla meritoria iniziativa della Vallecchi che sembra, da un pò di tempo, aver recuperato le forze e il coraggio dell’editore indipendente attento ad un editoria di cultura. Per dire che i numeri si possono fare anche solo “forti” del buon gusto.
    Grazie a Te, caro Marco, per la cura con cui hai sottolineato ancora una volta l’uscita di un libro che ci ricorda quanto tesoro abbiamo nella nostra letteratura.

    Michele

  2. Un destino sfavorevole ha impedito una divulgazione dell’opera letteraria di Borgese che andasse oltre le cattedere di alcune univeristà italiane e il più noto romanzo “Rubè”. Eppure questo autore, le cui spoglie, sono conservate nel cimitero di Fiesole, merita tutta la nostra attenzione e l’omaggio che si riserva ai grandi autori classici della nostra letteratura. Da non dimenticare, mai.

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