Alice Munro. Storia di una canadese

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Vorrei ricordare Alice Munro come un’artigiana del racconto per il suo modo unico di tessere piccole storie intricate che non solo catturano, ma anche sconvolgono chi si avventura tra le sue pagine.

I suoi personaggi, spesso radicati nelle remote campagne dell’Ontario, rispecchiano la stessa Munro, che una volta ha confessato in un’intervista post-Nobel che la vita in una piccola città le ha donato il coraggio di scrivere. “Non credo di poter essere stata così audace in una grande città, in competizione con individui a un livello culturale generalmente superiore”, ha confessato.

Nata nel 1931 a Wingham, Ontario, Alice Munro ha segnato l’inizio della sua carriera con il romanzo “Vite di ragazze e donne”, guadagnandosi il plauso del Governor General’s Award con la sua prima raccolta di racconti, “Dance of the Happy Shades”. Questo successo iniziale è stato solo l’inizio di una serie di trionfi letterari, con più di una dozzina di raccolte di racconti pubblicate nel corso della sua vita.

La sua narrativa, caratterizzata da un linguaggio silenziosamente potente, ha costantemente sorpreso e affascinato lettori e critici. Il critico della NPR, Alan Cheuse, ha descritto la sua opera più recente, “Dear Life” del 2012, come una profonda esplorazione della vita quotidiana che riesce a trasformare l’ordinario in straordinario.

Nel 2013, Alice Munro ha ricevuto il prestigioso Premio Nobel per la Letteratura, un riconoscimento della sua maestria nel racconto contemporaneo. Pur troppo fragile per partecipare alle cerimonie, Munro ha preferito un’intervista che riflettesse la sua modestia e semplicità. “Non mi interessa cosa provino le giovani donne leggendo i miei libri, purché si divertano”, ha dichiarato.

Oltre ai numerosi premi e onorificenze, Munro è stata insignita del Man Booker International Prize nel 2009, confermando il suo status come una delle voci più influenti della narrativa contemporanea.

La sua ultima opera, “Dear Life”, rimane un capolavoro parzialmente autobiografico che segna un punto di svolta nella sua carriera. In un’intervista al National Post, ha rivelato che questo libro potrebbe rappresentare un addio alla scrittura, non per mancanza di amore, ma per un diverso rapporto con la vita e la creatività.

Intrigante e appassionata, la storia di Alice Munro continuerà a ispirare generazioni di lettori perché in grado di offrire un’esperienza di lettura che va al di là dell’intrattenimento per toccare forte il cuore e la mente.

Alice Munro una volta rifletté: “Sono stata educata a credere che la cosa peggiore che potessi fare fosse ‘richiamare l’attenzione su di te’ o ‘pensare di essere intelligente'”. Nei suoi scritti emergeva spesso un momento molto ponderato e fiducioso in cui attirava l’attenzione su di sé – cercando di stupire e penetrare con parole e significati – seguito da un momento di notevole umiltà. Questa apparente contraddizione è sempre presente… Nonostante il suo aspetto riservato di persona (accompagnato da un acuto senso dell’umorismo), lei si dedicava senza esitazione e talvolta in modo esplicito a temi come corpi e sesso, morte, crimine e tragedia: il danno che le persone si infliggono a vicenda in nome dell’amore.

È una tautologia affermare che l’autrice di raccolte di racconti come “Vite di ragazze e donne” e “L’amore di una brava donna” abbia scritto di donne; ciò che Munro faceva non era tanto scrivere sulle donne quanto scrivere dal loro interno. Quando i suoi personaggi non capivano esattamente cosa stessero provando, lei lo esprimeva in modo tale che tu potessi percepire la confusione e discernere la causa. Leggendo le sue storie, ci si immergeva nei suoi personaggi e anche in se stessi. Naturalmente, si apprendeva anche da lei, dalla sua vita. “Ho sempre usato frammenti della mia vita”, mi confidò una volta. Posso ora immaginare in modo vivido il paesaggio rurale dell’Ontario sudoccidentale, dove Munro è cresciuta, l’allevamento di volpi di suo padre, sua madre debilitata dal Parkinson precoce, le lastre di calcare sopra lo Scudo canadese, i cinema, le chiese, le stazioni ferroviarie. I dettagli nelle sue storie sono estremamente specifici, eppure le trame emotive e psicologiche potrebbero svolgersi ovunque. Ci si immerge profondamente nelle sue narrazioni con una sensazione sia di estraneità che di familiarità…

Munro era devota al racconto. Ricordo che una volta confessò di credere spesso di aver intrapreso la stesura di un romanzo, solo per scoprire che la narrazione terminava dopo circa quaranta pagine. Anche se a volte lo considerava un insuccesso, in realtà si trattava di un rinvigorimento della forma. 

Le sue storie erano come romanzi senza le parti superflue, senza perdere tempo in tratti inutili o tranquilli. 

Gli altri scrittori di narrativa spesso rimanevano stupefatti dal movimento temporale nelle sue storie, di come potesse concentrarsi intensamente su un breve periodo della vita e poi saltare improvvisamente anni, o addirittura decenni, avanti o indietro, senza interrompere la sua linea narrativa. 

Le storie di Alice Munro si dispiegano come fossero paesaggi montuosi, con sentieri impervi che si sviluppano gradualmente verso l’alto fino a picchi spettacolari, si riversano nelle valli e poi risalgono a sorpresa… Un po’ come nella vita: quello che sembra il culmine di una narrazione a volte è solo un preludio a qualcos’altro che seguirà…

Per BookAvenue, Marco Crestani


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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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