.
di Michela Murgia
Quando tutto tace di Alessandro De Roma è un ben strano romanzo. Un ex cantante divenuto agente di spettacolo e poi mediocre imbonitore televisivo si trova oggetto dell’interesse di una donna storpia che sembra voler sapere tutto di lui, soprattutto il suo più doloroso segreto.
La relazione tra Nello Bruni e Teresa de Carolis è l’elemento seducente della vicenda e sarebbe sufficente da solo a farne un buon romanzo; ma sin dalla prima pagina De Roma decide di spiazzare il lettore mettendolo davanti a una storia dove i due personaggi e il loro autore agiscono su piani paralleli e comunicanti, varcando i confini con una naturalezza che è allo stesso tempo surreale e giocosa. La meta narrazione è una tecnica letteraria così frequentata che gli autori che ancora hanno il coraggio di servirsene rischiano di essere accusati di uno dei peggiori peccati che uno scrittore possa commettere: la tentata performance, scrivere così per dimostrare di essere capaci di farlo. È un gioco pericoloso, uno di quelli che facilmente possono scadere nella stucchevolezza in mano a uno scrittore meno dotato e scaltro di De Roma.
La regola è sempre identica: non sono i personaggi a spostare la loro condizione, ma è l’autore a farsi personaggio con loro, infilandosi nella trama che sta scrivendo. In questo gioco di specchi De Roma padroneggia il ruolo creativo generando un alter ego che inserisce nella vicenda in forma di elemento cogente; ma non è che un altro personaggio, una mise en abyme che sovrappone inganno a inganno, perché tanto più quella maschera sembrerà somigliare allo scrittore, quanto meno intenderà davvero essergli fedele. Alla tecnica del meta romanzo De Roma è affezionato, l’ha già messa in atto nel suo romanzo d’esordio, e per quanto possa sembrare divertente in prima lettura, in realtà è un percorso inquietante.
Destabilizza anzitutto lo scrittore che lo compie, perché lo costringe a chiedersi quanto occorra compromettersi con la propria narrazione per poterne preservare l’autenticità. Lo scrittorore sa che non si può raccontare una storia fino in fondo senza accettare di divenirne parte, ma per divenirne parte occorre rinunciare a pretendere di raccontarla veramente. Sin dalla prima pagina chi scrive deve scegliere da che parte stare, accettando la contaminazione con la verità dei suoi personaggi in cambio della perdita di un po’ di autorevolezza narrativa.
Scrivere in questo modo è camminare su un filo teso sull’abisso, ma se persino Truman Capote ha finito per guardare in basso troppo a lungo, De Roma non può certo illudersi di esorcizzare il baratro accontentandosi di metterne in scena la pantomima. Neppure il lettore può farlo. Il grado di contaminazione (e dunque di autenticità) a cui deve essere disposto a scendere lo scrittore fonda la sua legittimità sul patto tacito che il lettore faccia altrettanto, perché non è possibile mettersi davvero a nudo davanti a qualcuno che pretenda di fissarti conservando i suoi abiti addosso. Il lettore in Quando tutto tace non ha infatti una vita facile: è costretto di continuo a cambiare soggettiva, ad accettare l’ingaggio con ogni sobbalzo della storia, a farsi esplicitamente supporre dai personaggi che legge e ad agire di conseguenza, sentendosi sempre in bilico tra la tentazione di volersi gustare il gioco narrativo senza preconcetti e il forte sospetto che l’autore abbia perso l’orientamento, facendogli rischiare la fine del delfino spiaggiato. L’affermazione disperata di Nello Bruni, dolente protagonista di una storia fatta di sconfitte da poco, risuona a fine romanzo come un’eco consapevole del pericolo: “Il lettore ci ha abbandonati.” Non significa che ha smesso di leggere, ma che quella lettura ha cessato di rappresentare un contagio, una sovversione, il luogo di transito tra sé e la storia letta. Significa che chi legge si è distaccato, è tornato in sè e ha chiuso la sbarra del confine. De Roma di questo rischio non si cura, anzi riporta continuamente il lettore alla sua condizione di spione sulla soglia. Il miracolo di non mandarlo via del tutto è affidato alla sola forza emotiva dei due personaggi principali del romanzo, Nello Bruni e Teresa de Carolis, un uomo sconfitto dalla mediocrità di sé e un angelo storpio dalla curiosità taumaturgica, che finiranno amici, amanti, sbadato e badante, principio e termine di questa strana storia.
Alessandro De Roma non è un esordiente. Ha già dato ampia prova di sé con romanzi come Vita e morte di Ludovico Lauter, La fine dei giorni e Il primo passo nel bosco, tutti usciti per i tipi del Maestrale. Sa scrivere e lo sa. Se proprio bisogna trovare un difetto al giocattolo perfetto di Quando tutto tace è che di quando in quando si intuisce il meccanismo con cui è costruito; non assorda, però se ne ode lo scatto. Sono lampi brevi in cui il sipario sembra farsi più labile sfiorando la trasparenza, ma è una sensazione abbastanza sfuggente da lasciarti il dubbio di essere tu ad aver capito male.
Michela Murgia
Il Libro
Alessandro De Roma, Quando tutto tace, Bompiani