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“La vera storia del pirata Long John Silver”, che ha fatto conoscere e amare Björn Larsson in Italia, compie 25 anni e Iperborea festeggia questo traguardo con una nuova edizione corredata da una bellissima copertina.
Quando presi in mano il libro per la prima volta, una decina di anni fa (forse anche qualcuno in più), mi chiesi perché un autore già noto in patria e con due titoli apprezzati alle spalle avesse deciso di scrivere la biografia – del tutto inventata – di un personaggio letterario nato dalla fantasia di un altro scrittore. E, diciamolo, uno scrittore mica da poco: stiamo parlando di Robert Louis Stevenson che ha popolato l’immaginario di generazioni di lettori con i pirati de “L’isola del tesoro” – a cui appartiene appunto quella vecchia pellaccia senza una gamba di Long John Silver – e tante altre storie tra cui “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde” e “La freccia nera” che tanto mi hanno colpito da ragazzina.
In un altro suo libro, “Diario di bordo di uno scrittore”, Larsson racconta che da piccolo aveva letto varie volte il romanzo di Stevenson ed era rimasto affascinato da Silver. “Era una fascinazione fatta di repulsione quanto di attrazione. Ma com’è possibile provare allo stesso tempo simpatia e avversione per uno spietato mascalzone come Long John? […]
Quello che mi interessava capire era piuttosto cosa rendesse Long John Silver così diverso da tutti gli altri, cosa lo facesse piacere e detestare insieme. Un altro motivo per lasciare a Silver raccontare la propria storia era più evidente, e può essere sintetizzato nelle domande: «Cos’era successo prima?» e «Cosa successe dopo?»”. Nel romanzo di Stevenson Silver è il gestore di una taverna a Bristol, ex master mariner, che viene ingaggiato come cuoco sull’Hispaniola. Ma non si comprende perché conosce il latino, in quali circostanze ha perso la gamba, da dove proviene il suo soprannome Barbeque. A questi interrogativi offre una risposta Larsson, raccontando tanti episodi interessanti che tracciano un ritratto piuttosto realistico di quella che doveva essere la vita dei pirati storicamente esistiti. Sebbene la biografia di Silver nasca dalla sua immaginazione, Larsson per scrivere questo romanzo si è documentato su trattati di storia seri e attendibili e su altri libri che basandosi su fatti veri hanno alimentato l’immaginario intorno a bucanieri e uomini della filibusta.
Come A General History of the Pyrates, di un certo Capitano Charles Johnson, pseudonimo usato da Daniel Dafoe per raccontare le imprese di celebri personaggi realmente esistiti e di altri inventati di sana pianta. Proprio Dafoe compare nel romanzo di Larsson impegnato in edificanti conversazioni con Long John Silver e offre l’apoteosi della finzione narrativa: uno scrittore realmente esistito ma truffaldino (Dafoe ha spacciato per storie vere tutti i suoi romanzi salvo poi essere sbugiardato sia quando era ancora in vita, sia dopo essere morto) incontra un personaggio di fantasia che vuole essere percepito come reale. Larsson giustifica così il memorabile incontro: “Se la premessa era che Silver non fosse solo un personaggio del romanzo di Stevenson ma un famigerato pirata in carne e ossa, temuto anche tra i suoi simili, ero costretto a chiedermi perché nella sua esaustiva General History of the Pyrates Defoe non citasse nemmeno di sfuggita né lui né quello che era stato a lungo il suo comandante, il capitano Flint.
Insomma, per amore di verosimiglianza, ero costretto a spiegare in qualche modo il silenzio di Defoe. La soluzione era ovvia: bastava far sì che i due si incontrassero e si scambiassero informazioni. Silver promise a Defoe di fornirgli materiale per il suo libro, e l’altro in cambio avrebbe mantenuto il silenzio su Silver e Flint”. Il successo di questo romanzo, che ho letto almeno quattro volte, secondo me risiede nel modo in cui Larsson tratteggia un pirata fuori dagli schemi che mette i risparmi (frutto di arrembaggi e rapine) in banca, non beve (per avere sempre il controllo totale di ciò che accade), non va a donne e quando è imbarcato porta i guanti (affinché le sue mani restino morbide e bianche, non tradendo così la sua identità di marinaio). E via via che Silver ci conquista col suo fascino, comprendiamo il motivo per cui è così temuto e allo stesso tempo così rispettato: per la sua grande sete di libertà e voglia di vivere che regola tutte le scelte che compie durante la propria esistenza. E ci rendiamo conto che la vera isola del tesoro non è quella che ogni pirata spera di trovare grazie a qualche provvidenziale mappa, ma la nave corsara stessa, un piccolo mondo regolato da leggi dure eppure spesso molto più giuste che in terraferma, in cui ogni uomo dell’equipaggio ha la possibilità di affrancarsi e crearsi il proprio destino.
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per BookAvenue, Carla Casazza
il libro:
Björn Larsson,
La vera storia del pirata Long John Silver,
Iperborea edizioni
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