Mentre gli echi del Premio Strega 2019 si fanno già sentire in vista della sfida a due, l’esito finale potrebbe essere meno scontato del previsto. La presenza tra i 12 semifinalisti di Antonio Scurati, autore di M. Il figlio del secolo (Bompiani), rende meno semplici i consueti pronostici degli addetti ai livori.In ogni caso, Missiroli (che con l’atteso Fedeltà ha diviso la critica ma è stato premiato dai lettori) e Scurati (a sua volta autore di un discusso bestseller, che vede protagonista la figura di Benito Mussolini) dovrebbero giocarsi la vittoria, e sono quindi praticamente certi di un posto in cinquina. Restano due dubbi: in quale misura l’autore di Fedeltà verrà penalizzato dall’etichetta di “favoritissimo”? Vi terremo informati, nel frattempo vi riproponiamo la recensione di Carla sul libro vincitore della scorda stagione. Un grande libro davvero. ndr.
Ciò che si impara a scuola sulla storia del ‘900 è una goccia nel mare. Nel secolo scorso si sono concentrate tali e tante vicende che approfondirle tutte come meritano richiederebbe un programma di studio vastissimo e molte più ore di lezione di storia soprattutto alle superiori. Ma la storia è “pericolosa” perché apre gli occhi alle persone e ogni tanto sbuca persino il politico di turno che vorrebbe abolire le ore di storia perché considerata una “materia morta”. Cosa c’entra questa premessa con Resto qui di Marco Balzano? C’entra perché il suo ottimo romanzo racconta alcune delle vicende che non si imparano sui banchi di scuola, la storia della gente altoatesina tra le due guerre mondiali e dopo. Lo fa attraverso la storia di Trina, maestra di Curon, e della sua famiglia. Vi intreccia anche le vicende del lago di Resia, un bacino artificiale riempito nel secondo dopoguerra allagando i paesi di Resia e Curon.
Il lago che oggi è famoso per lo scenografico campanile che emerge dalle sue acque, il campanile di Curon. Con gli occhi di Trina assistiamo alla campagna di sradicamento culturale imposta dal fascismo che, tra le altre cose, vietò l’insegnamento in lingua tedesca (mandando al confino all’estremo sud dell’Italia chi lo praticava clandestinamente), cambiò i nomi delle strade, italianizzò persino i nomi sulle lapidi dei cimiteri. Dal loro maso, dalla vita semplice dei montanari, Trina e suo marito sono travolti prima dal fascismo, poi dalla guerra e dal nazismo, fino alla tragedia del bacino artificiale e all’allagamento di Resia e Curon. Perdono le loro certezze, i loro punti di riferimento, e assistono impotenti a impensabili “voltafaccia” delle persone care: nella confusione di quei tempi ciascuno si schiera dalla parte che ritiene giusta anche se si trova in opposizione con amici e familiari. E in tutto questo, una terribile vicenda familiare metterà a rischio persino l’amore e il rispetto che unisce Trina ed Erich. Un romanzo che consiglio caldamente sia per il piacere di leggere una bella storia, sia per imparare qualcosa in più sull’Italia del ‘900.Marco Balzano sa raccontare molto bene vicende ed emozioni, parla con la voce di Trina, asciutta ed essenziale, senza sbavature o melodrammi. Semplice come la gente di quelle valli. Ha una scrittura coinvolgente che incatena il lettore al libro fino alla fine.