Tutto quello che avreste voluto sapere su Lee Harper e non avete mai osato chiedere

   Tempo di lettura: 13 minuti

Harper Lee scrisse uno dei romanzi americani più amati di sempre, pubblicato più di cinquant’anni fa, dopodiché sparì dalla circolazione.

La scrittrice sarà ricordata per sempre solo per “Il buio oltre la siepe”, un romanzo che è diventato un punto fermo tra le letture dei ragazzi che seguono le scuole medie e si susseguono poiché intere generazioni dagli anni sessanta in poi hanno avuto tra le mani la storia dell’avvocato Atticus Finch incaricato della difesa d’ufficio di un “negro” accusato di violenza carnale.  E’ mancata troppo presto rispetto alla celebrazione con cui il nuovo libro:  “Va’ metti una sentinella”, è stato salutato e tutto quello che ne consegue.

 

 

Come nel film, interpretato da Gregory Peck, Finch è stato un eroe e icona del suo tempo. Padre devoto di due figlie senza madre, rappresenta il simbolo del decoro per definizione, di compassione e amore di quell’America bacchettona e timorata di Dio in quel momento della sua storia che ha offerto ai suoi detrattori il volto idealista dell’uomo determinato a difendere un individuo già condannato in partenza solo per il fatto di essere un nero.

Sono gli anni sessanta . Da una parte l’America entusiasta sostenitrice della corsa alla proliferazione nucleare (e del Vietnam), dall’altra l’offerta di una benevolenza e tolleranza tanto per far vedere e smorzare i toni di quello che andava accadendo nelle grandi università americane: Berkeley e Harvard per prime, dove gli studenti cominciarono lo smantellamento della società dell’epoca che un sociologo di quel periodo,  Daniel Bell, definì “la rivoluzione del sapere”.

Di fronte alla consapevolezza che Il “sogno americano” aveva creato una società dedita alla ricchezza e allo sfruttamento del prossimo e creato grandi disparità sociali, i giovani iniziarono a cercare nuovi ideali. Non è questa la sede per fare il compitino sulla beat generation, ma “Il buio oltre la siepe” fu per quella generazione di giovani il cuore pulsante delle loro buone intenzioni. Il libro segnò e influenzò marcatamente il dibattito nazionale sui diritti e la giustizia.

Come sappiamo ci fu dell’altro; innanzi tutto, il rifiuto e la successiva rottura tra l’insegnamento impartito sia dai genitori che dalle strutture universitarie. I primi, educati all’austerità e al tradizionalismo degli anni trenta e quaranta, per reazione si abbandonarono alla corsa ai consumi e, per questo, travolti da nuovi modelli sociali. In seguito, al gesto di sottrazione famigliare, le università si preoccuparono più della moralità dei propri iscritti che della loro preparazione culturale. Questa implosione causò una perdita di senso di quella generazione. A tal punto, che il botto che produsse si sentì a livello planetario.

Ma il caso di ingiustizia in una città dell’Alabama dal titolo originale Kill a Mockingbird (uccidere un usignolo), che ha venduto quasi quaranta milioni – dicasi quaranta milioni – di copie e vinto quasi immediatamente il Pulitzer – nel 1961, l’anno dopo l’uscita – è rimasto il solo libro di Harper Lee a connotarla come scrittrice. Ha vissuto, letterariamente parlando, solo di questo. Molto rare le sue uscite pubbliche e altrettanto poche furono le opere successive (Wikipedia ne censisce meno di una decina). In quelle poche occasioni, non fosse altro che per prendere una laurea honoris causa, ha commentato brevemente e solo per ringraziare, leggo dal Los Angeles Times.  Il suo riserbo è stato proverbiale e quasi distonico a vederlo con gli occhi di oggi, in un epoca di sovraesposizione mediatica.

Cinquantacinque anni sono trascorsi tra “Il buio oltre la siepe” e  “Va’, metti una sentinella” . Ritrovato nella casa natale dell’autrice, il manoscritto è stato dato alle stampe così com’era senza revisione, ho letto. Nel libro ci sono gli stessi personaggi ,  Scout-Jean Louise Finch e suo padre, l’avvocato Atticus Finch il testo descrive il ritorno di Scout da New York alla nativa Alabama nel bel mezzo delle proteste per i diritti civili dei neri. Scout comincia accorgersi che sotto la superficie prevedibile e rassicurante c’è una comunità corrosa dalle fratture economiche e dai pregiudizi sociali. Il primo segnale d’allerme suona quando Jean Louise confida alla zia Alexandra di aver cominciato seriamente a valutare la possibilità di sposare Henry Clinton, un suo amico d’infanzia.  La zia risponde con un breve dialogo fulminante per  il pregiudizio che produce e che disegna la centralità del racconto: spiega alla nipote che Henry non sarà mai l’uomo giusto per lei. I Finch non sposano i figli dei bianchi socialmente inferiori e razzisti (e mentre lo dice contraddice se stessa), che è esattamente quello che erano i genitori di Henry quando sono nati. Condizione che segna l’intera loro vita senza possibilità di emancipazione. Tanto dire, insomma.

Riguardo la pubblicazione del libro, le cose sono andate circa così. Giusto un anno fa, a febbraio del 2015, durante un evento pubblico l’editore annuncia l’intenzione di pubblicare il manoscritto di Harper Lee che si pensava perduto e che la stessa aveva presentato ai suoi redattori con il titolo già citato. Il libro non si capisce (né, forse mai) che fine abbia fatto dal 1957 in poi, dal momento che era una sorta di sequel dell’altro grande romanzo. Né si può dire che sia un’appendice dell’altro romanzo, quasi a fare del “Buio oltre la siepe” una raccolta di due romanzi in uno.

In effetti, hanno di comune la geografia, il situazione sociale e il periodo, i protagonisti.  Senza dubbio un caso editoriale con ricadute assai forti in termini di tirature e diffusione quanto assai tiepide in termini di consenso e approvazione soprattutto da parte dei grandi recensioni d’oltreoceano: quelli alla Kakutami del NYTimes, per capirci, tali da determinare il successo o l’insuccesso di una pubblicazione. Lo stesso che ha definito Harper Lee la Jane Austen del sud Alabama. La fine dell’innocenza, dei protagonisti ma anche della società americana di allora, è il centro dei due romanzi.  Nel “Buio oltre la siepe”,  c’è come una sorta di rassegnazione del giovane nero di poter ricevere un giusto processo che tenga conto dei fatti e non del colore della sua pelle. Nella “Sentinella” c’è la sorpresa e lo sgomento di Scout colpita dal fanatismo razziale di suo padre partecipe del KKK e che ha maturato idee segregazioniste, Ed è il ritratto della citta di Aycombe a rivelare la culla dei molti pregiudizi mettendo in mostra il peggio di sé come comunità popolata di persone provinciali e razziste tra le peggiori.

Il libro, “Go, set a watchman”, non é un seguito o un’appendice dell’altro: è un richiamo al “ritorno a casa”; è il messaggio di riconciliazione già efficacemente espresso nel  “Buio oltre la siepe”, di andare verso una redenzione collettiva e individuale.

Certo è, che il sud degli Stati Uniti non dovessero essere un bel posto per vivere dalla metà dagli anni Cinquanta fino ai sessanta. Oggi gli americani possono dirsi emancipati e considerare quell’epoca lontana anche se difficile da togliere dai libri di storia. Tra gli anni trenta e i cinquanta, in entrambi i romanzi, il segno distintivo è la segregazione razziale; entrambi la dicono lunga davvero lo stato pietoso di quel paese fino alle lotte per i diritti civili.

Harper Lee è stata anche qualcos’altro che l’autrice del romanzo più importante del 20°secolo a dirla con quelli della Library Journal. Aveva prima cominciato a studiare legge – suo padre era un noto avvocato – e continuare come sua sorella Alice la tradizione di famiglia. La cosa non funzionò; aveva già in mente che la sua carriera fosse legata alla scrittura. Prova ne è il contributo alla rivista (umoristica) universitaria di cui fece parte stabilmente. Trascorse pure un anno a Oxford dove partecipò a un semestre presso l’università inglese. Tornò a NY per mettersi stabilmente a scrivere. Leggo da Wiki anche grazie un sostanzioso contributo di una famiglia amica che la sostenne per circa un anno.

Dell’amicizia con Truman Capote è cosa nota.

Lui segui in più occasioni un caso di omicidio in Kansas in una famiglia contadina e chiese alla scrittrice di aiutarlo. L’autrice colse l’occasione accompagnandolo per mesi nel lungo lavoro d’intervista alle popolazioni locali e ai poliziotti e di preparazione a uno dei suoi lavori più celebrati uscito con il titolo “A sangue freddo”. Fu decisiva alla composizione del testo. Lo striminzito ringraziamento tra gli altri nomi, alla pubblicazione del libro, deluse amaramente la scrittrice a tal punto che i rapporti tra i due si raffreddarono. Era il 1966 e lei aveva già vinto Pulitzer da un po’.

Ha vissuto a Monroeville protetta dagli stessi abitanti della cittadina e da alcuni amici che le hanno fatto da scudo e assicurato la sua privacy in tutti questi anni. Si sa che ha vissuto con Alice, che ha fatto l’avvocato ed è morta qualche tempo fa a 103 anni.

Parlando del nuovo libro, ho letto da qualche parte, che l’autrice ha voluto smarcare ogni ragionevole dubbio sull’autenticità del libro. Se né è parlato per settimane: molti interventi hanno testimoniato sul fatto che si tratti veramente di un nuovo romanzo e non una coda dell’altro. L’autrice ha replicato che dopo aver per lungo tempo considerato il manoscritto semplicemente perduto e dopo lunghe appassionate riflessioni condivise con qualche intimo amico, lo ha trovato degno di essere pubblicato e consegnato il manoscritto alle stampe.

Attenzione. La storia, come i colpi di cannone, ha i suoi rinculi. Ancora ho in mente la notte di Chicago dell’Yes we can di Obama.  Sembra ieri e parlò di diritti negati e di razza anche quella sera. Sono passati solo otto anni e mi ha ricordato le contraddizioni e le ambiguità del tempo corrente. Siamo buoni, politicamente corretti e tolleranti verso “l’altro”: ieri i neri, oggi gli immigrati. Basta che non parlino di ugualianza o quando esigono parità di diritti di cittadinanza o più degne condizioni di vita. Ecco che questa richiesta di uguaglianza mette in crisi le nostre cosiddette tradizioni. La lezione di Harper Lee scopre la profonda ferita culturale che la storia scava nelle coscienze di ognuno. Sarà ricordata per averne tentato la cura.

Per BookAvenue, Michele Genchi

 

Fonti:

Internazionale, 19 Febbraio
Los Angeles Times, Margareth Stohl, Harper Lee was my David Bowie: How ‘Mockingbird’ changed one writer’s Harper Lee
NYTimes,  Williams Grimes, Harper Lee, Author of ‘To Kill a Mockingbird,’ Dies at 89
NYTimes, Michico Kakutami, In Harper Lee’s Novels, a Loss of Innocence as Children and Again as Adults

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2 commenti

  1. Scusa Fabrizio. Visto solo ora. Grazie.
    michele

  2. va là, era un po’ che non ti leggevo. ti chiamo
    ff

I commenti sono chiusi.