Non c’è dubbio che Graham Greene sia stato una figura importante nella letteratura del XX° secolo per le opere teatrali, le sceneggiature, i saggi e le critiche, così come per i thriller. Greene ha creato indimenticabili personaggi ed è stato probabilmente l’autore più volte “nominato” al Nobel, anche se non lo ha mai vinto.
“Il nostro agente all’Avana” del 1958 per me è stato un’autentica sorpresa. Mi ha completamente spiazzato perché è un burlesco racconto di spionaggio e intrighi (ma anche un’arguta parodia della vita) davvero ben scritto, in rapido movimento e con dei personaggi molto umani. Indubbiamente una satira sui servizi d’informazione in generale e sui servizi segreti inglesi in particolare. Una storia senza tempo che potrebbe anche avere successo se conformata al giorno d’oggi.
Greene, nonostante il tono divertente, riesce comunque a dire alcune cose importanti sulle varie classi sociali di Cuba, sulla Chiesa cattolica e sull’assurdità delle relazioni internazionali.
L’eroe della storia è Jim Wormold, un venditore di aspirapolvere divorziato e a corto di denaro nella Cuba prima di Fidel Castro.
Sua figlia Milly di diciassette anni sta crescendo in fretta e ha bisogno di continue “sovvenzioni”. Così, quando il servizio segreto britannico lo recluta, inventa un intero mondo fatto di agenti segreti e intrighi internazionali solamente per mantenere il suo lavoro e aumentare il flusso di contanti.
Tutto ad un tratto, però, le bugie che ha inventato sembrano cadere come un castello di carte e la trama si infittisce, muovendosi a un ritmo vertiginoso.
La cosa strana è che agli occhi del lettore, che lo conosce meglio, Wormold è meno importante come agente dei servizi segreti e vale molto di più come essere umano.
Ero totalmente coinvolto mentre lo leggevo che mi sono ritrovato, spesso, a ridere ad alta voce.
Graham Greene, Il nostro agente all’Avana, 2002, 288 pagine, Mondadori (collana Oscar scrittori moderni).