Vittorio Meano era un architetto piemontese vissuto tra la fine dell’800 e i primi del ‘900, sconosciuto in Italia, ma che – emigrato in Argentina – progettò a Buenos Aires il Palazzo del Congresso e il Teatro Colón – celebre per la sua acustica perfetta – e il Palazzo legislativo di Montevideo.
Una figura interessante per il contributo che i suoi edifici diedero all’architettura di quegli anni, ma anche avvolta nel mistero, poiché morì assassinato al culmine della carriera a 44 anni.
Le indagini dell’epoca lo liquidarono come omicidio passionale: un amante scoperto in flagrante che uccide il marito della donna con la quale ha una liason. Ma forse il movente era ben altro, e l’amante un semplice esecutore.
I giornalisti Claudio Martino e Paolo Pedrini hanno scoperto la storia di Meano mentre svolgevano ricerche per un altro progetto e – incuriositi da questo personaggio affascinante nonché dal mistero che ne ha avvolto la tragica fine – hanno deciso di dedicargli il libro “C’era un italiano in Argentina” (Hever Edizioni) che indaga, con brio e interessanti approfondimenti la carriera di uno degli architetti più geniali della sua epoca, e i retroscena personali di una vita piuttosto “movimentata”, soprattutto dal punto di vista sentimentale, e di un’anima tormentata. Progetto di non facile realizzazione visto che in Italia le uniche notizie su Meano sono conservate al Museo dell’emigrazione di Frossasco (Torino) e in qualche raro testo, e pure in Argentina quello che fu un architetto famosissimo è oggi dimenticato.
Il risultato, comunque, è un libro molto interessante che può essere letto in due modi: la biografia appassionante di un uomo che raggiunse il successo dopo varie vicissitudini e attorno alla cui morte si addensa un fitto mistero mai svelato, oppure un saggio che approfondisce diverse tematiche interessanti come la realtà dell’emigrazione italiana alla fine dell’800, la situazione socio-economica di Torino e Buenos Aires in quegli anni e la pregevole opera architettonica di un grande artista.
Una via di mezzo tra il noir e l’inchiesta giornalistica, scritto in modo piacevole e coinvolgente, che racconta la corruzione dilagante di una nazione – l’Argentina – in quegli anni protagonista di uno sviluppo enorme, gli insabbiamenti e i depistaggi delle indagini dopo l’omicidio, la capacità di Meano di destreggiarsi tra il potere politico e la volontà di creare qualcosa di bello comunque.
per BookAvenue, Carla Casazza