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Non credere alla catastrofe è facile se sai come farlo

Siamo davvero così sicuri delle nostre convinzioni e su cosa le costruiamo? Quanto sappiamo veramente di come va il mondo? La scuola, la fame, lo stato sociale delle nazioni è arretrato rispetto a venti, quaranta anni fa come molti di noi pensano, o non è così? Non ultimo: hanno ragione i sovranisti a parlare d’invasione degli immigrati con tutto l’armamentario di sciocchezze connesse al tema?

Tranne l’ultima personale considerazione, le righe appena sopra sono alcune delle domande poste all’inizio del libro di Hans Rosling, Factfulness: dieci motivi per cui ci sbagliamo sul mondo e perché le cose sono migliori di quanto pensi. Uscito in aprile di due anni fa, ha continuato a diventare un grande successo che ha già venduto centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo e che, lo dico con convinzione, va sostenuto anche da noi dove invece è già diventato merce da rendere all’editore. L’invito ai librai è di recuperarlo e rimetterlo per un po’ di tempo sui banchi.

La scrittura testimone del mondo. Il clima secondo Jonathan Franzen

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Solo dieci anni fa, Jonathan Franzen con David Foster Wallace e Jeffrey Eugenides erano considerati semplicemente un gruppo di romanzieri americani verso la mezza età. Nel diluvio di elogi, ricordi e apprezzamenti che seguirono al suicidio di David Foster Wallace, si manifestò rapidamente una nuova consapevolezza: quella, cioè, che Wallace e i suoi pari, costituivano la generazione letteraria americana dell’era di internet al pari di quella dei Bellow, Updike e Roth che aveva testimoniato la letteratura a stelle e strisce nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.

La nobile arte di prendersi a cazzotti. Joyce Carol Oates, Sulla boxe

Perché se uno ha visto cinquecento incontri di boxe ha visto cinquecento incontri di boxe

Diciamolo: la boxe è stata un baluardo degli uomini inteso sia come sport esclusivo di genere, nel senso letterale della parola di esclusione dell’altro, che come “corporazione” in difesa della sua individualità per un sacco di tempo fino all’arrivo di Joyce Carol Oates: una creatura forse troppo esile ma troppo piena di talento che non ha esitato a scavare tra i cazzotti dei campioni che hanno fatto la storia di questo sport e dato visibilità a quest’arte.

La libertà di parola, un bene inalienabile dell’uomo.

Il 29 ottobre 1969, fu inviato il primo messaggio da un computer dell’Università della California a Los Angeles all’istituto di ricerca dell’Università di Stanford distante alcune centinaia di chilometri; non era ancora quello che oggi chiamiamo comunemente email, ma il dado era stato tratto. Nel dicembre successivo, a soli due mesi da quell’invio, la prima rete di soli quattro computer collegati tra loro anticipò ciò che sarebbe diventato Internet. Lo sviluppo, però, fu lento; ad agosto del 1981 c’erano solo 213 pc collegati in rete e solo per scambio dati. Bisognerà aspettare altri dieci anni per il primo sito web.

Leopardi e la lingua italiana: facciamoli vivere bene

La lingua italiana è da sempre inquieta e senza fissa dimora, derisa, stracciata. Gli italiani non sanno parlare l’italiano, figuriamoci scriverlo! In questo quadro, malinconico e surreale, vi è la necessità di rivitalizzare il metodo non soltanto per arrivare alle nuove generazioni, ma anche alle vecchie, annacquate dall’uso di scorciatoie linguistiche di un malcostume idiomatico in linea con quello etico.

Slavoj Źiźek. Come la filosofia puo’ salvarci la vita (e dai Matteo).

Slavoj Źiźek, il filosofo e psicanalista sloveno è davvero il solo filosofo conosciuto al grande pubblico come fosse una star del pop. Di qui a dire che Slavoj canta come Mick Jagger, forse ce ne vuole, ma tant’è.. Lo abbiamo visto da Fabio Fazio un po’ di tempo fa, in occasione dell’uscita delle “cause perse”, il suo ultimo libro. Lì, divertì moltissimo il pubblico in sala e le diverse centinaia di migliaia a casa, davanti alla tv. Per chi si fosse perso la puntata può risolvere la questione in una decina di minuti: giusto il tempo di leggere quello che segue. Ci troverete qualche buona ragione per mandare a quel paese un paio di Matteo: quelli in questo momento più famosi d’Italia.

Quella volta che scipparono Le Goff a Bari

Andò più o meno cosi. L’illustre storico andò a trovare il suo principale editore italiano, Laterza, a Bari sede della casa editrice. Non fece in tempo a uscire dall’hotel Oriente di via Cavour (Càvur, in barese) dove alloggiava, che sua moglie fu strattonata da tue topini (così vengono chiamati i scippatori) a bordo di uno scooter, e le portarono via – scippandola, appunto – il borsello con dentro tutta la sua vita. Non bastò il tentativo (solo il tentativo!) di rincorrere i ladri in motoretta: “le voleur voleur! arrêté le voleur”; la corsa durò la breve distanza di qualche metro. L’editore Vito Laterza, mortificato per l’accaduto, corse ai ripari, ricomprando tutto quello che alla moglie dell’illustre ospite, potesse essere utile, compreso un nuova borsa.