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Armi di distruzione di massa (vers.2)

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foto autoreL’autore.
Bob Woodward è una leggenda del giornalismo americano; ha vinto pressoché ogni premio giornalistico statunitense, a cominciare dal Pulitzer, assegnato a lui e a Carl Bernstein per aver rivelato i retroscena dello scandalo Watergate che portò alle dimissioni il Presidente Richard Nixon. Ironia della sorte, perchè l’economia e gli asset aziendali in USA non guardano in faccia nessuno, a 65 anni Bob Woodward ha dovuto accettare, come 99 altri suoi colleghi del Washington Post coinvolti in una purga di bilancio aziendale, il pensionamento o, come si chiama nel linguaggio brutale delle aziende americane, il “buy out”, l’acquisto e la risoluzione del suo contratto di lavoro. Tuttavia il suo rapporto di lavoro al Post era da diverso tempo “simbolico”: guadagna molti milioni con i suoi libri e aveva da tempo conservato per puro affetto la sua scrivania al giornale per la modica cifra di diecimiladollari l’anno.
La sua uscita dal Washington Post è una porta che si chiude su un’era del giornalismo, che lui e Bernstein, complice il clima arroventato dei primi anni Settanta generarono il mito del “quarto potere”. La tradizione del giornalismo investigativo non è finita, per fortuna, con la coppia dei due “ragazzi irresistibili”, i trentenni che nel 1973 e ’74 ascoltarono la “Gola Profonda” dell’ Fbi e seguirono le briciole che lui faceva cadere fin dentro lo Studio Ovale di Richard Nixon.

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Aldo Nove, Mi chiamo Roberta ho 40 anni…

foto autoreNiente foto truccate, niente ritocchi: queste 14 istantanee da una nazione di precari, scattate e assemblate da Aldo Nove tra il 2004 e il 2005 (e apparse in origine su Liberazione) sono vere e pertanto più raggelanti di qualsiasi altro libro sul tema provvisto di filtri narrativi.
Una dedica ai 70 anni di Balestrini, poi l’autore di Puerto Plata Market e de La più grande balena morta della Lombardia pone domande, registra, introduce brevemente le voci di Roberta, Alessandra, Domenico, Riccardo e degli altri protagonisti, rinunciando alla presenza ingombrante del romanziere. Il risultato è, senza mezzi termini, un potente calcio nel didietro a chi si è arrogato l’immorale diritto di svuotare questo Paese di realtà propugnando inesistenti, irrealizzabili “miracoli italiani”. Svuotare, cioè erodere fino a fare il vuoto. E in quel vuoto tremendo, adesso, ci siamo più o meno tutti: i figli che hanno concluso gli studi grazie ai sacrifici dei genitori, le famiglie che guardano a noi con apprensione, se non proprio con motivata angoscia.