La lingua italiana è da sempre inquieta e senza fissa dimora, derisa, stracciata. Gli italiani non sanno parlare l’italiano, figuriamoci scriverlo! In questo quadro, malinconico e surreale, vi è la necessità di rivitalizzare il metodo non soltanto per arrivare alle nuove generazioni, ma anche alle vecchie, annacquate dall’uso di scorciatoie linguistiche di un malcostume idiomatico in linea con quello etico.
mondadori
Il favoloso libro di Perle di Timothée de Fombelle.
“I grandi segreti non condivisi finiscono per sbiadirsi un po’. Non si riconoscono più le forme sulla carta lucida. I segreti autentici si mescolano ai sogni. E quando li si risveglia, ci ricordano soltanto la nostra solitudine”.
Un libro che racconta: per non dimenticare, per svelare, per fornire delle prove. Un libro necessario, alla fine >>
L’orologio di Orfeo
Erano scatoloni piuttosto comuni: vecchi contenitori pieghevoli di cartone ondulato, non diversi da quelli che prendono polvere in milioni di cantine e solai. Ultimi, stanchi residui del patrimonio del nostro compianto padre, erano arrivati nell’assolata casa di collina di mio fratello Nick, a Los Angeles, nell’autunno del 1994. Stranamente, provenivano dalla Germania. Nostro padre, Bernard Goodman, era morto a Venezia alcuni mesi prima — il giorno dopo il suo ottantesimo compleanno — mentre nuotava nel mare Adriatico. La sera precedente aveva gustato una cena squisita all’Harry’s Bar. Cipriani, il proprietario, gli aveva offerto una bottiglia di grappa della casa. Rinomato atleta ai tempi dell’università, mio padre era sempre rimasto fisicamente attivo — non fu il suo corpo che la vita spezzò — e, nonostante l’età, era un abile nuotatore. Secondo le autorità, ebbe un colpo apoplettico o un attacco di cuore e perse coscienza in acqua. Quando Eva, la sua compagna già da anni, gridò e agitò le braccia dalla riva, i bagnini si tuffarono in mare e lo trascinarono fuori, ma era troppo tardi. Fu dichiarato morto per annegamento.
La sua scomparsa fu inattesa e piuttosto insolita: non sono molti gli uomini di ottant’anni che perdono la vita in mare. Forse, però, fu una fine appropriata. Anche la sua esistenza era stata insolita e piena di circostanze impreviste.
La Bompiani perde la testa. Nasce La nave di Teseo
(da: Il Post) Elisabetta Sgarbi, direttrice editoriale di Bompiani, e gli editor Mario Andreose e Eugenio Lio si sono dimessi, lunedì 23 novembre, da Bompiani (Rcs Libri) e hanno annunciato la nascita di La Nave di Teseo, «una nuova casa editrice indipendente di narrativa, saggistica e poesia, italiane e straniere», si legge nel comunicato.
La Nave di Teseo inizierà a pubblicare nel maggio 2016, la sede è a Milano, in via Stefano Jacini 6, proprio dietro piazza della Scala. La notizia era attesa almeno dall’inizio di ottobre, da quando cioè è stata annunciata l’acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori, di fatto la fusione delle due più grandi case editrici italiane.
Joint Venture tricolore
Nei giorni scorsi si è molto parlato della fusione Mondadori-Rcs. Questo è il commento di Bookavenue.
Gli ultimi dati forniti dall’Istat sulla lettura nel nostro Paese nel 2014 (e da noi prontamente forniti ai lettori del sito) sono assai severi. Parlano di circa ottocentomila lettori in meno rispetto l’anno precedente. Meno della metà delle persone campionate (il 41% circa) dai sei anni (!) in poi, ha letto almeno – un solo – libro non scolastico o per le professioni. Si capisce che, su una popolazione di cinquantasette milioni, ben trentaquattro di questi non leggono; quel 41% citato prima, a guardar bene, si compone da: dieci milioni circa che leggono da uno a tre libri, sei milioni da quattro a sei, tre e mezzo tra i sette e undici e, per finire, tre milioni e mezzo leggono più di dodici libri l’anno: i cosiddetti lettori forti. Quelli in mezzo (da quattro a 11) sono i medi, il resto sono i lettori deboli.
Henry James. Giro di vite
E’ inizio estate e i quotidiani mi consegnano immagini scioccanti. Da un lato vedo l’orrore iracheno e l’avanzata di un’ideologia politica e religiosa estrema, dall’altro la cronaca nostrana di un irreprensibile marito-figlio modello che stermina moglie e bambini per recuperare una fantomatica libertà. Mister Hyde è tra noi e fortunatamente è in questi giorni che sto rileggendo Giro di vite di Henry James.
L’ho letto per la prima volta nel giugno 2003, a Venezia. Ricordo le circostanze: ero sprofondata in una poltrona accanto a una finestra che dava sui Frari e non riuscivo a staccare gli occhi dalla pagina nonostante il caldo opprimente. Undici anni dopo lo riprendo in mano – un’altra volta all’inizio dell’estate – e si fa strada in me la speranza di provare ancora quell’emozione che mi ha portato a scrivere una miriade di minuscole note a margine.
Gabriel Garcia Màrquez, Gabo: scrittore del mondo.
Garcia Màrquez si è spento a casa sua con la moglie e i suoi due figli accanto. Lo aveva chiesto ai medici quasi presagendo l’imminente fine; voleva tornare a casa dopo essere stato colpito dalla polmonite e nonostante il rischio di complicazioni dato il suo cagionevole stato di salute. Questo grande scrittore del mondo intero ci ha lasciati, ieri, a 87 anni.
Le ultime parole al mondo di Gabriel Garcia Màrquez sono quelle del discorso all’ONU (“Non vengo qui a fare un discorso”) e sono del 2010. “Gabo”, per le persone che l’hanno amato, aveva già annunciato il suo ritiro dalla scrittura nel 2009 e “il non discorso”, pubblicato dalla Mondadori, raccoglie anche una serie di saggi sparsi racchiusi nel volume. Al termine della lettura alle Nazioni Unite, molti ricorderanno, disse che quelle parole lo definivano come scrittore e che avrebbero segnato un solco tra il suo essere individuo tra il prima e il dopo averlo scritto.
Leggi New Jersey, sogna la Repubblica Domenicana
Come molti grandi libri, “E’ cosi che la perdi” ti mette voglia di fare pulizia. Vuoi andare davanti agli scaffali di casa e tirare giù tutti i romanzi che hai comprato per sbaglio. La raccolta di racconti di Junot Diaz, quello per capirci di “La breve favolosa vita di Oscar Wao” (me ne sono occupato tempo fà), è così tagliente, cosi vergognosamente esplicita, cosi cruda e crudele nelle emozioni, così radicata nel linguaggio e nei ritmi di vita della classe operaia dei latinos immigrati in USA che, in confronto, molta altra letteratura sembra irrimediabilmente povera, soggetta quindi alla nostra impaziente voglia di fare spazio.
Il Nobel a Joyce Carol Oates: cosa buona e giusta
Chi vincerà il Nobel per la letteratura nel 2014? Don DeLillo? Philip Roth? Cormac McCharty? Chissà perché Joyce Carol Oates non compare mai nei toto-Nobel per la letteratura, soprattutto in quelli europei, tantomeno italiani. Forse perché è troppo brava. Eppure potrebbe essere la quadratura del cerchio per il circolo dei tromboni radical-chic di Stoccolma, perché i personaggi femminili di Joyce hanno i perfino i requisiti dell’engagement, volendo.