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A passeggio con Charles Mingus

Raramente capita di pensarci, ma stamattina mi sono accorta di abitare a Roma. So bene che state pensando che sia impazzita improvvisamente ma se resistete qualche minuto tento di spiegarvi come e cosa è successo.

Sono le otto e mezza e il mio due di coppia mi ha lasciata alla metro. Venendoci, mi ha raccontato dell’ora di macchina che lo affligge da qualche giorno e di come mettersi in moto, sapendo quello che quasi certamente lo aspetta, è come stringersi la corda al collo da soli. Mi ha intenerito sapendo che non avrebbe neanche potuto indossare le cuffiette per ascoltare la sua musica.

La scomparsa di Leonard Cohen

Il talento di Leonard Cohen è stato leggendario ma la sua musica è venuta solo dopo il poeta e lo scrittore. Sono stata tutto il giorno pensare e pesare le parole con cui salutare il cantante la cui opera ha influenzato gli ultimi 50anni della musica di questo piccolo pianeta pieno di gente. Le parole più immediatamente reperibili nel mio personale vocabolario è annus horribilis. Lo sarà certamente questo 2016 che già si è portato via artisti come Prince e David Bowie. Negli ultimi mesi ho passato quasi più tempo a scrivere obituaries che di musica.

Il mondo di Paolo Conte

“En blue marine” è uno di quei brani che dura poco, giusto il tempo di sognare per poi sfumare tra le note come il più dolce dei saluti reso immortale dalla bella cinematografia di tutti i tempi.
Questo è il brano (contenuto nel suo nuovo lavoro “Amazing Game”), che ho scelto quale sottofondo per raccontare il mio breve incontro con Paolo Conte “inseguito” da tempo che mi ha fatto pensare ad un ottimo volume che indaga finemente il suo mondo di emozioni sonore.

Podcast. Quando il jazz ti dona il funky. Herby Hancock

Quando ho scritto di Shorter un paio di settimane fa mi ero ripromessa di parlare di un altro dei componenti del mitico gruppo di Miles Davis: Herby Hancock, appunto.
E quando si dice che il talento bisogna averlo dalla nascita si dice una cosa vera. Hancock inizia a studiare pianoforte all’età di 7 anni, e subito si dimostra un bambino prodigio. Si vede: nel 1961 Donald Byrd lo invita ad unirsi al suo gruppo a New York, dopodiché è sotto contratto con l’etichetta Blue Note che gli offre un contratto. Ha poco più di vent’anni.

Podcast. Il Gigante con la tromba all’insù

All’inizio del 1953, qualcuno cadde accidentalmente sul supporto dove poggiava la sua tromba. Quando si rialzò, la lasciò praticamente “seduta” in posizione verticale con la campana piegata indietro.
Gillespie non si scompose e provò a suonarla scoprendo che gli piaceva, e molto, il suono prodotto da quell’accrocchio di alluminio.
Da quel momento in avanti si fece costruire le trombe con la campana rivolta verso l’alto con un angolo di 45 gradi. Il design rimase il suo marchio di fabbrica visivo per più di tre decenni ed è stato praticamente l’unico grande trombettista del jazz suonare un tale “strumento”.

Podcast. Una bella storia di R&B da raccontare: Oliver Sain

A leggere la storia del R&B, sembra di scorrere la pagine di un romanzo di appendice. Sentite questa: ricordate la storia di Tina Turner e del suo manesco marito Ike, del quale si liberò dopo un sacco di botte e denunce, per non parlare di quello che fece la brava Tina per conservare il cognome?. Beh!, quel signore aveva un grande amico: Oliver Sain al quale rivolgo la mia penna in questo giro, pur promettendovi, fin d’ora, di parlarvi di Ike – e di Tina – alla prima occasione utile.

Podcast. Bello e dannato del blues rock: Rory Gallagher.

Rory Gallagher ha iniziato a suonare la chitarra all’età di 9 anni ispirato da grandi musicisti come Muddy Waters, Leadbelly e Woody Guthrie. Nella seconda metà degli anni ‘60 Rory si trasferisce a Londra da Ballyshannon, un posto sperduto sulla carta dell’Irlanda. Qui da vita ai Taste, con il bassista Eric Kitteringham e il batterista Norman Damery, entrambi provenienti dagli Axels, con i quali inciderà materiale che apparirà solo successivamente in Tattoo. In seguito cambia la formazione con Charlie Mc Kraken al basso e John Wilson alla batteria.

prince Live At Paisley Park, 1999

La scomparsa del Piccolo Principe

Raramente ci si sente toccati da vicino e così profondamente di fronte alla scomparsa di un artista che si considera appartenerci. E’ un sentimento, questo, che riserviamo solo alle persone che ci sono più prossime. La perdita di Prince è un fatto personale per molta gente.

Milioni di persone ricorderanno per sempre il sex symbol e creatore di capolavori come Purple Rain, Diamonds and Pearls o When doves cry; un vero maestro del pop e del funky, ma Prince è stato molte cose in un corpo solo. Un produttore di musica, un cantante eccezionale, un chitarrista straordinario e per fare ancora un esempio, anche un pioniere del web. E’ nota la sua controversa battaglia contro l’industria discografica. In molti e per molto tempo gli hanno dato addosso ma ha fatto da apripista in fatto di diritti alle molte pop star che oggi seguono la sua lungimiranza di allora. You tube e gli altri social devono molto del loro “traffico” ad artisti gente come Prince. Il quale ha, peraltro, lasciato il web da altrettanto molto tempo, mentre quasi tutti non sembrano poterne fare a meno. >>>